LA TRISTE FINE DEL "BEL RENÈ": MALATO E DISORIENTATO - ANCHE LA PROCURA DA' IL SUO OK PER TRASFERIRE IL PLURI-ERGASTOLANO RENATO VALLANZASCA IN UNA RSA. IL BOSS DELLA COMASINA, 74 ANNI, È AFFETTO DA ALZHEIMER - I PRIMI FURTI NELLE EDICOLE A CACCIA DELLE FIGURINE PANINE, LE RAPINE AI "CUMENDA" MILANESI E IL FRATELLO ENNIO CHE SI UCCISE CON UN COLPO DI PISTOLA IN UN PRATO...
Estratto dell'articolo di Andrea Galli per www.corriere.it
E adesso che il racconto criminale del pluri-ergastolano rapinatore e killer Renato Vallanzasca potrebbe terminare per davvero, avendo la Procura generale stabilito, beninteso in attesa del parere definitivo del Tribunale di sorveglianza, che l’oggi 74enne gravato da afasia e deliri, inseguito da una condizione di disorientamento nello spazio e nel tempo, sia incompatibile col carcere ma vada destinato a una struttura per i malati d’Alzheimer, ebbene potrebbe non essere un esercizio vano tornare indietro, alle origini,
ché di una figura centrale nella storia di Milano parliamo, un uomo ultra-mediatico per le personali ambizioni e l’anima mitomane ma anche per la fascinazione subìta coerente da giornalisti e scrittori e attori e registi — Vallanzasca ha sempre fatto titolo, sempre —, e in verità dal popolo tutto prima di loro, i giornalisti e gli scrittori, sovente finito per sposare anche certi aneddoti da gangster romanzati se non inventati.
E allora, se per i criminologi non esiste mai un unico incipit assoluto per esplorare il male dalla partenza, ad esempio soltanto la famiglia anziché soltanto la geografia di nascita/crescita tipo la provincia oppure la metropoli, soltanto gli amici anziché soltanto i rapporto affettivi coi genitori, Vallanzasca è stato fin da subito un ganassa preciso identico al padre.
Ovvero quell’Osvaldo Pistoia un po’ operaio già alla Fiat di Torino, un po’ ambulante nei mercati rionali, un po’ (soprattutto) perditempo piantato lì in piazza del Duomo a guardare le donne, fischiettarci dietro e inseguirle supplicandole di dargli retta; uno che sposato con la signora Rosa — l’abitazione era nel quartiere Giambellino al civico 2 di via degli Apuli — corteggiò un’altra signora, Marie Vallanzasca, vendendosi quale affannato e glorioso cronista d'un quotidiano che raccontava i fattacci di Milano, una penna e un taccuino dietro le pistolettate di strada e le sigarette dei marescialli in caserma.
renato vallanzasca negli anni 70
Lei in verità mise presto in dubbio le balle dell’Osvaldo però nulla cambiò nel senso che si fidanzarono andando a convivere lì dove la donna, che il 4 maggio del 1950 mise al mondo Renato, risiedeva: al civico 162 di via Porpora, nello stesso palazzo che ospitava il suo piccolo negozio di vendita di vestiti.
[...] Ma i furti, si diceva: esordio nelle edicole a caccia di figurine Panini, sì, certo, quelle dei calciatori, e dei fumetti di Tex Willer; e però in generale razziava anche i giornali e le riviste, non stava lì a far differenza. Appassionato dell’arte della lettura, come da ricordo di vecchi sbirri che lo incrociarono e hanno dialogato col Corriere, Vallanzasca dapprima si beveva le pagine, vorace, curioso, rapido di occhi e testa, spaziando dalla politica alla cultura, quindi correva in un’altra edicola a rivendere la merce a prezzi ribassati.
renato vallanzasca con la madre marie
Girava per la città dal mattino, non presto, gli piaceva dormire, a notte assai avanzata; il mattino non lo dedicava del resto alla scuola visto che aveva iniziato a evitare le lezioni dalle elementari, mentre col buio percorreva le vie del centro così da agganciare i cummenda, a spasso godendosi il sigaro, e derubarli (magari sigaro compreso).
Vennero le prime catture e i primi pernottamenti al carcere minorile Beccaria, in mezzo alle botte di poliziotti e carabinieri stanchi d’inseguirlo nonché delle vittime leste di mano cui invano tentava di sottrarre il portafoglio rimediando appunto immediata punizione corporale: era una Milano dura, cruda, vendicativa, povera e bastarda.
renato vallanzasca con la moglie giuliana
Rapina, sequestro di persona, tentato omicidio, omicidio: negli anni Settanta, prima dell’inizio delle carcerazioni, Vallanzasca era un pericolo pubblico ricercato dalle questure di Milano come di Lecce, di Bari come di Pistoia, con una nota del ministero dell’Interno diffusa a ogni pattuglia.
Il fratello Ennio si uccise con un colpo di pistola in un prato della periferia evitando di lasciare spiegazioni; Vallanzasca, angosciato per non sapere dove fosse, ne scoprì il cadavere per primo.
renato vallanzasca antonella d agostinorenato vallanzasca 5renato vallanzasca 7renato vallanzasca 6renato vallanzasca 9renato vallanzascarenato vallanzasca antonella dagostino 2corrado alunni con renato vallanzasca