TREMATE: TRA SEI MESI CI LEGGERANNO NEL PENSIERO – QUELLO SVALVOLONE DI ELON MUSK HA ANNUNCIATO CHE ENTRO GIUGNO "NEURALINK" SARÀ IN GRADO DI IMPIANTARE IL SUO PRIMO DISPOSITIVO NEL CERVELLO DI UN ESSERE UMANO – LUI DICE CHE SERVIRÀ PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI NEUROLOGICI, MA OVVIAMENTE GLI ESPERTI SONO PREOCCUPATI DALL’USO IMPROPRIO CHE POTREBBE ESSERE FATTO DEI DATI – PER NON PARLARE DEI MACACHI MORTI DURANTE LA SPERIMENTAZIONE…
Da Ansa
Entro sei mesi Neuralink sarà in grado di impiantare il suo primo dispositivo nel cervello di un essere umano, per comunicare con i computer attraverso il pensiero.
"Ovviamente siamo attenti che funzioni bene, abbiamo presentato tutti i nostri documenti alla Fda (l'agenzia che si occupa della salute pubblica negli Stati Uniti, ndr) e crediamo che entro sei mesi saremo in grado di avere il nostro primo impianto in un essere umano", ha annunciato Elon Musk, a capo della start up che si occupa di neurotecnologie e anche di Tesla, SpaceX e Twitter.
"Siamo fiduciosi che il dispositivo di Neuralink sia pronto per l'uomo, quindi la tempistica dipende dal processo di approvazione della Fda", ha poi chiarito su Musk su Twitter.
L'orizzonte di sei mesi è un ulteriore rinvio del progetto.
Nel luglio 2019, Musk aveva stimato infatti che Neuralink potesse eseguire i suoi primi test sulle persone nel 2020. Ma finora, ii test sono stati fatti su animali. Alcune scimmie, con le sperimentazioni, sono state in grado di "giocare" ai videogiochi o di "digitare" parole su uno schermo, semplicemente seguendo con gli occhi il movimento del cursore sul display.
Musk e gli ingegneri di Neuralink hanno anche fatto il punto sugli ultimi progressi della start-up nello sviluppo del robot chirurgo e nello sviluppo di altri impianti, da installare nel midollo spinale o negli occhi, per ripristinare la mobilità o la vista. Altre società stanno lavorando al controllo dei computer con il pensiero, come Synchron, che a luglio ha annunciato di aver implementato la prima interfaccia cervello-macchina negli Stati Uniti.
DAGONEWS
Nel 2016, Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo ha fondato Neuralink, un'azienda di neurotecnologie grazie alla quale spera di impiantare presto dei chip nel cervello delle persone.
Denominato Link, il chip monitorerebbe e stimolerebbe persino l'attività cerebrale.
In particolare, secondo Musk, è promettente per il "ripristino delle funzioni sensoriali e motorie e il trattamento dei disturbi neurologici".
Questa è solo una delle numerose affermazioni che il miliardario ha fatto riguardo al lavoro che Neuralink sta conducendo.
Tuttavia, secondo gli esperti, la realtà della situazione potrebbe essere un po' più complessa di quanto Musk lasci intendere.
All'inizio di quest'anno, Neuralink ha confermato che alcune delle 23 scimmie macaco coinvolte negli esperimenti Link sono morte a causa di traumi o per eutanasia.
Gli esperimenti sono stati condotti dal 2017 al 2020 e hanno persino spinto il Physicians Committee for Responsible Medicine a presentare una denuncia contro Neuralink per aver sottoposto le scimmie ad abusi.
Traumi facciali, convulsioni e perdita di dita dei piedi e delle mani sono solo alcuni dei traumi subiti dagli animali.
Poco dopo la presentazione del rapporto, molti animalisti sono scesi in campo sui social per denunciare pubblicamente Musk e Neuralink.
Ricercatori e scienziati hanno espresso paura e orrore per l'obiettivo di Musk di collegare il cervello umano ai computer.
Ciò deriva principalmente da molti interrogativi sulla sicurezza dei dispositivi.
Nel frattempo, il dottor Johnson del SUNY Upstate ha messo in dubbio che la scienza sostenga la visione di Musk.
«Se Neuralink sostiene che sarà in grado di usare il suo dispositivo a livello terapeutico per aiutare le persone disabili, sta facendo troppe promesse che non possono essere mantenute», ha detto Johnson.
Altre preoccupazioni riguardano l'uso improprio di questa tecnologia a scopo di lucro. «Temo che ci sia un matrimonio scomodo tra un'azienda a scopo di lucro e questi interventi medici che si spera possano aiutare le persone», ha dichiarato la dottoressa Karola Kreitmair, assistente alla cattedra di storia della medicina e bioetica presso l’Università del Wisconsin-Madison.
«Il nostro cervello è il nostro ultimo baluardo di libertà, il nostro ultimo luogo di privacy» ha dichiarato la dottoressa Nita Farahany, studiosa di tecnologie emergenti presso la Duke University School of Law.
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