AVEVA RAGIONE UMBERTO ECO QUANDO DICEVA CHE CON I SOCIAL È STATA DATA LA PAROLA A LEGIONI DI IMBECILLI - IL FILOSOFO FRANCESE MAXIME ROVERE: “NON SONO AUMENTANTI MA CON NTERNET SONO DIVENTATI PIÙ VISIBILI, RUMOROSI, INVADENTI E ORGANIZZATI. ALLO STESSO TEMPO SI È ABBASSATA LA SOGLIA DI TOLLERANZA VERSO TUTTO CIÒ CHE CI OSTACOLA. SOPPORTIAMO SEMPRE MENO – L’IMBECILLITÀ SI È DEMOCRATICIZZATA, LA PUOI INCONTRARE NELLE ELITE COME NEI CETI POPOLARI”
Estratto dell’articolo di Marco Cicala per “il Venerdì di Repubblica”
Nell'Agosto del 1944, durante la liberazione di Parigi dai nazisti, la prima jeep degli Alleati che fece ingresso nella capitale recava sulla carrozzeria una scritta concisa e battagliera: Mort aux cons ("Morte agli imbecilli", se non "agli stronzi"). Notandola, il generale de Gaulle commentò: «Vasto programma…».
Già, perché la battaglia contro l'imbecillità è antica quanto il suo nemico. Nemico che non risparmia nessuno. Siamo sempre gli idioti di qualcun altro. Ciò detto, sarà possibile tracciare una Storia dell'imbecillità? Se sì, chi è l'imbecille contemporaneo? Dove e come si manifesta o si nasconde? In che modo riconoscerlo? Esiste un vaccino contro? Qualche risposta ce la fornisce il libro Cosa fare con gli imbecilli (per non restare uno di loro), edito da Mondadori. Lo ha scritto Maxime Rovere, classe 1977, filosofo francese, specialista di Spinoza, Seneca, e ora anche di imbecillità. […]
COSA FARE CON GLI IMBECILLI - Maxime Rovere
E uno si chiede: l'imbecillità sarà aumentata o saranno invece aumentate le sue occasioni di mostrarsi e di nuocere?
«Gli imbecilli non sono aumentati. Ma, con il concorso di media e social, sono diventati più visibili, rumorosi, invadenti, organizzati. Allo stesso tempo si è però abbassata la nostra soglia di tolleranza verso tutto ciò che, nell'accelerazione della vita quotidiana e nel moltiplicarsi degli scambi comunicativi, ci ostacola, intralcia, ritarda, ci importuna, o meglio: ci frustra.
Da consumatori abituati a essere soddisfatti nell'attimo di un clic, sopportiamo sempre meno le persone o le situazioni, anche minime, che ci frustrano. E abbiamo l'impressione di un'imbecillità generalizzata, onnipresente, che ci assedia. È "un imbecille" quello che ci taglia la strada sul monopattino elettrico, è "un imbecille" quello che mentre usciamo da un vagone della metropolitana incespica bloccando il flusso… Tutti imbecilli». […]
Da allora però l'imbecillità ha fatto progressi, si è democratizzata: è trasversale alle classi sociali e alle simpatie politiche.
«Assolutamente. La incontri nelle élite come nei ceti popolari. L'imbecillità non è proporzionale al reddito o al livello di educazione. Allo stesso modo, gli anticorpi contro l'imbecillità, e cioè l'empatia, la generosità, l'attenzione possono svilupparsi ovunque».
Però assistiamo a un paradosso: da un lato l'insulto viene sdoganato, dall'altro, ciò che chiamiamo "politicamente corretto" inibisce ogni minimo sgarro linguistico. Un duello senza quartiere.
«Le nostre società hanno grosse difficoltà ad accordarsi su una lingua comune. La generazione di chi oggi ha meno di trent'anni è estremamente sensibile a tutto ciò che nei discorsi può escludere o ferire. Il "politicamente corretto" non è una censura di tipo fascista, ma adottato astrattamente rischia di prescindere dai contesti, dalle situazioni in cui certe parole vengono pronunciate e da chi e come le pronuncia. In questo senso può rivelarsi d'ostacolo all'espressione e al tentativo di incontrarsi in una lingua condivisa».
BAGNAIA - CARTELLO PER IMBECILLI E CORNUTI
Specialmente in politica.
«È comprensibile che in politica si ricorra a un discorso formalizzato, neutro: il "politichese". Ma anche lì bisogna stare attenti, perché con un linguaggio troppo asettico e levigato si perde il contatto con l'emotività, mentre un eloquio troppo sanguigno scivola facilmente nell'insulto e nell'aggressività». […]
Recentemente, Salman Rushdie ha definito il suo aggressore "an idiot": perfino lui avrebbe dovuto moderare i termini?
«Al contrario. Quella di Rushdie mi sembra una risposta di grande intelligenza. Perché con quelle parole lo scrittore non si vittimizza, non esprime odio né criminalizza l'aggressore.
Non lo vede come l'incarnazione del Male, ma lo riconosce come una vittima dell'idiozia. Mi pare una bella prova di sensibilità intellettuale».
Insomma, qual è la terapia per contenere i disastri dell'imbecillità?
«Per esempio non affidarsi sempre ed esclusivamente allo Stato e alla Legge per ricomporre i conflitti. Le leggi ci proteggono, ma non totalmente: intervengono soprattutto nei casi estremi e arrivano spesso in ritardo. È certo importante che ci siano leggi a protezione delle donne maltrattate. Ciononostante, i maltrattatori continuano a esistere».
Quindi?
«Quindi si dovrebbe lavorare sui metodi educativi. In modo che le donne non si sentano più vittime e tra gli uomini nascano forme di solidarietà contro i maschi violenti». […]