mascherina assorbente

IL DISASTRO DELLE MASCHERINE PROSEGUE - LA MERDOSA BUROCRAZIA ITALIANA E I BLOCCHI DEI PAESI ''AMICI'' IMPEDISCONO DI AVERE I 90 MILIONI AL MESE CHE SERVONO SOLO PER IL PERSONALE SANITARIO. COME FAREMO QUANDO SERVIRANNO PER TUTTI I CITTADINI? - SPENDENDO QUALCHE MILIONE IN PIÙ AL MOMENTO GIUSTO E OGGI CENTINAIA DI VITE SAREBBERO STATE SALVATE

 

 

1. IL CAOS DELLE MASCHERINE IMPORTAZIONI BLOCCATE PER RISPARMIARE SUI COSTI

Marco Lombardo per “il Giornale

 

MASCHERINE 1

Un milione e quattrocento mila mascherine al giorno dalla filiera della moda. L' azienda di pannolini in provincia di Varese che trasforma i suoi pannolini in strumenti di protezione. Le aziende tessili che riconvertono la produzione. Così, il made in Italy si schiera compatto per affrontare la crisi, con uno slancio ammirevole.

 

Resta però il problema di chi l' emergenza la vive ogni minuto: gli operatori sanitari. Lo dice ora anche l' Oms: «La priorità va a chi lavora per curare i malati. Le persone sane lascino le protezioni a chi ne ha bisogno». E quindi: servono mascherine professionali, ma non ce ne sono per tutti. Moltissime sono ferme alla dogana. E il perché è incredibilmente scritto nero su bianco nel decreto del 17 marzo del governo, seguito poi dalla direttiva del commissario straordinario Domenico Arcuri.

 

In pratica: le norme che liberalizzano la produzione degli strumenti di protezione, prevedono alcuni paletti. L' accusa arriva dalle aziende italiane che importano i dispositivi ospedalieri, per le quali «si sta giocando con la salute di medici e infermieri». Tanto che, e qui è il fatto grave, mascherine destinate al nostro Paese finiscono all' estero. «Non possiamo far fallire le nostre realtà per colpa di regole assurde».

 

DOMENICO ARCURI

Queste, per esempio: il decreto consente alle aziende, grazie a finanziamenti a fondo perduto, di poter entrare nel campo della produzione di mascherine. Ma per fare in fretta viene consentita l' autocertificazione riguardo al marchio CE e alle altre norme di sicurezza di solito obbligatorie. Si manda il modulo all' Istituto Superiore di Sanità, il quale dovrebbe controllare tutto in tre giorni. Intanto però le mascherine già pronte, vista l' urgenza, vengono già distribuite.

 

Così l' Associazione Nazionale per la Prevenzione, in un comunicato, fa notare che i lavoratori che ora dovrebbero entrare nel sistema produttivo sono senza le giuste e vitali protezioni: «Lo Stato ha cominciato a bloccare tutte le forniture di mascherine ffp2 ed ffp3. E ora ha fermato persino le semi maschere professionali a filtri, dirottate in blocco al settore ospedaliero e alla Protezione civile, necessarie invece a tutti i lavoratori che sono a contatto con rischi certi come polveri, amianto, fumi e gas. Si sta verificando la stessa cosa già accaduta con i medici: quella di mandarli al fronte senza armi».

 

Per risolvere il problema servirebbe allora importarle, perché le aziende che fabbricano materiale sanitario in Italia sono poche e coprono più o meno il 10 per cento dell' attuale necessità. Però, anche in questo caso, il decreto combina un pasticcio, come rilevano appunto le società che distribuiscono materiale certificato: «Prima della crisi una mascherina ospedaliera ordinata in Cina costava circa 15 centesimi.

MASCHERINE 2

 

Adesso per farla arrivare in Italia ce ne vogliono più o meno 60, anche se sono state eliminate certe imposte. Sapete quanto ci rimborserà il governo dopo averle requisite? La bellezza di 16 cent... Risultato: volevamo dare una mano all' Italia, le avremmo chiesto massimo 0,70, giusto per pagare le spese visto che i cinesi ora chiedono soldi cash. Invece, per esempio, una delle nostre aziende aveva una partita pronta da 570mila pezzi e le ha dirottati in Polonia. Lì li hanno pagati 1 euro e 10».

 

Dunque: con un mese di ritardo rispetto all' inizio della crisi, ora la Protezione Civile è riuscita a distribuire i primi 10 milioni dispositivi agli ospedali, una scorta comunque per due-tre giorni. I tentennamenti e poi l' imbuto del decreto hanno però impedito di intervenire per tempo. E il risultato, secondo gli importatori, è agghiacciante: «Siamo il Paese con più vittime tra medici e infermieri. Bastavano pochi milioni di euro spesi nel momento giusto e questo non sarebbe successo».

 

india la produzione di mascherine 4

 

2. FURTI, RITARDI, BUROCRAZIA IL DISASTRO MASCHERINE

Milena Gabanelli e Simona Ravizza per il “Corriere della Sera

 

Il 22 gennaio - ossia ben 28 giorni prima del caso Codogno - il ministero della Salute scrive, e dunque sa, che il personale sanitario che dovrà occuparsi di casi di Covid-19, oltre ad adottare le misure standard di biosicurezza, dovrà indossare la mascherina protettiva adeguata.

 

Il 4 febbraio i medici scrivono alle autorità chiedendo di provvedere ai rifornimenti di protezioni di sicurezza per gli operatori sanitari. Le forniture restano lettera morta. A epidemia conclamata solo il circuito sanitario della Lombardia ha bisogno di 1,1 milioni di mascherine al giorno, l' Emilia-Romagna di 500.000, il Veneto di 600.000. Ogni mese in Italia ne servono 90 milioni.

 

La prima costretta a muoversi è la Lombardia.

materiale sanitario donato dalla cina all'italia sequestrato dalla repubblica ceca

Già a ridosso del 20-21 febbraio solo pochi rifornimenti agli ospedali riescono ad arrivare dai fornitori storici che avevano vinto le gare e avevano stock in magazzino, gli altri avvengono in emergenza come quello della Crespi Enterprise. Le mascherine Ffp3, le migliori sul mercato, sono vendute a 3,39 euro, ma quelle arrivate dalla Cina a gennaio dal loro produttore a Wuhan, e ordinate un mese e mezzo prima, costano 9,6 euro.

 

Poi più nulla. Nella stessa situazione i fornitori dell' Emilia-Romagna: compravano in Cina da aziende che producevano secondo gli standard di qualità europei, ma da gennaio non consegnano più. Da quel che risulta, fino a esaurimento scorte, nessuno ha applicato rincaro dei prezzi. In Veneto la Medline dirotta tutto solo sulla sanità veneta applicando gli stessi prezzi di aggiudicazione di due anni fa. Intanto l' epidemia si allarga e i fornitori cercano su altri mercati.

mascherine

 

La Comitec, che fornisce Emilia-Romagna e Marche, si rivolge alla Turchia e ordina milioni di pezzi certificati alla Edge Mask: le Ffp2 che prima erano vendute a 65 centesimi, salgono a 2,50 euro, le Ffp3 passano da 1 euro a 4,35. Consegnato il primo lotto da 200.000 (sborsati 670.000 euro) Erdogan le blocca il 5 marzo alla dogana di Ankara. A nulla serve l' implorazione del premier Conte. L' azienda ci ha rimesso i soldi, fine. La Lombardia ha 500.000 pezzi bloccati a Mumbai (India), e 100.000 l' Emilia-Romagna. A provvedere per tutto il territorio è incaricata la Protezione civile nazionale, attraverso la Consip con call internazionale: al 24 marzo i pezzi distribuiti alle regioni non raggiungono il 30% del fabbisogno reale.

FRANCESCO BOCCIA SI PRESENTA CON LA MASCHERINA ALL'ORECCHIO E BORRELLI SE LA RIDE

 

In questa drammatica ricerca del principale presidio di protezione dal contagio per il personale sanitario, lavoratori essenziali e cittadini, fioriscono broker e aziende che si improvvisano come intermediarie. Dice Silvia Orzi, direttrice del Servizio acquisti ospedalieri per l' Emilia-Romagna: «A questo punto abbiamo cominciato a trattare con tutti, dai venditori di piastrelle a quelli dell' acciaio, che dicono di avere contatti personali con la Cina o altri Paesi, ed escludiamo chi non ci dà abbastanza garanzie. Forniamo una lettera di credito e paghiamo alla consegna, ma i primi ordini non sono mai arrivati, allora in alcuni casi anticipiamo il 10% con bonifico assicurato, alla fine qualcosa arriva, ma in termini ridotti rispetto a quello promesso».

mascherina 1

 

Il primo contratto è dell' ultima settimana di febbraio con la «Med 24» di Bologna, che promette 2 milioni di mascherine chirurgiche dal Brasile a 40 centesimi Iva compresa.

Parte l' ordine il 26 febbraio: pagamento 50% alla consegna e saldo a 60 giorni. Le mascherine fanno tappa a Bangkok, per sbloccarle interviene la Farnesina. Ripartono per l' Italia via Londra. E lì si fermano in un deposito in città.

MASCHERINA A VALVOLA

 

La «Med 24» interpellata dice: «Ci sono problemi con i trasporti». Hanno trattato con la Bcm di Modena che commercializza metalli, consegna dopo una settimana e pagamento a sette giorni. Alla fine scrivono che il carico resta a Shanghai perché i cinesi vogliono pagamento cash. Si propone la ditta Linea Agri (fa vendite online): ordinate il 13 marzo 100.000 mascherine chirurgiche e 539 tute protettive.

Il 23 marzo arriva la email: «Purtroppo la merce ci è stata rubata prima dell' arrivo in Italia.

Ci scusiamo per il disagio».

 

MASCHERINA FFP2 E FFP3

La Farmaceutica internazionale di Gravellona Toce importa farmaci, ora anche mascherine tramite il loro grossista. Ordinati 1 milione di pezzi, Ffp2 con valvola, costo 7,40 euro l' una. Arrivato un lotto da 60.000 la prima settimana di marzo, poi più nulla. Il carico è stato fermato prima a Dubai e poi in Canada. «Le dogane hanno cominciato a bloccare perché giravano brand falsi e senza certificazione - dicono - ma dovrebbero arrivare in Italia il 30 marzo».

 

Alla Centrale acquisti di Parma propone via WhatsApp qualche milione di mascherine Ffp2 Ettore Ricchi di Maranello, venditore di ceramiche in Cina: «2,8 dollari l' una, più i costi del trasporto, da quantificare, bonifico anticipato». Il dialogo si ferma subito. Ricchi sostiene di averne già acquistate 200.000, che le venderà a 2 euro: un po' ad una farmacia di Roma di via Cassia, qualche migliaia glieli ha chiesti il comando dei Carabinieri di Sassuolo (che smentiscono), e 130.000 alla Sensor Medics di Milano che ha già versato il bonifico.

MASCHERINA FFP1 O ANTIPOLVERE

 

La Sensor (che compra direttamente dai produttori cinesi e indiani) e fornisce molte strutture lombarde, si fida: «Abbiamo comprato questo piccolo lotto per fare un favore a un politico che ce lo ha raccomandato, in realtà non abbiamo bisogno di utilizzare broker».

 

In Lombardia il film è più o meno lo stesso, idem in Veneto dove un intermediario, che aveva già intascato un anticipo, vende a 3 soggetti diversi un carico da 500.000 mascherine, e agli ospedali non arriva niente.

 

I rivenditori che sono riusciti a prendere le forniture in Cina oggi devono pagare il charter che prima chiedeva 60/80 mila euro e adesso costa 500.000 euro, perché non deve più competere con i voli di linea che le caricavano nelle stive. E quindi tutto rincara: le tute protettive, che costavano 13 euro, oggi a meno di 20 non si trovano.

 

Le mascherine chirurgiche arrivate in Lombardia sono passate da 10-30 centesimi a 1,4 euro. Inoltre, su 123 milioni di pezzi - fra chirurgiche, Ffp2 e Ffp3 - ordinati dalla Centrale acquisti, al 24 marzo ne sono arrivati solo 6,3 milioni. Quel che basta per una settimana.

I broker comprano grosse partite con la lettera di credito delle centrali acquisti, ma succede che solo una parte viene mandata agli ospedali, il resto va sul mercato online o ad altri canali. L' articolo 6 del decreto 18 del 17 marzo prevede che tutto il materiale non destinato a servizi essenziali o salute pubblica, venga sequestrato e consegnato agli ospedali.

 

attilio fontana si mette la mascherina 1

Il Centro estetico di Napoli acquista 20.000 mascherine Ffp2 dalla Turchia per i suoi operatori, ma contemporaneamente si fa il sito Internet per rivenderle a 6 euro l' una. A un' azienda di Vicenza viene bloccato un carico di mascherine chirurgiche acquistate in Tunisia in esportazione sotto forma di materiale idraulico. Una parafarmacia ne aveva accumulate 30.000 in un magazzino della Nomentana, destinate al mercato su Internet, spacciate per Ffp2 con certificazione Ce falsa.

A Verona ne arrivano 30.000 destinate a un Comune del Veneto che ne aveva però ordinate 10.000.

 

In cinque giorni l' agenzia delle Dogane confisca 1 milione e mezzo di mascherine, 2,7 milioni di guanti, 1.840 dispostivi di ventilazione, 4.398 apparecchi medicali, 23 aspiratori chirurgici, 50.000 apparecchi per la terapia intensiva. Il materiale immediatamente sbloccato viene inviato lo stesso giorno agli ospedali attraverso la Protezione civile locale.

L' indennità spettante ai proprietari verrà liquidata dal Commissario straordinario. Il Commissario Arcuri ha però deciso che tutto il materiale sequestrato deve essere accentrato presso la Protezione civile nazionale, che poi deciderà a quali strutture ridistribuirlo.

 

Quindi si strozza tutto nel collo di bottiglia della burocrazia romana, mentre le Protezioni civili regionali si affannano nella ricerca di ventilatori polmonari e aspiratori chirurgici, disponibili in depositi a pochi metri da loro in attesa che si decida dove debbano andare.

DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE

L' articolo 15 dello stesso decreto autorizza la produzione di guanti e mascherine per uso medicale e per i lavoratori, in deroga alle norme Ce. Molte aziende, grandi e piccole, si sono attivate per la riconversione della loro attività, ma prima di partire con gli investimenti vogliono avere certezze sul fatto che nessuno contesti poi la sicurezza del prodotto. È richiesta l' autocertificazione del produttore, ma secondo quale criterio?

 

In Germania l' autorità sanitaria ha disposto un protocollo semplificato da seguire. In Italia quaranta produttori si sono rivolti a Italcert e società che testano i materiali per avere indicazioni, le quali hanno definito una procedura semplificata che è stata inviata all' Inail e all' Istituto superiore di Sanità (Iss). Tempo previsto per la risposta: tre giorni. Inail l' ha subito bocciata: occorre seguire la procedura standard (che richiede qualche mese); l' Iss dopo dieci giorni ancora non si pronuncia.

 

Nel mentre, le aziende che sarebbero pronte alla riconversione, sono ferme. Altre hanno iniziato la produzione, ma sono bloccate comunque dalle autorizzazioni romane.

In compenso nel decreto, accanto alla frase che autorizza la produzione in deroga alle norme vigenti, è stata inserita la parola «e importazione». Un grande vantaggio per i produttori stranieri di dispositivi fatti con materiali scadenti, e che le dogane non possono più fermare perché basta l' autocertificazione del produttore.

 

Una norma nata per favorire il mercato interno e soddisfare l' enorme richiesta di protezione per operatori sanitari, lavoratori e cittadini, è diventata anche una manna per quei grossi broker che comprano «robaccia» dal produttore indiano o cinese.

 

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