LA “TREGUA” MORTALE CHE INSANGUINÒ L’EUROPA – MIRELLA SERRI E LA VERITÀ SUL PATTO HITLER-STALIN: “LE DINAMICHE DI QUESTA SCELLERATA INTESA SONO STATE CANCELLATE DALLA STORIA DEL '900 - A FAR LUCE CON DOCUMENTI INEDITI SUL COMPLESSO INTRECCIO È LA STORICA CLAUDIA WEBER NEL LIBRO “IL PATTO. STALIN, HITLER E LA STORIA DI UN’ALLEANZA MORTALE”: I SOVIETICI E I NAZISTI GIUNSERO A UNA PERFETTA INTEGRAZIONE NELLO STERMINIO E…”
Mirella Serri per "www.lastampa.it"
il patto. stalin, hitler e la storia di un’alleanza mortale claudia weber
«Nella biblioteca di letteratura straniera al posto dei giornali degli immigrati comunisti furono esposti fogli nazisti e furono eliminati i romanzi degli antifascisti. La parola “fascismo” non comparve più sulla stampa sovietica», così ricorderà il giovane Wolfgang Leonhard, futuro storico e politico che, nell’estate del 1939, frequentava la biblioteca moscovita.
La mattina del 24 agosto una notizia strepitosa aveva stravolto il mondo democratico: al Cremlino il ministro degli Esteri sovietico Vjaceslav Molotov e il suo omologo tedesco Joachim von Ribbentrop avevano firmato un patto di non aggressione tra Urss e Germania. Proprio così: le due dittature, fino a quel momento l’una contro l’altra armate, avevano siglato un accordo.
Tutto il mondo, in particolare quello antifascista, era pervaso da un sentimento di sgomento. Wolfgang, per esempio, come tanti altri antinazisti, era arrivato a Mosca in fuga da Berlino dove aveva fatto parte dei Giovani Pionieri, organizzazione del Partito comunista. Ora Stalin si era alleato con colui che Wolfgang considerava il suo aguzzino. Il patto Molotov-Ribbentrop prevedeva anche un «protocollo segreto» rimasto tale fino al termine degli anni Novanta, in cui venivano definiti i territori che i due tiranni si sarebbero spartiti.
Le dinamiche di questa scellerata intesa tra i due Stati totalitari sono state cancellate dalla storia del Novecento e tenute nascoste come in uno speciale «buco nero»: adesso a far luce con dovizia di documenti inediti sul complesso intreccio de Il patto. Stalin, Hitler e la storia di un’alleanza mortale è la storica Claudia Weber, docente all’Università di Francoforte sull’Oder. La studiosa si preoccupa di rimettere insieme i tasselli dell’accordo che per decenni «è stato considerato solo uno scomodo incidente storico».
L’intesa Molotov-Ribbentrop, a seguito della quale il 1° settembre del 1939 iniziò la Seconda guerra mondiale, non fu per nulla un incidente anche se fu scambiata per una fake news: il diplomatico e ingegnere Viktor Kravcenko il quale, fuggito dall’Urss, scriverà il pamphlet Ho scelto la libertà, racconta: «Era incredibile! Era una certezza il fatto che l’unico nemico dei nazisti fosse l’Unione Sovietica. I nostri bambini giocavano a fascisti-contro comunisti e i fascisti avevano sempre nomi tedeschi e ogni volta venivano riempiti di botte».
Non riusciva a capacitarsi di quella mostruosità nemmeno lo scrittore Arthur Koestler (successivamente autore del bestseller Buio a mezzogiorno in cui denunciava gli orrori delle galere staliniane): «Non ebbi più dubbi quando all’aeroporto di Mosca venne issata la bandiera con la svastica in onore di Ribbentrop e la banda dell’Armata Rossa intonò Das Horst-Wessel-Lied», l’inno ufficiale del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori.
Stalin, a seguito del trattato tra i due ministri sovietico e tedesco, invase la Polonia orientale, gli Stati baltici e la Bessarabia (attualmente divisa tra la Moldavia e l’Ucraina), mentre Hitler, a sua volta, occupò la parte occidentale della Polonia: si misero in moto una «devastante carneficina mondiale e la Shoah», spiega la Weber. In Urss, sul modello nazista, venne avviata l’epurazione degli ebrei dai pubblici uffici. I giornali scrissero che «era dovere degli atei marxisti aiutare i nazisti nella campagna antisemita». Nel primo anno di guerra, con ordini segreti - resi noti solo decenni più tardi -, i sovietici proibirono ai partiti comunisti polacco e ceco di prendere posizione contro Hitler. Quando la Wehrmacht entrò a Parigi nel 1940, Stalin ordinò ai compagni francesi di accogliere calorosamente le truppe di occupazione. Molti comunisti che si erano rifugiati a Mosca e poi erano stati imprigionati durante le purghe staliniane, come la scrittrice tedesca Margarete Buber Neumann, vennero estradati e, dopo aver patito il gulag, si ritrovarono nei lager nazisti.
La maggioranza degli aderenti ai partiti comunisti europei accettò tutto passivamente: «Stalin sa quello che fa», dicevano, «e il Partito ha sempre ragione». Il poeta Johannes R. Becher, comunista e in seguito ministro della Cultura della Repubblica democratica tedesca, rese addirittura omaggio al patto con una lirica: «A Stalin. Tu proteggi con la tua mano forte il giardino dell’Unione Sovietica. Tu, il figlio più grande della madre Russia, accetta questo mazzo di fiori… come segno del legame di pace che si estende saldo fino alla Cancelleria del Reich».
I sovietici e i nazisti, a dispetto di tutti i precedenti contrasti ideologici, giunsero a una perfetta integrazione nello sterminio. L’Europa orientale si trasformò in «terra di sangue», con i profughi - ebrei, polacchi, ucraini - che si nascondevano nei boschi e tra le macerie delle città nelle zone di occupazione russa e tedesca ed erano il bersaglio delle guardie di confine. Paradossalmente, il 22 giugno 1941 i militanti comunisti tirarono un respiro di sollievo di fronte all’avvio di una nuova immensa tragedia. Era l’inizio dell’Operazione Barbarossa, nome in codice dell’invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista. Si apriva lo scenario per un’altra storia, quella della lotta antifascista, mentre i sovietici, i partiti comunisti d’occidente e gli Alleati che operavano nella seconda guerra mondiale, si preparavano in nome della propaganda bellica a seppellire il ricordo del patto Hitler-Stalin.