giocattolaio piazza san cosimato moana pozzi giuseppucci

C'ERA UNA VOLTA A TRASTEVERE – “VI RACCONTO DI QUANDO ‘ACCOPPARONO’ 'ER NEGRO' FRANCO GIUSEPPUCCI, UNO DEI CAPI DELLA BANDA DELLA MAGLIANA” – I RICORDI DEL GIOCATTOLAIO DI PIAZZA SAN COSIMATO: “COI PROIETTILI 'N PANZA, SFRECCIA QUA DAVANTI E 'MBOCCA AL PRONTO SOCCORSO. NUN VOLEVA PROPRIO STIRA'” – E UNA MATTINA APPARVE MOANA: "LA VIDI E ME SE MOZZÒ IL RESPIRO. S'AGGIRAVA FELICE TRA GLI SCAFFALI, COME SE FOSSE TORNATA BAMBINA” – E POI PARLA DI MARTINA STELLA, LELLO ARENA E DELLA “POETICA” CAPOTONDI

Fabrizio Peronaci per Il Corriere della Sera - Roma

 

giocattolaio piazza san cosimato

L' ironia non gli manca.

Esce dal suo bugigattolo affacciato su piazza San Cosimato, facendosi largo tra gli scaffali colmi di Barbie, Lol Surprise e super eroi, e lancia un' occhiata alla vetrina brunita a fianco. 

 

 

«Lo sai che a Napoli pagano bei sordi pe' avecce 'n vicino come il mio?» Già, una figata: onoranze funebri. «Dicono che porta fortuna» Roberto Palma, 71 anni, er giocattolaro di Trastevere, dai tempi in cui abitava con padre, madre, fratello e sorella in una stanza in subaffitto in via Mameli («il bagnetto era sempre occupato e si me scappava la facevo in cortile, pijando 'n sacco de pizze dalla sora Cesira») sì che ne ha viste tante. E mica solo favole a lieto fine «Ce l' hai presente er Negro? Giuseppucci, vojo di' Uno dei capi della banda della Magliana?» Sì, ma non per averlo frequentato di persona... «Franco, insomma!

franco giuseppucci er negro

 

Quel sabato, come ar solito, era stato alla bisca, tre serande più avanti, dove ora c' è il ristorante. Esce, sale sulla R5, due in moto accostano e je sparano quasi a bruciapelo».

Correva l' anno 1980: i tifosi giallorossi erano in fibrillazione per l' arrivo dal Brasile di un certo Paulo Roberto Falcão, ma a partire da quel 13 settembre la cronaca nera balzò in primo piano. «Franco era uno tosto.

 

Già in coma, coi proiettili 'n panza, accenne er motore, sfreccia qua davanti, perché all' epoca nun c' era er senso unico, svolta in via Morosini e 'mbocca al pronto soccorso del Regina Margherita. Nun voleva proprio stira'» E dunque Roma com' era, raccontata da chi c' era? Prendi San Cosimato, la piazza-paese di Trastevere. In tempi recenti ha vissuto momenti di gloria con i film all' aperto: il tutto esaurito c' è stato, guarda caso, quando Gigi Proietti è venuto a parlare di "Febbre da cavallo".

 

franco giuseppucci er negro

È il fascino degli anni Settanta: belli, sanguigni e anche parecchio mitizzati, grazie a certe serie tv. «Bei tempi, quanno accopparono er Negro» Tesi ardita, eppure fascinosa: se la città ha smarrito la sua anima e s' è incarognita - a sentir loro, i trasteverini doc - è anche perché i cattivi della bdM non ci sono più. «Il Dandi e compagnia hanno sbajato, certo. Quanno so' entrati ner traffico de droga, se so' montati la testa. Ma prima, in un certo senso, nun erano male. Garantivano protezione, site conoscevano te rispettaveno» Nostalgia canaglia. Roberto er giocattolaro per lavoro regala sogni e sorrisi («Cosa c' è di più bello degli occhi di un bimbo che scarta i pacchi di Natale?») e forse per questo è incline al romanticismo. «'Na volta eravamo 'na comunità, lo spirito popolano si sentiva. Le battute, le pacche sulle spalle, la solidarietà spontanea davano umanità, calore. Al norcino je dicevi: ahò, te pago a fine mese Giù in via Morosini, al vini e oli, fasse 'n goccetto col sor Attilio era 'n piacere».

moana pozzi

 

Sulla piazza aprivano quattro forni. I reduci, oltre a lui, sono Gianni er feramentaro, più su, dove c' era il cappellaro e ora l' ottico, e Bruno il tappezziere, che al Negro quel giorno staccò due assegni per debiti di gioco, poi trovati in tasca al morto. L' unico grande magazzino era la Standa, a viale Trastevere. «Oggi invece è tutto snaturato, dettano legge i mini-market bengladini!» Come se ne esce, Roberti'?

 

«Intanto dando foco a 'sti aggeggi!» Ed estrae dalla tasca il telefonino. «Ormai so' tutti digitalizzati. La gente passa e nun stacca l' occhi dall' iPhone.

MOANA POZZI

Nun chiedono più neanche 'ndo 'sta Santa Maria, o er Fontanone. Vanno su Google map, se fidano e magari se ritroveno a Caracalla. Ascolta a me: arriveremo al punto che i bambini la Befana se la faranno veni' a casa con un clic».

 

Quelli della bdM saranno stati pure malacarne, ma quanto ci si divertiva «Arvaro er coloraro l' hai conosciuto?» Mai avuto il piacere. «C' aveva il negozio di vernici. Era un po' tonto e quei 4-5 che comandavano in piazza, da gran fiji de 'na mignotta che erano, lo mettevano in mezzo». Cioè?

 

«Un giorno Arvaro arriva con la 600 fiammante, tutto orgoglioso, e nel parcheggia' nun riesce a anda' 'ndietro. Allora loro che s' inventano? Arva', je dicono, t' hanno venduto la macchina senza retromarcia! Va' a protesta'!» Scherzi memorabili, diventati leggenda. «Lui abbocca e se precipita a viale Manzoni, alla Fiat. Entra e strilla: Capofficina, vie' qua! Che cazz...

avete fatto? Ve siete scordati de monta' la marcia indietro? E loro acquattati all' ingresso, senza fasse riconosce', piegati 'n due dalle risate».

 

CAPOTONDI

Fino a che, quando meno te l' aspetti, la fatina in negozio ci entra davvero. In carne e ossa.

Una fatina superdotata... «Era 'na mattina sotto Natale, 'na trentina d' anni fa. Quant' era bella! Io stavo in fondo, alla cassa, e lei, Moana Pozzi, spuntò all' ingresso. Mi può aiutare?» Ci passava a fatica, in questo pertugio... «Te confesso, me se mozzò il respiro. S' aggirava felice tra gli scaffali, come se fosse tornata bambina.

 

Comprò 'n sacco de regali, bambole, pupazzi, macchinette, spendendo 4-500 mila lire.

Forse erano pe' i nipoti, oppure pe' beneficenza...» Passato, presente. E la clientela di oggi? «Martina Stella passa spesso, sua mamma abita a Natale del Grande e qui fa scorte di bambole per la nipotina. Lello Arena è appassionato di tartarughe Ninja, più lui de su' fijo. Cristiana Capotondi, che è cresciuta in via Dandolo, ora che è diventata 'na vip nun s' è dimenticata di me» Tempo fa, racconta, l' attrice è passata a salutarlo. «Tu rimarrai il mio giocattolaio per sempre, m' ha detto». Che, a ben pensarci, è un complimento poetico, bellissimo. E una fotografia perfetta della Roma che fu.

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jessica rizzo moana pozzi

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