DANIELE DEL GIUDICE, "IL VISIONARIO CHE AMAVA I DOORS" – DARIO SALVATORI IN LODE DELLO SCRITTORE E GIORNALISTA, SCOMPARSO NEL 2021, CHE SU “CIAO 2001”, UN SETTIMANALE MUSICALE MOLTO IN VOGA TRA I GIOVANI, VERGO’ ARTICOLI MEMORABILI SU JIM MORRISON E COMPAGNI (“L'ODIO CHE NOI EUROPEI CERCHIAMO DI PLACARE NEGLI SCHEMI ALTERNATIVI DELL'IDEOLOGIA MARXISTA, IN AMERICA SI SFOGA NELLA RICERCA DEL SOGNO, DEL PRIMORDIALE") - SAPEVA TUTTO SUI PINK FLOYD, DALLA CASA DI CURA DI SYD BARRETT, IL FONDATORE DEL GRUPPO, FINO ALLE LITI EPOCALI…
Dario Salvatori per “Ciao2001”
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Con Daniele ci siamo visti l'ultima volta nel 2012, al Salone del Libro di Torino. Lui era lì per una presentazione, ci siamo abbracciati e subito sono arrivate risate a chi ne ricordava di più. Nel 1971, per esempio, la Fonit Cetra stava per lanciare un disco di Tito Schipa Jr. (figlio del grande tenore Tito Schipa) e il direttore, Saverio Rotondi (direttore da pochi mesi) mi chiese di intervistarlo, i suoi ci credevano molto.
Il brano era Combat, molto lontano dal suo precedente lavoro, ORFEO 9, un musical che era stato eseguito al Piper di Roma nel 1968, molto prima che arrivasse TOMMY degli Who. Schipa arrivò con il suo discografico e un fotografo. lo arrivai in ritardo e Tito era già nella stanza del direttore.
Mi scusai e a quel punto apri la porta Daniele Del Giudice, al quale Rotondi aveva chiesto di partecipare all'intervista. Daniele non aveva nessuna voglia di intervistarlo, ma da una settimana provava a chiedere l'aumento dello stipendio. "Daniele, sei talmente bravo - dissi - che se fai così altro che aumento - ci togli il pane di bocca a tutti"
Poi ne vennero giù altre. Come quella volta che disse al direttore che stava per sposarsi quindi aveva bisogno di ferie e di soldi. Rotondi rispettava i sacramenti, anzi, era contento che un ragazzo di ventidue anni mettesse su famiglia. Ovviamente non era vero nulla: Daniele sarebbe volato a Varsavia per prendere parte a uno Young Party di giovani comunisti.
Intanto al Salone del libro di Torino si parlava ancora del suo ultimo lavoro, Orizzonte mobile, edito da Einaudi come tutti i precedenti. Una narrazione che collegava i suoi viaggi di esplorazione nell'Antartide, sia come scrittore che come giovane attratto da altre mete.
Raccontare i giovani
A «Ciao 2001» il ruolo di Daniele Del Giudice fu molto importante da subito. Gli anni Sessanta erano finiti e i Settanta non avevano ancora una linea precisa, quanto meno nell'informazione, al contrario, settimanali e mensili a target giovanile incontravano il gusto, la forza di non promettere bugie. Accanto a lui Emanuela Moroli, che proveniva dalla discografia, collaborava con testate femminili e si era già interessata dell'underground.
Mitica la sua rubrica, "Off": poesie, proteste, apertura di nuovi locali, ragazzi che per non rimanere in fami glia preferivano la "comune", ovvero luoghi di solito fuori dalle città ma sempre vicino al mare, ai laghi, in posti che quasi sempre erano da ristrutturare, spesso senza la luce, dove si viveva con piccoli scambi con l'artigianato. Per risalire alla mia amicizia con Daniele, occorre andare al 1969, quando i due giornali rivali, «Ciao Amici» (nato nel 1963) e «Big» (1965), il primo stampato a Milano, il secondo a Roma, si fusero: cambiò leggermente la testata, arrivò un nuovo direttore, Sergio Marchetti, moderatamente impetuoso.
Daniele era al desk, sapeva fare i titoli, i lanci, gli occhielli, i sommari la scelta delle foto, spesso migliorava i nostri articoli. A Daniele piaceva uscire dalla redazione, armato di registratore e di un fotografo, per andare alla scoperta di tutto ciò che interessava ai giovani: la meditazione trascendentale, le droghe, il servizio militare, il pacifismo, l'antmilitarismo, le lotte studentesche, le scuole occupate, i ragazzi che scappavano di casa.
I quotidiani raramente approfondivano certe tematiche. Daniele - che pure aveva due-tre anni di più di noi - imprimeva cultura, approfondimento, faceva riflettere giovani scrivendo di Che Guevara, Martin Luther King, John Kennedy, Robert Kennedy, Marx, Mao, Marcuse, il '68. Possiedo tutte le annate di «Ciao 2001» e accarezzo da tempo l'idea di raccogliere gli articoli di Daniele Del Giudice.
Articoli puntuali, vergati dal giornalista di razza, ma anche dal cronista che rimane sul pezzo, con interviste prive di fronzoli. Era ancora giovanissimo, ma già si intuiva il visionario che sarebbe diventato. I primi anni del nostro giornale furono gagliardi, furono in tanti voler respirare aria nuova: Federico Zardi, Mino Damato (che divenne una star della tv), Enzo Siciliano, Giovanni Arpino, Walter Mauro.
Le rubriche erano tenute da Fausto Antonini, il quale riceveva 400 lettere al giorno, insegnava a Magistero poiché la facoltà di psicologia ancora non era prevista nell'ateneo romano, e anche lui divenne un personaggio radiofonico. "La "La Generazione del NO' 'era la rubrica in cui Fernanda Pivano parlava della Beat Generation, la Controcultura, l'underground, i giornali alternativi che spuntavano come funghi. E lei raccontava tutto, come trovarli e reperirli: «Re Nudo» (diretto da Andrea Valcarenghi), «Ubu» (diretto da Franco Quadri), «Fallo!» (diretto da Angelo Quattrocchi), «Get ready» (a forma di spinello), «Controcampo», «Paria» e tanti altri ancora.
È ora di cambiare aria
Un giorno Daniele mi disse che voleva cambiare aria. Nel frattempo, grazie a Paola Chiesa, che per noi recensiva libri, entrò a «Paese Sera», in particolare per collaborare all'inserto letterario, all'epoca era considerato lucido e puntuale, grazie a Piero Dallamano, caporedattore fin dai primi numeri. Una sera mi chiese come intendevo portare avanti il mio progetto.
Per la verità, io non avevo nessun progetto, salvo quello di evitare il servizio militare. Lui continuò: "Puoi stemperare la frizzante energia di un bambino, con i tuoi vestiti che ti fanno sentire audace. Anche il tuo look è uno strumento che stimola la creatività". Rimasi a pensarci su: un parere che valeva oro. Nel marzo del 1970 Daniele ci stupì tutti con un articolo sui Doors.
Ovvio che conoscevamo i Doors di Jim Morrison, anche i lettori li amavano. Già cinque album all'attivo, per ognuno un capolavoro. Il primo album, THE DOORS 1967 (già conteneva il primo hit, Light My Fire); STRANGE DAYS, 1967 (When The Music's Over); WAITING FOR THE SUN, 1968 (Hello I Love You, vinse anche a Bandiera Gialla), THE SOFT PARADE, 1969 (Touch Me); MORRISON HOTEL, 1970 (Roadhouse Blues). È vero che Jim Morrison impersonava la rabbia contro una società repressiva che procede macinando uomini. Ecco uno stralcio di questo straordinario articolo:
"L'odio che noi europei cerchiamo di placare negli schemi alternativi dell'ideologia marxista, alternativi ma sempre schemi, in America, dove il comunismo, per tradizione e cultura, non è mai arrivato, si sfoga nella ricerca del sogno, dell'inconscio, del primordiale". Gennaio 1970. Un gruppo di ragazzini di Roma lavoravano da mesi per aiutare le popolazioni del Biafra con viveri e supporti. Ecco la sua corrispondenza: "Questi giovani non solo hanno raccolto medicinali e viveri, il Biafra si è arreso. E dunque oggi più che mai è necessario adoperarsi in ogni maniera perché dalla morte possa rinascere la vita".
Marzo 1970. Roma. "Il liceo Visconti è occupato, metà studenti presidiano la scuola, gli altri raggiungono il Ministero della Pubblica istruzione, 40 rappresentanti sono sali ti a parlare con il ministro, il quale ha avuto le solite parole di conforto e di falsa comprensione, invitandoli a collaborare'
Poi Daniele lascia «Ciao 2001», continuando a recensire libri su Paese Sera, e lo si vede di meno. Italo Calvino legge un suo manoscritto e lo porta all'Einaudi, all'interno della mitica riunione del lunedì. Grazie ancora al suo nume tutelare, Daniele pubblica il suo libro, Lo stadio di Wimbledon (1983): mentre le recensioni fioccano, ci si chiede dove stava questo talento. Poi esce Atlante occidentale (1989), che ha a che vedere con i suoi viaggi, in questo caso la lontanissima Terra del Fuoco. Già in questi primi libri, Daniele ha trasferito la sua narrazione fra cultura e una emanazione alla Pavese che gli era propria. Staccando l'ombra da terra (1994) mette a nudo l'altrove, altri mondi esplorativi, e anche nella tematica torna ancora l'Antartide.
Com'è triste Venezia
La sua passione è sempre stata il volo, l'astrazione. Viene assunto dal «Corriere della Sera» e in coincidenza con il suo primo articolo viene intervistato, anche se di taglio basso: "Tutte le nostre azioni, buone, cattive, neutre, le inviamo nelle cose nel mondo. Queste onde alla fine tornano indietro e ci fanno vivere eventi che risucchiano le nostre azioni originali. Si chiama karma”.
Si stabilisce a Venezia, fuori da ogni giro editoriale, ricerca la solitudine dell'ispirazione. "In questa città così immutabile dice rispondendo a un cronista - mi piace veder crescere i miei romanzi, soprattutto la modificazione. Ovvero la pagina vuota, la disperazione, le varie stesure. Anche Moravia amava scrivere tutti i giorni. Si stabili per un anno in laguna, poi prevalsero l'umidità e i suoi malanni, oltre che la nostalgia per gli amici e la "Carbonara" a Campo de Fiori. Torno a Roma".
Proprio in quei giorni, il «Corriere della Sera» gli commissionò un reportage sui Pink Floyd, che atterrarono in piazza San Marco, che ne usci devastata, con pesanti ripercussioni politiche. L'articolo che ne scaturì lascio di stucco i colleghi.
Daniele sapeva tutto dei Pink Floyd, dalla casa di cura di Syd Barrett, il fondatore del gruppo, fino alle liti epocali, con i fan disposti a dormire attaccati alle transenne. Un articolo minuzioso, la chiamata a ogni attacco ai brani più noti e lo "spleen" che solo loro potevano trasmettere. Nel 2014, senza che nessuno lo sapesse, gli venne diagnosticato l'Alzheimer. Per un anno intero rimase in casa, poi si decise per una struttura veneziana. Per lui si mobilitò il classico Fondo Bacchelli, ma funzionò poco rispetto alla retta. Volò via il 2 settembre 2021.