CHE FA LORENZETTO DI NOTTE? LE PULCI AI GIORNALI – RICCARDO DE PALO SUL “MESSAGGERO”: “E POI C’È IL RECORD IN ITALIA DEI NIDI DI CARETTA CARETTA, LA SPECIE DI TARTARUGA MARINA PIÙ DIFFUSA NEL MAR MEDITERRANEO: SONO BEN 404 (PIÙ DEL DOPPIO RISPETTO ALL’ANNO SCORSO, QUANDO ERANO 248)”. VINCE IL PREMIO ARITMETICA 2024 – TITOLO DA “DOMANI”: “I RISCHI ESIZIALI DI EUROPA E USA SE SI DIVIDONO” VINCERÀ LO ZAR”. QUINDI È BENE CHE I RISCHI ESIZIALI RESTINO UNITI?
“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto
da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti”
e pubblicato da “Italia Oggi” (http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm)
papa francesco - foto lapresse
Maria Antonietta Calabrò sul Fatto Quotidiano a proposito del conflitto in Ucraina scrive «del Papa che chiede la fine di quella guerra e di quella in Medioriente seguita dall’attaccamento di Hamas del 7 ottobre 2023».
Evidentemente non le bastava di aver fuso in un’unica parola il Medio Oriente (che poi sarebbe più propriamente il Vicino Oriente). È riuscita anche a scambiare un attacco per un attaccamento («legame affettivo, affezione», Lo Zingarelli 2025), come se Hamas si fosse innamorato di Israele.
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Riccardo De Palo sul Messaggero: «E poi c’è il record in Italia, assolutamente impensabile, dei nidi di Caretta caretta, la specie di tartaruga marina più diffusa nel mar Mediterraneo: sono ben 404 (più del doppio rispetto all’anno scorso, quando erano 248)». Vince il premio Aritmetica 2024.
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Enzo Bianchi, il fondatore della comunità monastica di Bose (dalla quale è stato allontanato dal Vaticano), nella sua rubrica Altrimenti sulla Repubblica si occupa «delle realtà ultime, i novissimi: morte, giudizio, entrata o esclusione dal Regno di Dio». Ma in religioso ossequio al politicamente corretto evita la formulazione tradizionale che recita con maggiore chiarezza «morte, giudizio, inferno, paradiso».
E così finisce per contraddire il Vangelo secondo Luca, in cui si legge: «I farisei gli domandarono: “Quando verrà il regno di Dio?”. Egli rispose loro: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: ‘Eccolo qui’, oppure: ‘Eccolo là’. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!”». Aggiungiamo però che il titolo dell’articolo, «La spiritualità fai da te», ci pare perfetto.
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Nelle pagine culturali del Corriere della Sera, Frediano Sessi recensisce il saggio Primo Levi e i suoi compagni (Donzelli) di Sergio Luzzatto. Nel penultimo capoverso si legge: «Nel corso del libro, Luzzatto si sofferma tra l’altro su quei prominenti ebrei, “esemplari maligni della selezione naturale del campo di sterminio (…) inclini a ogni espediente pur di uscire vivi, tra i quali Henri, di Se questo è un uomo, il cui vero nome è Paul Steinberg che esercitava la sua posizione di privilegio in modo “eminentemente civile e consapevole” ma che come altri detenuti, tra i quali Elias Lindzin, rendendosi capace di nefandezze».
Premesso che non si capisce come possano gli ebrei essere persone «prominenti» (tutt’al più, secondo un inveterato e squallido pregiudizio, avranno solo il naso prominente), l’ultima frase risulta priva di senso.
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Dall’editoriale di prima pagina del direttore della Verità, Maurizio Belpietro: «Orlando ha, perciò, pensato che candidarsi nella sua Regione natale per riconquistare la Liguria». Non sapevamo che il candidato (sconfitto) del centrosinistra fosse nato nella sede della Regione Liguria.
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Hoara Borselli intervista sul Giornale il vescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita. Domanda: «La prima volta a Roma?». Risposta: «1950, anno santo. Su un camioncino, nel cassone. Si viaggiava in piedi. Diverse ore, mica c’era l’autostrada. E poi in piazza San Pietro, grandissima, infinita, e a un certo momento il prete iniziò a recitare il Credo, con gli altoparlanti. Credo in Deum, patrem omnipotentem...».
O il presule ha scarsa memoria o ha pregato poco, perché s’è dimenticato che Dio è unico. Infatti il Credo in latino suona così: «Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem». Altra domanda: «Qual è la cosa della sua vita della quale va più orgoglioso?». Risposta: «La pace che riuscì a far fare a Milosevic e Rugova. Tanti anni fa, nel 1999. Poi fu inutile. Vinse il guerrosimo». Tralasciando il «riuscì» in luogo di «riuscii», che cosa sia il guerrosimo è noto solo a Paglia e all’intervistatrice Borselli.
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Domani - se si dividono i rischi
Titolo da Domani: «I rischi esiziali di Europa e Usa / Se si dividono vincerà lo zar». Quindi è bene che i rischi esiziali restino uniti?
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Enrica Roddolo sul sito del Corriere della Sera: «Proprio l’Australia, nonostante l’incidente con la deputata Lidia Thorpe e nonostante la campagna pro-repubblicana con la quale ha fatto sin qui politica il premier Albanese, l’accoglienza del re è stata molto calda nei giorni scorsi». Tutto chiaro.
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Veronica Gentili nella rubrica Facce di casta sul Fatto Quotidiano: «La prima è che ad immettere nel dibattito politico questo fastidioso neologismo secondo il quale i meglio magna magna si fanno in famiglia (anche allargata per carità) è stata proprio Giorgia Meloni».
Sintassi a parte, la «famiglia allargata per carità» che cos’è? Una nuova forma di filantropia? E più avanti: «Meglio fare un ripassino veloce dell’argomento, al fine di evitare vistose sviste». Un quasi ossimoro notevole, per restare a ciò che dà nell’occhio. Nonché un consiglio che ci permettiamo di girare alla titolare della rubrica.
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La Verita? - Volkswagen non e prima al mondo
Titolo dalla prima pagina della Verità: «Crollo Volkswagen, chiudono 3 fabbriche su 10». Sommario: «La casa che produce più vetture al mondo in ginocchio per il flop delle auto elettriche e per la concorrenza cinese».
Non è la verità. Per il quarto anno consecutivo, nel 2023 è stata Toyota la prima produttrice mondiale, con 11,23 milioni di veicoli venduti. Volkswagen si è classificata seconda, con 9,24 milioni di auto, il 17,72 per cento in meno rispetto alla concorrente giapponese.
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Titolo della Repubblica sul social X: «Oristano, maestra faceva recitare preghiere e benediva i bambini con l’olio invece di insegnare italiano». La flessione del verbo benedire alla terza persona plurale è benediceva. È vero che Lo Zingarelli 2025 riporta benedivo come «popolare», ma la lingua scritta dovrebbe discostarsi da quell’uso. Il fatto è che, come si evince dal titolo, l’italiano è andato a farsi benedire, nelle redazioni più ancora che nelle scuole.