TROPPI GALLI NEL POLLAIO AMADORI – ARRIVA IN TRIBUNALE LA BATTAGLIA LEGALE TRA FRANCESCA AMADORI E L'AZIENDA GUIDATA DA SUO PADRE E SUO ZIO, IL COLOSSO DEI POLLI DI CESENA, DA CUI È STATA LICENZIATA UN ANNO FA PER ASSENTEISMO – LA NIPOTE DEL FONDATORE DELL'AZIENDA CHIEDE IL REINTEGRO, UN RUOLO DA DIRIGENTE E 2,3 MILIONI DI RISARCIMENTO. E ACCUSA DI ESSERE STATA DISCRIMINATA IN QUANTO DONNA E PAGATA MENO DEGLI UOMINI...
Estratto dell'articolo di Marco Bettazzi per “la Repubblica”
francesca amadori e il nonno 1
È arrivata nell'aula di un tribunale la battaglia legale tra Francesca Amadori e l'azienda guidata da suo padre e suo zio, il colosso dei polli di Cesena che l'ha licenziata nel gennaio scorso. Ieri c'è stata la prima udienza al tribunale di Forlì, il giudice ha tentato una conciliazione che però non ha portato a nulla e dunque si va avanti nella causa, tra richieste incrociate di danni e accuse sulle discriminazioni subite.
Con un terzo incomodo: la consigliera di parità della Regione Emilia-Romagna, nominata dal ministero del Lavoro, che è intervenuta nel processo a sostegno di Francesca.
Francesca, licenziata ufficialmente dall'azienda per le sue assenze dal lavoro, circa un mese, chiede l'annullamento del licenziamento, la reintegra al suo posto con la qualifica da dirigente e aggiunge anche 2,3 milioni di risarcimento danni per le accuse mosse dalla società di famiglia, il gruppo da 1,3 miliardi di ricavi fondato dal nonno Francesco, oggi novantenne, quello dello slogan «Parola di Francesco Amadori».
Ma soprattutto ritiene di essere stata discriminata come donna, non ottenendo la qualifica da dirigente che le sarebbe spettata come direttrice della comunicazione. E aggiunge anche un esposto al garante per la privacy. L'azienda, invece, guidata dal padre Flavio e dallo zio Denis, insiste sulla sua posizione e ha avviato una causa parallela in cui chiede a sua volta almeno 1,5 milioni di danni per le accuse della donna.
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La difesa trova al suo fianco anche la consigliera di parità Sonia Alvisi, figura istituzionale di garanzia, che ha ritenuto fondate le accuse sulle discriminazioni e interviene come prevede la legge "ad adiuvandum", a sostegno di Francesca. La consigliera porta un dossier da cui emerge che nella Gesco, la società capofila di Amadori, non ci sono dirigenti donna e soltanto 5 donne quadro su 60, mentre gli stipendi delle lavoratrici quadro sono 59mila euro annui contro i 77mila dei colleghi maschi.
Amadori ha sempre sottolineato che su oltre 9mila dipendenti oltre il 51% siano donne, e di aver «sempre agito nel rispetto di etica, codici e regole», rigettando «ogni illazione o suggestione strumentalmente messe in campo per screditare l'azienda». [...]
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