SOTTO A CHI TOGA - L’ASSOLUZIONE DI STORARI È L'ENNESIMA MINA SULLA PROCURA DI MILANO: LA GIUDICE DEL TRIBUNALE DI BRESCIA HA ESCLUSO CHE LA CONSEGNA DEI VERBALI SULLA LOGGIA UNGHERIA SIA STATO REATO DI “RIVELAZIONE DI SEGRETO D’UFFICIO”. STORARI SI LAMENTAVA DELL’INAZIONE DEL PROCURATORE GRECO E DELLA VICE PEDIO: UN ATTENDISMO CHE SECONDO STORARI ERA DOVUTO AL TIMORE CHE POTESSE USCIRE EROSA LA CREDIBILITÀ DI PIERO AMARA - LE DIFFERENZE CON DAVIGO, CHE DAL 20 APRILE SARÀ IMPUTATO PER LE SUCCESSIVE RIVELAZIONI…
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Dalla cacciata disciplinare - via dalla procura di Milano e mai più in alcuna altra procura italiana - il pm milanese Paolo Storari già si era salvato nell'agosto 2021, quando il Csm aveva respinto la richiesta cautelare di trasferimento d'urgenza proposta dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi.
Ma ieri Storari è uscito indenne anche dall'ancora più delicato fronte penale: la giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brescia, Federica Brugnara, invece di condannarlo a 6 mesi come chiesto dai pm Prete-Greco-Milanesi, lo ha infatti assolto nel processo abbreviato di primo grado.
cerimonia di commiato per francesco greco 6
E ha cioè escluso che nell'aprile 2020 sia stato reato di «rivelazione di segreto d'ufficio» l'aver Storari consegnato a Piercamillo Davigo, ex pm del pool Mani pulite e allora membro del Consiglio superiore della magistratura, i verbali sulla presunta associazione segreta «loggia Ungheria» resi tra dicembre 2019 e gennaio 2020 ai pm milanesi Laura Pedio e Storari dall'ex avvocato esterno Eni Piero Amara.
Su essi Storari lamentava lo scarso dinamismo del procuratore Francesco Greco (archiviato lo scorso 1 febbraio) e della vice Pedio nell'indagare per distinguere in fretta tra verità e calunnie di Amara: attendismo motivato (secondo Storari) dal timore dei vertici della Procura che potesse uscire erosa la credibilità di Amara in altre sue dichiarazioni, invece valorizzate contro Eni (assieme a quelle del coindagato Vincenzo Armanna) da Pedio nella inchiesta sul collegato depistaggio giudiziario Eni, e dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale nel processo sulle tangenti Eni-Nigeria.
Al punto da fondare, nello stesso gennaio-febbraio 2020, pesanti iniziative nei confronti dell'ignaro presidente del processo, Marco Tremolada: come la trasmissione a Brescia di un «de relato» di terza mano di Amara circa la pretesa avvicinabilità del giudice da parte dei legali Eni Paola Severino e Nerio Diodà (poi liquidata come del tutto infondata dai pm di Brescia), e come la richiesta di De Pasquale al Tribunale di fare testimoniare in extremis Amara su «interferenze delle difese Eni su magistrati milanesi in relazione al processo» poi concluso il 17 marzo 2021 con tutte assoluzioni.
FABIO DE PASQUALE SERGIO SPADARO
L'assoluzione di Storari - che (in attesa delle motivazioni tra 15 giorni) il difensore Paolo Della Sala confida «sia la fine di un calvario» e, rimarca, «piena» e motivata dalla formula «perché il fatto non costituisce reato» - risalta ancor di più a fronte invece del rinvio a giudizio 20 giorni fa del coindagato Davigo: cioè di colui sulla cui interpretazione delle circolari Csm Storari fece affidamento, venendone rassicurato sulla liceità della consegna dei verbali e sulla non opponibilità del segreto investigativo ai consiglieri del Csm.
Dal 20 aprile Davigo sarà imputato per le successive rivelazioni di segreto non al procuratore generale e al presidente della Cassazione, Giovanni Salvi e Pietro Curzio (interlocuzioni non contestate dai pm bresciani), ma al vicepresidente Csm David Ermini, che da Davigo ne ricevette anche copia e che ha dichiarato di essersi affrettato poi a distruggerli ritenendoli irricevibili, pur se parlò della vicenda con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella; a cinque consiglieri Csm; al presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il senatore allora M5S Nicola Morra; e a due segretarie di Davigo al Csm, a una delle quali la procura di Roma imputa la spedizione dei verbali anonimi al consigliere Csm Nino Di Matteo nel febbraio 2021, successiva a quelle al Fatto Quotidiano nell'ottobre 2020 e a Repubblica nel 2021.