
VESTITO PER COMANDARE – LE IMMAGINI DI PUTIN IN TUTA MIMETICA PER LA PRIMA VOLTA DALLO SCOPPIO DELLA GUERRA SONO UN MESSAGGIO POLITICO. E ARRIVANO DOPO IL CASO DELLA POLO DI ZELENSKY, DERISA DA TRUMP NELL’AGGUATO ALLA CASA BIANCA – ANTONIO RIELLO: “MAO E STALIN SI FACEVANO VEDERE CON ABITI FRUGALI E MILITARESCHI PERCHÉ CONTADINI E OPERAI SI POTESSERO IDENTIFICARE CON FACILITÀ. OGGI IN OCCIDENTE IL VERSANTE POPULISTA CONTINUA A PRIVILEGIARE UN FORMALISMO CLASSICO: CAMICIA BIANCA, COMPLETO GIACCA PANTALONI, CRAVATTA E POCHETTE. C’E’ DA CONVINCERE L’AMPIA PICCOLA BORGHESIA STORDITA DAI CAMBIAMENTI…”
Antonio Riello per Dagospia
vladimir putin con la mimetica a kursk
I media hanno appena mostrato le immagini di un Vladimir Putin militarizzato che, per la prima volta dallo scoppio della guerra in Ucraina, veste la tuta mimetica verdolina delle forze armate russe. Messaggio tempestivo, sintetico e piuttosto chiaro per tutti. Si sa, gli abiti silenziosamente sanno dire molto sulla natura (e sulle intenzioni) di chi li indossa.
La polo di Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca e’ stata pubblicamente derisa - considerata “poco adatta” - da Donald Trump e dal suo vice JD Vance. Su questo ormai celebre indumento (non così casual come si potrebbe pensare: vi compare comunque, ricamato, un elaborato tridente simbolo della nazione ucraina, si chiama tryzub) il supplemento settimanale del Financial Times intervista Elvira Gasanova, la stilista ucraina che l’ha disegnato.
Lei era la sarta della moglie di Zelensky, Olena Zelenska, prima del conflitto. Adesso è la “style advisor” del presidente che non appare mai in pubblico senza averla prima consultata.
L’abbigliamento attuale di Zelensky non è solo pratico (polo nera o verde-oliva con cerniera, felpa verde-oliva, comodi pantaloni “cargo” con tasconi). E’ soprattutto un segnale di solidarietà con i soldati del paese e - in generale - un costante ed evidente richiamo alla situazione bellica. Una strategia per apparire più sicuri e coraggiosi: l’uniforme del capo-guerriero.
La signora Gasanova racconta - quasi uno scoop geopolitico - di aver disegnato (e fornito) a Zelensky una giacca nera abbastanza formale proprio per la visita a Washington, sapendo delle preferenze ideologico-sartoriali di questa amministrazione americana. Ma all’ultimo momento il presidente ha deciso di non indossarla (chissà se sarebbe cambiato qualcosa, se l’avesse fatto).
Al momento sta lavorando per lui su alcune tute da casa (dei pigiami praticamente): “così puo’ riposarsi finalmente”. Magari è un indizio su un prossimo disimpegno di Zelensky.
Fatto sta che il minimalismo funzionale che caratterizza Zelensky e’ abbastanza in sintonia con lo stile dei maschi “liberal” di classe medio-alta che vivono in Occidente. Un modo di vestire che privilegia il comfort a discapito del formalismo sartoriale. La cravatta solo in certe (ormai poche) situazioni dove ancora è ritenuta necessaria. Il colore deve esser molto controllato e in piccolissime dosi. I loghi aziendali in bella vista (più sono noti e trendy e peggio è) vengono rigorosamente evitati. La marca riconoscibile viene percepita come volgare ed inutile esibizione: un senso di debolezza sociale.
Sono piuttosto i materiali (tecnici o comunque pregiati) che portano l’idea di un certo benessere se non addirittura di un lusso. Un lusso sempre più disimpegnato e praticamente invisibile (se non per quei pochi che possiedono i codici per decifrarlo). È come essere membri di un club assai esclusivo: solo i soci, attraverso il riconoscimento di certi piccoli dettagli, ti possono identificare come tale.
Ma le masse hanno bisogno di altro. Mao e Stalin si facevano vedere con abiti frugali e militareschi perché contadini e operai si potessero identificare con facilità. Hitler si mostrava in pubblico come “il soldato della Germania” (aveva sempre con se’ la croce di ferro assegnatagli durante la Grande Guerra). Francisco Franco era vestito da generalissimo anche quando andava a dormire. Mussolini solleticava il lato vanesio, retorico e latino (nel senso del Latin Lover) del maschio italiano.
Ai nostri tempi, il versante populista, in corsa verso il potere, continua a privilegiare un formalismo classico. Il “popolo” in Occidente si sente al sicuro nella tradizione e riconosce rispettabilita’ (e probabilmente anche credibilita’) a chi la tradizione la segue senza esitazioni. In pratica c’e’ da convincere una sorta di ampia piccola borghesia stordita dai cambiamenti (e allargata ai resti della classe operaia, pensionati compresi). Chi si ritiene “rappresentante del popolo” dunque oggi sembra non possa prescindere da camicia bianca, completo giacca pantaloni, cravatta e magari anche la pochette.
Proprio il fazzoletto da taschino (che gli inglesi chiamano square) sta diventando un elemento irrinunciabile di questo codice che deve essere capace di rassicurare per bene gli indecisi. Il vice di Alice Weidel leader di Alternativa per la Germania, Tino Chrupalla, ne ha una collezione che esibisce senza fallo (ma con una certa discrezione quasi elegante). In Austria Herbert Kickl (del Partito della Liberta’) ne e’ rigorosamente provvisto.
La destra statunitense non fa eccezione: Stephen Miller (importante collaboratore di Trump) lo sfoggia anche quando non e’ al lavoro, Tucker Carlson, commentatore di Fox News e noto per essere un fanatico del “suprematismo bianco” non lo molla mai. Va detto che Trump (sempre in giacca e cravatta) pero’ non lo porta. Forse lui non ha nemmeno piu’ bisogno di rassicurare.
The Empire of Fashion - Gilles Lipovetsky
Nel Bel Paese le cose vanno in modo particolare. Forse perche’ gli italiani ne sanno una piu’ del diavolo in fatto di moda. Per iniziare il campione incravattato e indiscusso della pochette e’ il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. Dove invece ci si aspetterebbe di vederla - a destra - non c’e’: Salvini di solito ha una mise piuttosto informale e rilassata (e comunque anche quando indossa la giacca non c’ha mai la pochette). E poi c’e’ lo stivalato tribuno del popolo (di sinistra) che teorizza l’ormai celebre “diritto all’eleganza” (con griffe inclusa). In politica solo le donne (Meloni e Schlein) sembrano seguire abbastanza lo schema previsto.
Qualcuno a questo punto pensera’ che queste sono tutte chiacchiere oziose e che invece sono le idee politiche quelle che contano sul serio. Forse e’ cosi’. Ma fior fiore di sociologi, storici e politologi hanno speso ricerche e saggi sull’argomento (Cynthia Miller-Idriss, Lauren Rothman tra i tanti).
Gilles Lipovetsky ha scritto addirittura un magnifico libro: “The Empire of Fashion, Dressing Modern Democracy”. Inoltre e’ assodato che l’intelligente, colto e carismatico Yanis Varoufakis (l’ex ministro greco anche noto come “Mister Super-Casual”) non l’ha piu’ votato nessuno in Grecia. Non e’ che sia stato anche per colpa della sua proverbiale e caotica sciatteria nel vestire?
matteo salvini
volodymyr zelensky in polo alla casa bianca con donald trump
le polo di Elvira Gasanova indossate da volodymyr zelensky
stephen miller
gianis varoufakis 1
gianis varoufakis
tino chrupalla
tucker carlson