MA FACCE RIDE! – SUL ‘’FINANCIAL TIMES’’ RISPUNTA L’IDEA DEI BOICOTTAGGI SPORTIVI – PUTIN FA IL CATTIVONE IN UCRAINA? E ALLORA NOI NON ANDIAMO AI MONDIALI RUSSI DI CALCIO DEL 2018
Cristiano Gatti per "il Giornale"
E quando le sanzioni sono un po' a corto di munizioni, torna buono lo sport. Se la Russia non la smette, niente di più facile che finisca in isolamento anche il suo ambizioso apparato ginnico. Per il momento ne parla apertamente solo il Financial Times, ma è fuori discussione che i governi dell'Occidente ne stiano parlando anche dentro le stanze segrete. Studiando punizioni a 360 gradi per fiaccare Putin, l'occhio cade inevitabilmente verso il surgelatore, dove viene conservata per i più disparati utilizzi l'idea del boicottaggio sportivo. Una scongelata in acqua bollente ed è subito servita. Si pensa all'emarginazione globale: la Russia fuori dalla Formula Uno, fuori dagli Europei di calcio (già nelle qualificazioni, possibilmente), ma soprattutto fuori dai Mondiali, che come noto - alle volte le coincidenze - sono in programma nel 2018 proprio in Russia.
Dobbiamo ammetterlo: bella o brutta che sia, l'idea del boicottaggio sportivo non è nuova. Già sentita. Già usata e riusata. E siccome la storia è una lunga catena di corsi e ricorsi, in un simpatico gioco circolare, torna subito in mente che nel 1980 la situazione si era presentata più o meno negli stessi termini: l'Urss che invade l'Afghanistan, gli Stati Uniti che per rappresaglia decidono di non mandare i propri atleti ai Giochi di Mosca, altri 65 Paesi - tra questi Canada, Germania Ovest, Norvegia, Giappone, Cina - che si allineano al boicottaggio, sport e soprattutto poesia dello spirito olimpico che finiscono bellamente al macero.
Per la cronaca: anche quella volta, con uno dei nostri migliori numeri acrobatici, noi italiani riusciamo a fare felici tutti, o nessuno, mandando atleti e tenendo a casa quelli dei corpi militari. Nelle Olimpiadi del cerchiobottismo, siamo sempre i fuoriclasse.
Inutile dire che la faccenda non finisce lì. Casualmente - alle volte le coincidenze - quattro anni dopo tocca agli Usa organizzare i Giochi, a Los Angeles. L'occasione sembra disegnata perfidamente da un destino beffardo, e naturalmente l'Urss non se la lascia sfuggire per niente al mondo: è di nuovo boicottaggio, stavolta alla rovescia. Con Mosca si schierano altri 17 Paesi, tutti gli alleati e gli allineati, con la sola esclusione della Romania, dal punto di vista del sole dell'avvenire già partita un po' per la tangente.
Sono solo i casi più recenti e più eclatanti di uno sport a suo modo secolare: lo sport di puntare lo sport alla tempia del nemico. C'è sempre qualcuno, attorno ai tavoli strategici, disposto a scommettere sull'infallibilità della mossa, qualcuno straconvinto che lo sport possa far male proprio là dove non arriva la politica e nemmeno l'economia. Giudicando dai risultati, non ci sono prove e dimostrazioni inconfutabili di questa efficacia. Le manifestazioni si sono sempre fatte, più o meno mutilate, più o meno modificate, ma con interesse e interessi comunque ragguardevoli.
A Mosca i Giochi filarono via lisci, noi addirittura ce li portiamo nel cuore per l'indimenticabile finale di Mennea sui 200, un oro diventato con il Mundial spagnolo dell'82 struggente icona generazionale. Anche quattro anni dopo, a Los Angeles, i Giochi si fecero e si fecero mediamente bene.
Certo la tentazione di lasciare Putin senza i suoi Mondiali 2018 è forte, perchè tutti sanno quanto ci abbia investito in soldi e in immagine. Ma ha senso far male allo sport per far male a Putin? Si ripresenta l'eterno dubbio: lo sport è un settore come tutti gli altri, oppure è un porto franco che non deve entrare negli sporchi giochi dei potenti?
La domanda è molto nobile, ma anche molto inutile. Trascorrono le generazioni, la storia si ripete in continuazione, ma nessuno ha ancora trovato una risposta. Ne hanno discusso i nostri nonni, ne hanno discusso i nostri padri, ne abbiamo discusso noi. È penoso accorgerci che adesso toccherà discuterne pure ai nostri figli.