DALL’INIZIO DELLA PANDEMIA, IN ITALIA SONO TRIPLICATI I MORTI D’INFARTO – IL CTS: “LA SCORSA PRIMAVERA ABBIAMO TOCCATO QUASI IL 50% IN MENO DELLE OSPEDALIZZAZIONI DOVUTE ALL'INFARTO DEL MIOCARDIO” – LE CAUSE DI QUESTO CALO SONO I LOCKDOWN E LA PAURA DI PRENDERE IL COVID NEGLI OSPEDALI - INTANTO IL 34,8% DEI DECESSI È LEGATO A UNA MALATTIA CARDIOVASCOLARE
Claudia Osmetti per "Libero quotidiano"
Non c'è solo il Covid, ma il Covid (alla fine) incide su tutto. In Italia, da quando è iniziatala pandemia, sono triplicati gli infarti.
Lo dice il coordinatore del Cts, il Comitato tecnico scientifico che da un anno e mezzo snocciola i numeri e le statistiche dell'emergenza sanitaria: purtroppo abbiamo registrato una «riduzione delle ospedalizzazioni dovute all'infarto del miocardio. La scorsa primavera abbiamo toccato quasi il 50% in meno, con un numero triplo di morti associati a questa patologia miocardica infartuale acuta».
Non è una bella notizia, per niente. Perché significa che sì, adesso cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel grazie alla vaccinazione di massa che sta dando i suoi (sperati) frutti, ma allo stesso tempo no, non abbiamo finito di combattere (specie se in maniera indiretta) con il Coronavirus. C'è l'arretrato da recuperare, ci sono le cure mancate o ridotte con cui fare i conti. Non finirà tanto presto.
RIDUZIONE
«Abbiamo osservato», continua Locatelli, «una riduzione superiore del 50% sia per le mammografie che per la ricerca del sangue occulto nelle feci e negli screening del cancro della cervice uterina». Colpa della pandemia, dei lockdown, di quando stavamo tappati in casa (ma d'altronde non potevamo fare altro) perché uscire anche solo a fare la spesa era un rischio che nessuno di noi voleva correre.
Ce li ricordiamo tutti, quei mesi: le visite saltate, le operazioni rinviate, i pronto soccorso trasformati in reparti Covid. «Negli Stati Uniti», specifica il Cts e sarà pure una magra consolazione ma vuol dire che è così in mezzo mondo, «si stima che nei prossimi dieci anni ci saranno 10mila morti addizionali per carcinoma mammario o del colon retto dovute a diagnosi tardive».
Da noi è anche un fatto di cuore, letteralmente. Il 34,8% dei decessi italiani è legato a una malattia cardiovascolare e gli esperti lo dicono chiaro: c'è stato, ultimamente un parziale recupero dei ritardi diagnostici causati dal Coronavirus, ma non basta. Tocca fare di più.
LA RICERCA
Sono stati 3.212 i nuovi casi di Covid registrati nelle ultime 24 ore in Italia. Sempre nelle ultime 24 ore, i morti sono stati 63 (due in meno di martedì), per un totale di 130.870 dall'inizio della pandemia. I ricoveri ordinari sono 3.317, con una calo di 101 unità rispetto ai 3.418 di martedì, mentre le terapie intensive sono 450 (nove in meno, con ventitrè ingressi del giorno).
Secondo una ricerca del gruppo farmaceutico Sanofi, a giugno del 2021 le diagnosi e i trattamenti di soggetti a rischio cardiovascolare sono aumentati rispettivamente del 3 e del 10% in relazione allo stesso periodo del 2019. Tuttavia, le statistiche degli ultimi anni parlano di circa 120mila persone coinvolte da infarto ogni dodici mesi, da Nord a Sud dello stivale, 25mila delle quali muoiono prima ancora che arrivi l'ambulanza a sirene spiegate.
Triplicare il numero (seppure solo il primo e anche mentalmente) fa rabbrividire. «Il Covid-19 è diventata la quarta causa di morte nel nostro Paese», spiega Locatelli. Punto primo, se lo segnino i negazionisti che ancora non ci credono e, di contro, abboccano a qualsiasi panzana complottaste si pari loro davanti.
Lo dicono i numeri, lo dice la scienza: non si scherza. Punto secondo: seppure faccia paura, dobbiamo tenere a mente che, purtroppo, si continua a morire anche d'altro. «Negli Stati Uniti», chiosa il coordinatore del Cts che è anche presidente del Consiglio superiore di Sanità (il Css), «la mortalità da covid-19 rappresenta addirittura la terza causa di morte nel 2020.
Ma oltre a questo carico di dolore, c'è la chiara evidenza che la pandemia ha portato a un'alterazione o addirittura a un'interruzione dei servizi nelle prestazioni sanitarie offerte. Il 94% dei Paesi che hanno risposto all'Oms (ossia all'Organizzazione mondiale della sanità, ndr) ha riportato un'alterazione dei servizi sanitari offerti». È meglio correre ai ripari, finché siamo in tempo.