DATORI DI LAVORO, APRITE BENE LE ORECCHIE: I DIPENDENTI ITALIANI SONO I PIÙ INSODDISFATTI D’EUROPA – SOLO IL 43% CONSIDERA LA PROPRIA ORGANIZZAZIONE UN OTTIMO POSTO DI LAVORO E AI PIANI ALTI DELLE AZIENDE IN POCHI HANNO CAPITO CHE IL BENESSERE DELLE PERSONE E LA PRODUTTIVITÀ VANNO DI PARI PASSO – SONO CINQUE I FATTORI CHE FANNO LAVORARE MEGLIO: ESSERE TRATTATI CON RISPETTO, L’EQUILIBRIO TRA LAVORO E VITA PRIVATA, LA SICUREZZA PSICOLOGICA, LA COERENZA DELLA LEADERSHIP E RICEVERE UNA RETRIBUZIONE EQUA. SENZA CONTARE CHE LA SCARSA VALORIZZAZIONE FA SCAPPARE I DIPENDENTI…
Estratto dell’articolo di Cristina Casadei per "Il Sole 24 Ore"
L’insoddisfazione delle persone al lavoro è innanzitutto una questione di produttività. Ed è questo il motivo per cui le aziende dovrebbero considerarla un tema strategico.
Nel nostro Paese, però, non sembra essere così, tant’è che nel confronto internazionale emerge un quadro che per il ceo di Great place to work Italia, Alessandro Zollo, «è preoccupante. Solo il 43% dei dipendenti italiani considera la propria organizzazione un ottimo luogo di lavoro, un dato che ci fa finire all’ultimo posto della classifica europea, anche dietro a Paesi come Cipro, Polonia e Grecia».
L’indice medio di soddisfazione lavorativa in Europa è pari al 59%, ben 16 punti sopra l’Italia, secondo il rapporto European Workforce Study 2025, che Great Place to Work ha elaborato ascoltando quasi 25mila collaboratori, in 19 Paesi europei. Prendendo la parte superiore della classifica, quella dei Paesi che hanno la percentuale più alta di lavoratori soddisfatti, svettano i nordici: i danesi con il 75%, i norvegesi con il 73% e gli svedesi con il 68%.
Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia e Svizzera rappresentano quindi i benchmark di riferimento a livello europeo in termini di cultura aziendale con riflessi diretti e positivi sulla produttività del lavoro, calcolata come Pil per ora lavorata. Mettendo da parte la geografia e ragionando sui settori, quelli dove c’è il maggior grado di soddisfazione sono la tecnologia (65%), la finanza (63%) e i servizi professionali (62%).
La percentuale italiana così bassa chiede una lettura ampia che tiene conto di diversi fattori. «Abbiamo sempre attribuito la bassa produttività del lavoro, in Italia, al ritardo tecnologico o alla mancanza di innovazione – dice Zollo –. C’è sicuramente del vero in questo, ma non basta a spiegare questo risultato. C’è una correlazione tra il benessere delle persone in azienda e la loro produttività e il nostro Paese ha una lunga strada da fare su questo».
La causa dell’insoddisfazione va anche ricercata nella scarsa valorizzazione e nel basso apprezzamento da parte dei manager: meno di un responsabile su due (48%) è disposto a ricercare e prendere in considerazione con reale interesse i suggerimenti e le idee sviluppate dai dipendenti
[…] come spiega Zollo, «essere trattati con rispetto, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, la sicurezza psicologica, la coerenza della leadership e ricevere una retribuzione equa sono i 5 principali fattori che determinano il grado di soddisfazione dei dipendenti europei».
Sicuramente nel nostro Paese servono almeno due cose. La prima, secondo Zollo «è imparare ad ascoltare le persone: purtroppo in Italia si fanno troppo poche analisi di clima, sembra quasi che ci sia paura di scoprire le criticità delle organizzazioni […] La seconda è lo stile di leadership: lo stile comando e controllo non funziona più e si vede, soprattutto nei giovani talenti che abbandonano il Paese e non vi fanno più ritorno. Non è solo per una questione economica.
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