DAGOREPORT: 100 SCALFARI MENO UNO - NON È SOLTANTO TELE-MELONI A CENSURARE GLI SCRITTORI: C'E' ANCHE IL GRUPPO GEDI – IL LIBRO SUL CENTENARIO DI SCALFARI CURATO DA SIMONE VIOLA, NIPOTE DI EUGENIO, IN EDICOLA INSIEME A ‘’REPUBBLICA’’, SQUADERNA CENTO INTERVENTI DI ALTRETTANTI TESTIMONIAL, TRANNE QUELLO INNOCUO E DEL TUTTO PERSONALE DI GIOVANNI VALENTINI, EX DIRETTORE DELL’ESPRESSO - LE SUE CRITICHE, MANIFESTATE SUL "FATTO QUOTIDIANO" SULL’OPERAZIONE “STAMPUBBLICA” E POI NEL SUO LIBRO SULLA PRESA DI POSSESSO DEL GIORNALE DA PARTE DI ELKANN, GLI VALGONO L’OSTRACISMO E LA DAMNATIO MEMORIAE – IL TESTO CENSURATO…
DAGOREPORT
Non è soltanto la Rai a censurare gli scrittori. C’è anche il Gruppo Gedi, editore di Repubblica e della Stampa, che censura gli scrittori e i giornalisti. Questa storia comincia (bene) nell’agosto 2023 e finisce (male) con vari colpi di scena il 6 aprile scorso, giorno in cui ricorrono cent’anni dalla nascita di Eugenio Scalfari. Ed è documentata da un fitto scambio di messaggi a distanza tra i due principali protagonisti.
Prologo. Il 18 agosto 2023 Giovanni Valentini, uno dei 27 fondatori di Repubblica citati da Scalfari nel suo famoso libro La sera andavamo in via Veneto, già direttore del settimanale L’Espresso e vicedirettore del quotidiano, riceve un WhatsApp da Simone Viola, figlio di Donata Scalfari e nipote di Eugenio. In vista del centenario di suo nonno, il giovane aspirante scrittore sta raccogliendo ricordi e aneddoti da vari personaggi che lo hanno conosciuto “per fare un piccolo libro”. E aggiunge: “Ho pensato naturalmente a te che credo avrai mille racconti da fare”.
eugenio scalfari - giovanni valentini
Dopo aver ringraziato l’interlocutore per l’invito, dichiarandosi disponibile a incontrarlo, Valentini gli risponde dall’estero che sta per consegnare alla casa editrice “La nave di Teseo” un memoir, intitolato “Il romanzo del giornalismo italiano” e destinato a uscire alla fine di ottobre, in cui parla dei giornali nei quali ha lavorato nell’arco di cinquant’anni e in particolare di Repubblica e dell’Espresso, con un capitolo interamente dedicato a Scalfari (“Una vita con Barbapapà”).
I due si danno appuntamento il 4 settembre al “Cigno”, un bar all’aperto in viale Parioli a Roma. Durante il lungo colloquio, Valentini ricorda fra l’altro di essere stato assunto tre volte da Eugenio nel suo quotidiano: nel 1976, alla fondazione del giornale; nel 1981 presso la redazione di Milano, dopo aver diretto L’Europeo e i quotidiani veneti del Gruppo Caracciolo; e ancora nel ’91 dopo i suoi sette anni di direzione dell’Espresso.
Il primo colpo di scena arriva il 3 ottobre. “Stavo rileggendo gli appunti presi quando ci siamo incontrati per il mio libro”, esordisce Viola nella chat. E poi chiede a Valentini di riassumere in una trentina di righe le sue tre assunzioni a Repubblica, “inserendo elementi personali come lo hai raccontato a me”.
Poi precisa di aver chiesto a tutti gli intervistati di raccontare direttamente un episodio, aggiungendo: “E non puoi certamente mancare tu!”. Il giornalista scrive una cinquantina di righe, lasciando al futuro autore la facoltà di tagliare dove e quanto vuole. L’indomani Viola lo sollecita a ripetergli alcune frasi del nonno che il giornalista gli aveva già riferito a voce: “Se vuoi posso aggiungerle io, ho preso appunti e poi te lo rimando così vedi”.
Nel frattempo, a fine ottobre esce il “Romanzo del giornalismo” di Valentini e l’autore ne fa recapitare cortesemente una copia al nipote di Scalfari. Il quale risponde: “Ho letto il tuo libro. Mi è molto piaciuto e divertito. Prenderò qualche spunto per arricchire il mio libro se me lo permetti”. Il giornalista riceve la bozza del testo il 21 novembre, lo rilegge, ci rimette un po’ le mani e il giorno dopo lo restituisce al mittente a stretto giro di posta elettronica.
Giovanni Valentini con Eugenio Scalfari (1984)
Ma il 27 novembre c’è il colpo di scena più grosso. Il nipote di Scalfari telefona a Valentini e in undici minuti di conversazione gli racconta che il management di Repubblica, giornale insieme al quale dovrebbe uscire il libro sul nonno, gli ha posto tali condizioni e fatto tali richieste di modifiche che lui s’è opposto e ha deciso di cercarsi un altro editore.
Fra l’altro, Simone rivela che la telefonata è arrivata alla zia Enrica, esperta fotografa e titolare dell’agenzia Agf che fornisce da sempre foto a tutto il gruppo, quasi a mettere in discussione un consolidato rapporto di collaborazione. Il giornalista si complimenta con il giovane amico e stigmatizza il comportamento dei dirigenti di Gedi. Commenta Viola in tono risentito: “Pessimi. Ma quelli che ci hanno perso sono loro, e questa cosa in un modo o nell’altro verrà fuori”.
L’indiscrezione trapela e il 10 febbraio appare sul Fatto Quotidiano, ma non viene smentita né da una parte né dall’altra. E allora, il 16 febbraio, Valentini si offre di aiutare il nipote di Scalfari a contattare qualche altro editore. Risposta: “Stiamo sentendo un po’ di case editrici. Ti faccio sapere”. Ma da quel momento scatta improvvisamente il black out.
Epilogo. Il giovane Viola non si fa più sentire, non telefona e non scrive più al giornalista che lui stesso aveva ripetutamente interpellato. Fino a quando, il 6 aprile, il libro sull’anniversario del nonno arriva in edicola insieme a Repubblica, con cento interventi di altrettanti testimonial, tranne quello innocuo e del tutto personale di Valentini. Censurato per lesa maestà dal gruppo Gedi che fa capo alla famiglia Agnelli-Elkann: le sue critiche, manifestate pubblicamente prima sull’operazione “Stampubblica” e poi nel suo libro sulla presa di possesso del giornale da parte dell’ex Fiat, gli valgono l’ostracismo e la damnatio memoriae.
“Di tutto questo – commenta ora il giornalista – non mi meraviglio e non mi dispiaccio più di tanto. Mi offende, invece, il comportamento del giovane Viola e dei suoi familiari. Non solo hanno accettato e subìto la censura, ai danni dell’autore e miei, ma non mi hanno neppure avvertito dell’omissione prima che il libro uscisse. Una mancanza di stile e di correttezza che Eugenio non avrebbe mai commesso”.
IL TESTO “SCOMPARSO’’ DI GIOVANNI VALENTINI
Per me, Eugenio Scalfari è stato più di un secondo padre. Non solo per ragioni professionali, ma anche per motivi personali di amicizia e di affetto. Ho vissuto, lavorato, sofferto e gioito più con lui che con mio padre, al quale pure mi legavano un rapporto affettivo profondo e la passione civile per il giornalismo.
Nonostante una vita trascorsa insieme, non riuscivo a chiamarlo Eugenio - tranne qualche rara volta in privato - ma sempre direttore. Poi, negli ultimi tempi, lo chiamavamo “Maestro” - con la M maiuscola - come lui chiedeva con quel suo humour che lo ha sempre contraddistinto. Chi ha lavorato con lui ricorderà le battute che dispensava quotidianamente.
Durante la riunione redazionale del mattino, da noi denominata “la messa cantata”, riprendeva chi insisteva troppo e la tirava per le lunghe: “Ma tu vuoi polemizzare con le notizie?!”. O ancora, verso la fine della riunione, quando arrivava il turno degli Spettacoli, i colleghi che si occupavano di cinema - Orazio Gavioli, Irene Bignardi - che proponevano articoli o recensioni su film di nicchia in uscita, venivano rimbeccati così: “A voi piacciono i film che non piacciono alla gente!”.
Un giorno Eugenio arrivò tutto fiero e impettito, in un elegante completo grigio di taglio sartoriale. E noi, ammirati e anche un po’ invidiosi, lo accoglieremo con un “Oooh!” di meraviglia in coro. “È un abito di Caraceni, me ne sono fatti fare cinque…”, rispose provocatoriamente per prenderci in giro. E poi, in tono canzonatorio, aggiunse fra l’ilarità generale: “Impiegati! Voi dovete convincervi che siete impiegati”.
Ho condiviso con Scalfari quasi cinquant’anni di vita, di cui buona parte a Piazza Indipendenza. A cominciare dai “numeri zero” di Repubblica nel 1975 fino al 1977, anno in cui passai all’Europeo. “Quando il gallo canterà, non sarai più con noi in Paradiso”, mi canzonava Eugenio ad alta voce passando alle mie spalle tra le scrivanie in redazione, manifestandomi in modo scherzoso il suo disappunto per la mia partenza.
EUGENIO SCALFARI - GIANNI ROCCA - MAURO BENE - GIOVANNI VALENTINI REPUBBLICA
E poi, successivamente, quando andai nel 1981 alla redazione milanese di Repubblica e nel ’91 di nuovo a Roma, dopo la direzione dell’Espresso. Gli anni passati con Barbapapà, affiancato dal “Principe rosso” Carlo Caracciolo, sono stati senz’altro i più intensi ed entusiasmanti della mia esperienza professionale.
Quando chiamai Eugenio il 6 aprile del 2019, per fargli - come sempre - gli auguri per il suo compleanno, lo trovai di ottimo umore. “Mi fa piacere sentirti, anche perché oggi per me è un giorno molto importante”, mi accolse al telefono con la voce appena arrochita dall’età avanzata.
eugenio scalfari e il gruppo di repubblica
Sulle prime, non riuscivo a capire a che cosa si riferisse. Per discrezione, non gliene domandai subito il motivo. Poi, girandoci un po’ attorno e approfittando di una pausa, lo interruppi: “Ma perché prima mi hai detto che questo per te è un giorno molto importante?”.
“Vedi”, mi rispose, tutto compiaciuto per aver stuzzicato la mia curiosità, “io voglio diventare centenario. E oggi, a novantacinque anni, entro nella seconda metà dell’ultimo decennio”. Gliene sono mancati solo due, di anni, per raggiungere quel traguardo secolare. E ancor oggi, Barbapapà è rimasto nei nostri cuori e nelle nostre menti. Una presenza costante, quotidiana, insostituibile.
GIOVANNI VALENTINI - IL ROMANZO DEL GIORNALISMO ITALIANO giorgio forattini e eugenio scalfari ai tempi della fondazione di repubblicaeugenio scalfari nell ultima riunione di redazione a repubblica