ANCHE BIN LADEN AVEVA BISOGNO DI UN MENTAL COACH - DAI DIARI DI OSAMA SONO EMERSI I PARTICOLARI DEGLI ULTIMI MESI DELLA SUA VITA, PRIMA CHE FOSSE UCCISO DAI NAVY SEALS AMERICANI IL 2 MAGGIO 2011: LE GUARDIE DELLA SCORTA DEL RIFUGIO A ABBOTTABAD, IN PAKISTAN, CHE SI VOLEVANO LICENZIARE, LE PROMESSE DI UN NUOVO NASCONDIGLIO E L'ANGOSCIA DI VEDERE AL QAEDA "SCAVALCATA" DAI MOVIMENTI IN PIAZZA DELLE PRIMAVERE ARABE E DALL'ISIS...
Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"
Una separazione consensuale. Nero su bianco. Un impegno scritto da Osama in persona e rivolto ai due fratelli che lo proteggevano. Era l'unica scorta che bin Laden aveva nel suo ultimo rifugio, ad Abbottabad, in Pakistan. La coppia non ne poteva più. Oltre a fare da corrieri prendendo rischi seri, si occupavano delle cose quotidiane, della spesa, di qualsiasi necessità del leader e del numeroso nucleo familiare.
I due si lamentano, Osama recepisce le preoccupazioni e il 15 gennaio 2011 scrive una lettera ad uso interno. Mossa curiosa, quasi condominiale. Il capo qaedista chiede un po' di tempo per rimediare un altro nascondiglio e si impegna ad andarsene entro il mese di luglio.
Le sue previsioni sono errate, le ricerche non danno frutti e le promesse sono spazzate via da una sorpresa: il 2 maggio i Navy Seals piombano sulla casa e lo uccidono. I particolari di quegli giorni della guida jihadista sono emersi dall'analisi del materiale sequestrato dagli americani durante il blitz.
Una miniera: 470 mila files, memorie esterne, cinque computer, dozzine di chiavette e CD. In una recente intervista il responsabile dell'operazione, l'ammiraglio William McRaven, ha ricordato la sua ansia durante le fasi critiche dell'assalto quando il team leader sul terreno ha chiesto più tempo rispetto ai 30 minuti previsti dalla tabella di marcia.
Permesso ottenuto, sia pure limitato, per rastrellare il grande archivio trovato al secondo piano. I documenti sono stati studiati dall'intelligence, resi pubblici nel 2017 e analizzati dagli esperti.
In particolare da Peter Bergen, autore di un libro appena uscito, «The Rise and fall of Osama bin Laden». Sono spezzoni di politica e vita rilanciati dai media Usa, come Wall Street Journal e New York Times. Ad aiutare nella ricostruzione di quegli ultimi giorni è un diario tenuto da due figlie del terrorista, un verbale minuzioso con riferimenti interessanti all'umore del padre ma soprattutto a quanto avveniva all'esterno dell'alto muro che circondava la residenza pachistana.
Notevole la parte riguardante le primavere arabe. Secondo le carte Osama era sorpreso e angustiato dal fatto che il suo movimento fosse stato superato dalle piazze e non venisse considerato. È molto deluso, prova a nasconderlo durante delle riunioni alle quali partecipano le due mogli, Umm Hamza e Siham, insieme al resto della micro-comunità.
Lui reagisce in modo freddo quando gli chiedono perché i media non citano la fazione, le consorti provano a spiegare cercando di attenuare il colpo. Bin Laden recrimina, ricorda quanto si sia speso per incitare le masse arabe alla rivolta contro i regimi. I congiunti gli suggeriscono di preparare un discorso che possa catturare l'attenzione, riprendere l'iniziativa.
Parole che però sono una disperata rincorsa. È solo l'inizio. Negli anni a seguire il qaedismo sarà scavalcato da una forza più agile, feroce e pratica. Lo Stato Islamico. Scavalcato non vuole dire però scomparso, in quanto l'idea qaedista è ancora solida.
osama bin laden guarda la tv nel suo compound
Osama, sempre in base al diario, considera di riconoscere gli errori del suo movimento, resosi responsabile della morte di molti musulmani in tanti Paesi, civili coinvolti negli attacchi. In questa fase di ripensamento non esclude neppure di cambiare nome alla fazione.
osama bin laden ucciso in un radi dei navy seal
Sono aggiustamenti uniti ai consigli per i mujaheddin delle formazioni in Africa o Medio Oriente. Afferma che il presidente Obama e il generale Petraeus sono obiettivi primari mentre ritiene che il vice Biden non sia adeguato, auspica azioni clamorose uguali a quelle dell'11 settembre.
osama bin laden corano e fucile
Non si fida per nulla dell'Iran, Stato che ha accolto i familiari riservando loro un trattamento duro. Il leader tenta di svolgere il suo ruolo anche se è difficile viste le condizioni della sua latitanza. È auto recluso mentre il mondo gira veloce. Non lo sa, ma l'epilogo è vicino e arriva prima di un possibile trasloco.