LA PEGGIO EMILIA – TORNANO IN CARCERE LA FIGLIA E IL GENERO DI GIUSEPPE PEDRAZZINI, L’AGRICOLTORE IN PENSIONE SPARITO PER MESI E RITROVATO SENZA VITA IN UN POZZO A TEANO, IN PROVINCIA DI REGGIO EMILIA – I DUE SONO INDAGTI INSIEME ALLA MOGLIE DELLA VITTIMA, PER CUI È STATO CONFERMATO L'ORDINE DI FIRMA E DI DIMORA – FINORA DALLE INDAGINI È EMERSO CHE IL 77ENNE SAREBBE STATO TENUTO SEGREGATO PER I SOLDI DELLA PENSIONE
Margherita Grassi per https://corrieredibologna.corriere.it/
ritrovamento cadavere di giuseppe pedrazzini
Tornano in cella. Si aggrava la posizione dei familiari di Giuseppe Pedrazzini, 77enne di Toano (Reggio Emilia) trovato morto in un pozzo vicino a casa, chiuso con una pesante lastra, il 12 maggio, dopo che era scomparso da qualche tempo.
Il tribunale della Libertà di Bologna, a cui si era rivolta la Procura reggiana, che coordina le indagini dei carabinieri, impugnando l’ordinanza del Gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per la figlia Silvia e per il genero, Riccardo Guida, al posto dell’obbligo di firma e di dimora a cui erano sottoposti.
Per i giudici bolognesi la misura più afflittiva deve applicarsi non solo sui reati di truffa e soppressione di cadavere, ma anche per sequestro di persona. Nei confronti della vedova, Marta Ghilardini, rimane l’obbligo di firma e di dimora, ma anche per lei si estende al sequestro di persona.
Le misure cautelari sono sospese e non esecutive fino a quando non diventano definitive, cioè fino a una decisione della Cassazione su un eventuale ricorso delle difese.
La vicenda dell’anziano trovato nel pozzo
La vicenda è iniziata l’11 maggio scorso: quella sera i carabinieri trovarono un corpo in un pozzo a Cerrè Marabino di Toano. Dopo poche ore emerse che si trattava dell’anziano che i militari cercavano da qualche ora appena: Giuseppe Pedrazzini. Il pozzo era quello che l’uomo, agricoltore in pensione, usava per irrigare.
Il 77enne era scomparso dalla circolazione a fine gennaio, ma i parenti non avevano denunciato la cosa. Alcuni conoscenti, dopo insistenti domande su dove fosse finito Giuseppe, nei primi giorni di maggio sono andati in caserma raccontando di questa scomparsa.
Sono iniziate le ricerche, durate appunto poche ore. Secondo la procura, i tre famigliari avrebbero agito per motivi economici: l’ipotesi di reato di truffa ai danni dello Stato è in relazione al fatto che avrebbero continuato a percepire la pensione dell’uomo anche dopo la sua scomparsa.
Segregato per motivi economici
ritrovamento cadavere di giuseppe pedrazzini
Secondo la moglie di Pedrazzini, interrogato il 31 maggio, l’anziano fu tenuto segregato per motivi economici. La donna, Marta Ghilardini, è indagata insieme alla figlia Silvia e al genero, Riccardo Guida, per sequestro di persona, soppressione di cadavere e truffa ai danni dello Stato, per aver percepito la pensione dell’uomo anche dopo la sua morte.
Le dichiarazioni a verbale sono citate nell’ordinanza con cui il tribunale della Libertà di Bologna dispone la custodia cautelare in carcere per i due familiari più giovani e mantiene l’obbligo di firma e di dimora per Ghilardini, ma lo applica anche per il reato di sequestro. Le misure non sono comunque esecutive perché non definitive.
Il nipote: «Il nonno piangeva perché non vedeva gli amici»
Agli atti sono riferite anche le parole di un nipote, che ha detto di aver visto il nonno piangere perché non poteva vedere i suoi amici Dalle indagini dei carabinieri di Reggio Emilia, sottolineano i giudici (presidente estensore Rocco Criscuolo) emerge «l’assenza di ogni remora» da parte di Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida «nel dar esecuzione a un progetto criminale come quello di cui è stato vittima» il 77enne, «lasciato morire, senza alcuna assistenza sanitaria, nella propria abitazione sebbene, quantomeno negli ultimi giorni prima del decesso le sue condizioni fossero di molto peggiorare».
In carcere «perché potrebbero commettere altre azioni criminose»
ritrovamento cadavere di giuseppe pedrazzini
E ancora il tribunale sottolinea «l’anteposizione del soddisfacimento degli interessi economici a ogni forma di umana solidarietà nei confronti di uno stretto congiunto», «il mantenere fermi i propositi criminosi che li hanno indotti ad agire per svariati mesi», la «scelta di occultare le prove dei propri misfatti», sbarazzandosi del corpo gettandolo in un pozzo e poi di inquinare le indagini, inviando agli inquirenti delle false email facendole apparire come inviate da Pedrazzini.
Sono tutti elementi che «danno conto della proclività al delitto» degli indagati e della loro «determinazione a non consentire un regolare svolgimento dell’attività istruttoria e l’accertamento della verità».
In particolare i due hanno dimostrato «totale disprezzo per l’altrui vita» e poi «spregiudicatezza e temerarietà fuori dal comune» senza «palesare alcuna titubanza o ripensamento». Per questo bisogna che vadano in carcere perché potrebbero commettere ulteriori condotte criminose, conclude il tribunale.
la figlia e il genero di Giuseppe Pedrazzinila vedova di Giuseppe Pedrazzini