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MA DOVE STA ANDANDO L’INDUSTRIA EDITORIALE? - LO SCRITTORE PAOLO DI PAOLO SCRIVE A DAGOSPIA: “I DATI PIÙ RECENTI PARLANO DI UN MILIONE DI LETTORI IN MENO RISPETTO ALL’ANNO SCORSO. E LA VERITÀ, CARO DAGO, È CHE NEL PRESUNTO MILIONE DI LETTORI IN MENO CI SIAMO ANCHE NOI, QUELLI CHE PROVANO A CAMPARE CON I LIBRI, O CHE INSISTONO A PROMUOVERE LA LETTURA. NON LEGGONO I POLITICI (MELONI SI LIMITA A DIRE CHE NON HA LETTO SOLO TOLKIEN). NON LEGGONO GLI IMPRENDITORI NÉ I MANAGER DI AZIENDA, CHE PARLANO UN ITALIANO REPELLENTE (UN ITAGLIESE IGNOBILE TRA “SETTIMANA PROSSIMA” SENZA ARTICOLO DETERMINATIVO E “BRIFFARE”). NON LEGGONO MOLTI INSEGNANTI, GLI AUTORI TELEVISIVI E I CAPOREDATTORI NELLE REDAZIONI GIORNALISTICHE. DIFFICILE FARE PROSELITI SE NON SI HA PIÙ FEDE”

Riceviamo e pubblichiamo:

 

paolo di paolo

Caro Dago, mi ha divertito, o forse impressionato, la reazione di un drappello di partecipanti a una tombolata, qualche sera fa, di fronte ai premi: libri impacchettati. Se li giravano fra le mani come oggetti insoliti, alieni. E mo’ che ce faccio? sembravano pensare, in romano perché erano romani o comunque inurbati da troppo tempo nella capitale.

 

Divertito, dicevo, e impressionato – come una piccola rivelazione che tale non è, se non per me, per noi che lavoriamo fra i libri, nel mondo cosiddetto editoriale, e ci dimentichiamo (colpa grave) troppo spesso che c’è una porzione immensa di mondo in cui i libri non arrivano, non sono desiderati, non esistono.

 

I dati più recenti parlano di un milione di lettori in meno rispetto all’anno scorso, ma sono numeri che lasciano il tempo che trovano: significa e non significa niente. D’altra parte, anche a naso, senza rilevazioni e sondaggi, si può intuire che più di metà Paese non ha dimestichezza con la parola scritta, se non quella autoprodotta nelle tribunette social, senza particolari ossequi alle regole grammaticali e sintattiche.

I GIOVANI E LA LETTURA

 

Lo dico senza snobismo, ma come pura constatazione: constatazione così facile che abbiamo dimenticato di rinnovarla. O meglio: di partire da lì – dal 60% di non leggenti, da quell’italiano/a su tre che non capisce ciò che legge – per farci domande radicali sul presente e sul futuro dell’industria del libro. Sempre più chiusa in una asfittica endogamia: incapace cioè, senza più le tronfie ma efficaci “missioni” ideologico-pedagogiche come fu nel ventesimo secolo, di indirizzarsi ai non convertiti.

 

fabio volo

O meglio: gli si indirizza con prodotti sempre più scadenti sciatti insulsi evanescenti. Che non sono libri, sono gadget. Il più grande e naturalmente trascurato profeta missionario della lettura alta nell’ultima stagione è stato Fabio Volo col suo “Balleremo la musica che suonano” (Mondadori). Nel mondo intellettuale nessuno se n’è accorto, ma questo ultimo libro è un appassionato e spassionato – nel senso di libero, gratuito – omaggio ai libri che cambiano la vita.

 

Senza nemmeno troppa retorica: perché Volo ha scoperto sulla sua pelle il potere di certe letture, utili non a diventare genericamente persone migliori (non è mai vero), ma persone capaci di alzarsi oltre il rasoterra e la ripetizione, di spingersi un po’ oltre sé stessi e un destino che sembra già scritto per sempre. Ascoltate bene, gente: alle sue decine e decine di migliaia di lettori e lettrici fedeli, Volo dice quanto è bello leggere Márquez, Conrad, London, Salinger, Goethe, Pirandello, Dostoevskij, Camus e Pessoa, Céline e Hemingway, Hesse e Orwell!

 

I GIOVANI E LA LETTURA

Proprio mentre gli scrittori più “letterari”, una intervista ogni due, fanno i populisti sofisticati e se ne escono con cazzate facili tipo “Flaubert è sopravvalutato”, “Proust non lo reggo”, per fare i simpatici che molto spesso non sono. Per il resto, se parlano di libri, parlano – in termini insopportabilmente enfatici – di quelli di colleghi che presto ricambieranno il favore. “Non vedo l’ora!”, cuori, fiamme, punti esclamativi, “capolavoro!”, “potente!”. Ma se il marchese Fulvio Abbate la mette sul piano dell’amichettismo e si innervosisce, io la prendo da un altro punto di vista.

fulvio abbate foto di bacco

 

Quello dell’inefficacia. Detto altrimenti: se Volo si accende sui classici, forse qualcuno lo convince. Se gente come me fa l’endorsement stucchevole a gente come lui e come me, non parla a nessuno, cioè parla a sé stesso, al collega, a qualche frequentatore della comune bolla, un’eco sfiatata che non arriva da nessuna parte, si spegne alle tre quattro cinque seimila copie quando va bene.

 

E “il libro del momento” non solo resta in carica per un paio di settimane, ma lo è presso una platea ristretta, ristrettissima, quasi incestuosa. Perché nessuna tautologia funziona o convince: se dici bellissimo potente non vedo l’ora bellissimo potente non vedo l’ora non dici niente. Ma bisogna frequentare di più le frutterie per conoscere le priorità della “gente” e ridimensionare le proprie consapevoli illusioni.

 

I GIOVANI E LA LETTURA

Ecco il senso di questa letterina di Natale, per arrivare al punto e tagliare corto, è questo. Brutalizzo ma nemmeno troppo: Fabio Volo legge di più – o comunque con più passione – di tre quarti degli autori “letterari”, degli editor, degli editori, dei giornalisti culturali, dei promotori della lettura. Le redazioni dei giornali, dei programmi televisivi, e naturalmente le case di gente come me, sono piene sovraccariche di “omaggi” (tre quattro cinque dieci libri a settimana spediti gratis dagli editori).

 

paolo di paolo

Che restano sostanzialmente intonsi. Perché non c’è tempo, non c’è voglia, perché l’alibi di chiunque – “ho un sacco di cose da fare…” – è l’alibi di chiunque, professionisti dell’editoria compresi. In larga parte scoglionati, convinti di avere letto già abbastanza per leggere ancora, annoiati il giusto (e legittimamente, per carità) per leggere davvero ciò che devono pubblicare o recensire. Quel troppo di cui tutti sentiamo il peso ci sta schiacciando, ci rende – no, affaticati no (le vere fatiche sono altre), ma più distratti, distaccati, meno persuasi e dunque meno persuasivi.

 

libri 7

La verità, caro Dago, è che nel presunto milione di lettori in meno ci siamo anche noi, o soprattutto noi: quelli che provano a campare con i libri, o che insistono a promuovere la lettura. Presso terzi, ipotetici, ormai astratti invisibili forse inesistenti infedeli da convertire. Non leggono i politici (Obama fa la lista dei suoi romanzi e saggi preferiti: da noi Meloni si limita a dire che non ha letto solo Tolkien; gli altri – a parte Gianni Cuperlo, che legge e studia davvero – non leggono quasi niente, forse un po’ di rassegna stampa sullo smartphone, forse).

 

I GIOVANI E LA LETTURA

Non leggono gli imprenditori (splendido Berlusconi quando ammise: non leggo un romanzo da dieci anni!). Non leggono i manager di azienda, che parlano un italiano orrendo, repellente, un itagliese ignobile tra “settimana prossima” senza articolo determinativo e “briffare”, l’orrore. Non leggono nemmeno molti insegnanti e perfino gli studenti universitari (di Lettere!) hanno un rapporto lasco con i libri. Non leggono gli autori televisivi e i caporedattori nelle redazioni giornalistiche.

 

libri 4

Non c’è tempo, Dago, non c’è tempo! Ogni considerazione moralistica sarebbe immotivata e superflua. Se non a fare pace con questa inoppugnabile verità: difficile fare proseliti se non si ha più fede. Scusa l’intrusione, ma ho pensato che tra Natale e fine anno c’è qualche giorno buono – no, mica per leggere, per un po’ di sincerità. Tanto poi dal due gennaio ricominciamo con i post sui libri imperdibili, potenti, bellissimi, per i non vedo l’ora, per continuare così, facendoci del male, rendendoci sempre più marginali, più insignificanti.

 

Ps grazie caro Fabio Volo, mi hai quasi commosso quando ti esalti per “Martin Eden”!

libri 3

Paolo Di Paolo

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