LA VENDETTA DI ''FELICETTO'' - ECCO COME MANIERO HA INGUAIATO MADRE, SORELLA E IL COGNATO DENTISTA, CHE ERA DIVENTATO IL SUO BANCOMAT: ''GLI HO DATO 33 MILIARDI DI LIRE, GLI CHIEDEVO SOLDI QUANDO SERVIVANO. MA DOPO 5-6 MILIARDI HA SMESSO DI RISPONDERMI'' - LE TELEFONATE DI FUOCO CON LA SORELLA, CHE INCASSAVA VILLE, LIPOSUZIONI E PELLICCE DA 50MILA EURO: ''SE MAMMA FA UN SOLO GIORNO DI CARCERE TI SPACCO LA FACCIA''
Andrea Priante per il ''Corriere del Veneto''
«Voglio parlare del denaro che io ho guadagnato con i miei traffici illeciti». È il 12 marzo del 2016, quando Felice Maniero pronuncia queste parole davanti ai pm di Venezia. Pare di essere tornati agli anni Novanta, quando Faccia d’Angelo iniziò a collaborare per guadagnarsi una fetta di libertà. Ma se all’epoca incastrò i suoi compari, consentendo agli inquirenti di smantellare la Mala del Brenta, ora inguaia i parenti. Eppure, a vent’anni di distanza, il motivo è sempre lo stesso: garantire un futuro, anche economico, a se stesso e alla sua famiglia.
Perché i schei, vengono prima di tutto. Tra la primavera e l’autunno dello scorso anno, Maniero si sottopone a quattro interrogatori nel corso dei quali spiega di aver fatto avere a Riccardo Di Cicco - tramite sua madre Lucia Carrain, la sorella Noretta, il cugino Giulio e altri complici - un fiume di denaro fin dai primi anni Ottanta. «In tutto, tenuto conto dei vari periodi, ho dato a mio cognato 33 miliardi di lire», racconta. Poi, a partire dal 1994, «cominciai a chiedere la restituzione di una parte di quanto gli avevo dato (...) Lui mi ha restituito complessivamente, dal 1995 fino a otto mesi fa, circa 5-6 miliardi».
Il sistema L’accordo è chiaro: Riccardo Di Cicco gestisce il tesoro e in l’ex boss lo usa come «bancomat » ogni volta che ha bisogno di denaro. Sembra funzionare: Maniero può continuare a fare la bella vita anche se le sue aziende non navigavano in buone acque.
Anche perché, di soldi guadagnati con rapine e traffico di droga, gliene restano ancora tanti e i conti li ha sempre saputi fare: «Avendomi restituito 5-6 miliardi, mio cognato gestisce sicuramente 25-26 miliardi di soldi che io gli ho dato, tenuto conto delle perdite che ci sono state con la crisi del 2008 e del fatto che avevano perso un miliardo di un mio investimento per problemi finanziari». Il tesoro serve a mantenere tutti i familiari di Maniero, oltre allo stesso Di Cicco. «Con i soldi che gli ho dato ha acquistato almeno tre case e ha sempre avuto macchine di lusso », dice Felicetto.
E poi c’è la villa a Santa Croce sull’Arno: «La casa che lui ha acquistato? Gli ho dato io i soldi, mi pare di avergli dato 140 milioni, più o meno. Ed era diroccata, era proprio un rudere, era una casa del 1800 e lui ha speso più di un miliardo dei miei soldi per ristrutturarla. L’ha fatta nuova, l’ha fatta...». Nel corso degli anni, il denaro è servito per qualunque cosa, anche per quelle che il giudice chiama «spese voluttuarie » della sorella Noretta «quali pelliccia da 50mila euro e liposuzione da 30 milioni».
Il racconto di Maniero intreccia il presente con i fatti di cronaca nera che hanno segnato gli anni dell’ascesa della Mala del Brenta. Si parla del sequestro della padovana Paola Wilma Banzato («La mia parte di riscatto la sotterrammo in un campo a Vigonovo nei pressi dell’argine. Lì i soldi rimasero sino alla conclusione del fallito sequestro di Marina Rosso Monti») e delle fughe («A seguito delle indagini me ne andai in Spagna, a Torremolinos»), ma alla fine si torna sempre a parlare di schei: «Nel 1984 vengo arrestato e nei tre anni e mezzo che sono stato in carcere ho dato in più occasioni, tramite mia madre e mio cugino, circa 300-500 milioni di lire alla volta, una somma complessiva di 5-6 miliardi. Mio cognato veniva a prenderli a casa di mia mamma che glieli preparava...».
I soldi vengono poi investiti, almeno in parte, da Michele Brotini, «un broker finanziario che mi ha segnalato mio cognato». A dirla tutta, non sempre gli affari vanno bene, come quando Maniero scopre di aver perso 150mila euro a seguito del fallimento di Madoff, in America.
Il patto tradito Insomma, anche dopo essere diventato un collaboratore di giustizia, l’ex boss e tutto il suo entourage hanno denaro a sufficienza per vivere nel lusso. Ma nel 2015 qualcosa si inceppa. «Improvvisamente - spiega l’ex boss - mio cognato ha cominciato a dichiarare di non avere più la liquidità necessaria per le restituzioni che io gli chiedevo e alla fine ha rinunciato a vedermi. Nonostante i miei tentativi non sono più r ius c i to a contattarlo per avere indietro del denaro». Faccia d’Angelo capisce che il cognato (l’ex, in verità, visto che già da tempo ha lasciato Noretta Maniero) sta violando quel loro patto segreto durato oltre trent’anni.
E l’idea che Di Cicco - dentista in un piccolo studio della provincia di Pisa - osi sfidarlo, lo manda su tutte le furie. C’è poi un altro episodio, che porta alla rottura definitiva: tra Natale 2015 e l’Epifania 2016 Maniero viene ricoverato a Verona per un esaurimento nervoso e riceve la visita della sorella della nuova compagna del Di Cicco, che gli promettono di convincere il dentista staccargli un assegno di 20-30 mila euro. È la conferma, secondo gli inquirenti, che «Maniero stava attraversando un periodo di difficoltà economiche».
La vendetta È l’ultima umiliazione: decide di vendicarsi. Se non può riavere i «suoi» soldi, tanto vale dire alla magistratura dove si trovano. Per farlo, occorre dimostrare che lui dava il denaro alla madre e ai suoi più stretti collaboratori e che questi li consegnavano al cognato. Così, per incastrare Di Cicco si presenta a testimoniare anche l’ex braccio destro del boss, Giuseppe Pastore, che il 30 giugno scorso fa mettere a verbale: «I soldi andavano alla madre del signor Felice Maniero. Adesso posso dirlo».
Anche la compagna di Maniero, Marta Bisello, spiega agli inquirenti di aver visto il dentista consegnargli «molte banconote che sicuramente potevano corrispondere a diversi milioni di lire». Per chiudere il cerchio tenta di convincere anche la mamma e la sorella a denunciare il dentista, collaborando con la procura di Venezia.
Ma entrambe prima accettano e poi ci ripensano. Stavolta Felicetto si infuria con Noretta e al telefono la minaccia: «Guarda che se la mamma fa un’ora di carcere vengo giù e ti spacco la faccia». È convinto che non voglia testimoniare per paura di perdere definitivamente il tesoro che lui ha accumulato, e che per questo abbia fatto desistere anche la madre.
Le manda degli sms al veleno: «Che intelligentona! Hai capito tutto come sempre! Non me ne frega un c. di quello che pensi, visto che non capisci che probabilmente la più colpevole sei tu, che sei una Santa. Io sono stato interrogato e ho detto la verità. Se la mamma non dice la verità prenderà una dura condanna e morirebbe in galera, sola e ammalata. (...) Invece se dice la verità non andrà nemmeno dentro! Sarai tu che deciderai che fine farà la mamma».
Alla fine, anche stavolta Maniero ha ottenuto ciò che voleva: l’ex cognato è finito in carcere, la madre è indagata ma resta a piede libero. E pazienza se la sua vendetta è costata l’arresto di Brotini...