TRENT’ANNI FA MORIVA ENZO TORTORA, MASSACRATO DAI MAGISTRATI E LINCIATO DA STAMPA E OPINIONE PUBBLICA - PIROSO: “PER LA PIÙ ILLUSTRE VITTIMA DELLA MALAGIUSTIZIA NEL NOSTRO PAESE, NESSUNO HA PAGATO. ANZI, GLI INQUISITORI HANNO PERFINO FATTO CARRIERA. I COMPONENTI DELLA SEZIONE DISCIPLINARE DEL CSM EBBERO IL CORAGGIO DI DIRE…”

Antonello Piroso per “la Verità”

 

antonello piroso

Essere un professionista acclamato, inventore di programmi tv di successo, seguiti da milioni e milioni di persone, dalla Domenica sportiva a Portobello. Essere arrestato nel cuore della notte, per la precisione: le 4.15 di venerdì 17 giugno 1983, all' Hotel Plaza di Roma, come il peggiore dei criminali. Essere esibito indecentemente con le manette ai polsi davanti a fotografi e telecamere, mentre la gente intorno - il pubblico che fino a un minuto prima lo osannava - gli sputa addosso, urlandogli: «Giuda! Ipocrita! Pezzo di merda».

 

Enzo Tortora-in-manette

Essere buttato in carcere, accusato di affiliazione alla camorra, «trafficante di morte» in quanto spacciatore di droga, nonché consumatore in proprio, da uno (Giovanni Pandico, calunniatore seriale e omicida di due impiegati comunali), poi due (Pasquale Barra detto «o' animale», oltre 60 omicidi nel curriculum), quindi tre, quattro, fino a 11 collaboratori di giustizia, «la Nazionale dei pentiti» secondo i pennivendoli, ma «Nazionale della menzogna» sarebbe stato più onesto.

 

Essere schiantato dal vedere il proprio nome trascinato nel fango, la propria storia personale fatta a pezzi da un giornalismo antropofago, che, capace di ogni nefandezza, ne divora l'immagine. Dalla gogna mediatica alla fogna mediatica.

 

enzo tortora portobello

Cui concorrono con voluttà piccole e grandi firme della nostra corporazione stracciona, vere iene dattilografe. Poche le voci a difesa: Massimo Fini, che dichiarerà la sua «repulsione profonda» per la vocazione al linciaggio degli scribacchini, Rossana Rossanda, che troverà «indegna la forma, e ingiustificati i motivi dell' arresto», ed Enzo Biagi, che farà la più ovvia delle domande: «Scusate, ma se per caso fosse innocente?».

 

Essere un presunto colpevole davanti al tribunale dell'opinione pubblica, non un presunto innocente come da nostra Costituzione. Essere interrogato una prima volta dopo oltre un mese dall'arresto. La seconda dopo altri tre mesi. La terza (e ultima) dopo ulteriori sei mesi. Sempre per una manciata di minuti, su episodi a lui ignoti e su cui nessuno fa alcuna verifica, perché a impiccarlo alle sue presunte responsabilità basta la parola di quei gentlemen.

 

enzo tortora il gioco di portobello

Essere inchiodato da un'agendina di un camorrista in cui ci sarebbero stati scritti il suo nome e il suo numero di telefono. Peccato però che quel nome non fosse il suo, una consonante era diversa (una «n» al posto di una «r").

 

Peccato che quel numero non fosse il suo. Peccato soprattutto che nessuno abbia fatto la cosa più naturale, cioè comporlo, quel numero, per verificare a chi corrispondesse.

Essere rinviato a giudizio, nonostante il suo presunto capo, il boss Raffaele Cutolo, abbia più volte dichiarato: «Chillo è innocente e non c'entra nulla».

enzo tortora e francesca scopelliti

 

Essere eletto al Parlamento europeo nelle liste radicali con 485.000 voti, più di quelli presi da Marco Pannella, per sentire poi il pubblico ministero esclamare in aula: «Tutti lo sanno che quei voti sono della camorra», e siccome lui urla la sua indignazione, «È un'indecenza!», viene immediatamente denunciato anche per «oltraggio a magistrato in udienza».

 

Essere condannato a 10 anni di carcere. E la sera in albergo molti dei cronisti, spiaggiati sulle posizioni della Procura di Napoli, brinderanno schifosamente con gusto.

Essere fedele alla parola data, e quindi dimettersi dal Parlamento europeo rinunciando all'immunità, per ritrovarsi di nuovo privato della libertà.

 

Essere processato in appello, dove i giudici finalmente dispongono le verifiche, perché «non ci si può fidare solo ed esclusivamente delle dichiarazioni dei pentiti, bisogna cercare i riscontri», ma soprattutto stigmatizzeranno il comportamento dei loro colleghi nel processo di primo grado, affermando che compito di un magistrato non è credersi in missione per conto di Dio, «non deve interpretare la legge, ma limitarsi ad applicarla, rispettando norme e procedure». Essere assolto in appello e vedere l'assoluzione confermata in Cassazione.

 

enzo tortora

Essere riabilitato, ma intanto sono passati 5 anni, essere riportato in tv, sugli schermi della tv di Stato, l'azienda che ha sempre amato, purtroppo non sempre ricambiato (lo licenziarono due volte: nel 1962 come capro espiatorio per un'imitazione di Alighiero Noschese sgradita alla Dc; nel 1969 per un'intervista in cui attaccava il monopolio radiotelevisivo e l'occupazione partitocratica della Rai, azienda che giudicava essere «un jet colossale guidato da un gruppo di boyscout"), rinunciando ai 4 miliardi di lire annui che Silvio Berlusconi gli ha offerto per passare a Canale 5.

 

enzo tortora e francesca scopelliti

Essere malato perché il suo calvario - durato 1768 giorni, da quel 17 giugno al momento della morte, alle 10.30 del 18 maggio 1988 - gli ha minato fisico e difese immunitarie, gli è venuto un cancro, o come dirà rantolando nei suoi ultimi giorni di vita, «mi hanno fatto esplodere una bomba atomica dentro», o forse non è quello, forse, come scriverà Giorgio Bocca, la verità vera è che dalla notte dei tempi davanti a eventi devastanti, a dolori incommensurabili , l'uomo «semplicemente muore di crepacuore».

 

enzo tortora 4

Essere celebrato - in questi trent'anni esatti dal suo ultimo respiro (passati invano, perché il «Crucifige! Crucifige!» invocato dal circo mediatico-giudiziario ha continuato a risuonare in innumerevoli casi) - non come una persona, ma come un simbolo, la più illustre vittima della malagiustizia nel nostro Paese, scandalo per cui nessuno ha pagato, anzi: gli inquisitori hanno perfino fatto carriera.

 

La provocazione eversiva di Leonardo Sciascia rimarrà lettera morta: dopo il caso Tortora, i magistrati - superato il concorso - dovrebbero passare almeno tre giorni dietro le sbarre, «sarebbe un'indelebile esperienza, da suscitare doloroso rovello ogni volta che si sta per firmare un mandato di cattura».

 

enzo tortora a portobello

I componenti della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura faranno i sepolcri imbiancati. Perché, minimizzerà una toga torinese, «errori di omonimia li abbiamo fatti tutti». Perché, ridacchierà un'altra, napoletana: «È come quando si grattuggia il formaggio, rimane sempre un po' di sfriso». Perché, concluderà una terza, siciliana: «Cu mancia pani fa muddiche» (chi mangia pane fa molliche). Perché, insomma, cane non mangia cane, quindi amen, e liberi tutti. Essere innocente, di più: essere «estraneo», come ha ripetuto fino alla fine. Essere un uomo perbene. Essere - là dove si trova, sempre e per sempre con orgoglio e a testa alta - Enzo Tortora.

enzo tortora enzo tortora

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