giancarlo giorgetti pietro labriola alessio butti giorgia meloni tim

ULTIMA CHIAMATA PER TIM – GIORGIA MELONI RINVIA IL TAVOLO PERVISTO PER OGGI PER TROVARE UNA QUADRA SULLA RETE PUBBLICA: DOPO AVER STRACCIATO IL MEMORANDUM DI MAGGIO TRA CDP E OPEN FIBER, LE IPOTESI FIOCCANO, SEMPRE TENENDO APERTO UN CANALE CON BRUXELLES. SCARTATA L’OPA TOTALITARIA SU TUTTA TIM (DI CUI ERA UN GRANDE FAUTORE IL SOTTOSEGRETARIO BUTTI, CON IL SUO “PIANO MINERVA”), ORA SI PENSA A UN’OFFERTA PARZIALE CHE PORTI ALLO SPIN-OFF PROPORZIONALE DELLA RETE, CON GLI STESSI AZIONISTI. A LANCIARLA DOVRÀ ESSERE UN SOGGETTO PUBBLICO…

Francesco Spini per “la Stampa”

 

ALESSIO BUTTI GIORGIA MELONI

Non un romanzo, una soap opera: sembra sempre all'ultima puntata ma poi la trama si complica e tutto torna in alto mare. Ora, sulla rete in fibra ottica che deve portare l'Internet superveloce ai cittadini, siamo all'ennesimo snodo. Quando la soluzione sembrava a portata di mano e l'offerta della Cassa Depositi e del fondo Macquarie, attraverso la loro Open Fiber, pronta per partire, il nuovo governo ha detto stop.

 

Ricominciando sostanzialmente il lavoro dal punto di partenza. Era atteso per oggi l'avvio dei tavoli con i principali attori di questa vicenda, a cominciare dai principali azionisti di Tim - come Vivendi e la stessa Cdp - ma le convocazioni stentano a partire. Nel Palazzo si ragiona sul da farsi e si tiene aperto il canale con Bruxelles con l'obiettivo di non commettere passi falsi per creare una rete nazionale, non più unica (Open Fiber sulle prime rimarrebbe com' è), ma «wholesale only» (separata dai servizi ai privati) e a controllo pubblico.

 

PIETRO LABRIOLA

Tante le ipotesi sul tavolo. Scartata l'Opa totalitaria, si ragiona su un'Opa parziale da parte di un soggetto pubblico, fino allo «spin-off» della rete con la scissione proporzionale del titolo tra rete e servizi con i medesimi azionisti, salvo poi redistribuire i pesi, per dare rete allo Stato e servizi ai privati. Si vuole creare una rete limitata alle aree rurali (dove però Open Fiber ha vinto le gare) e che lasci la concorrenza nelle zone più ricche.

Più che una rete, un sudoku.

 

Dal piano Rovati a Open Fiber

ROMANO PRODI ANGELO ROVATI

Di separazione della rete si parla fin dal 2006, appena otto anni dopo la privatizzazione di Telecom Italia. In autunno viene alla luce un piano firmato da Angelo Rovati, consigliere economico dell'allora premier Romano Prodi, che prevedeva la scissione dell'infrastruttura.

 

L'opposizione di centro-destra si solleva e accusa l'esecutivo di ingerenza su un'azienda privata. Il piano provoca un cataclisma ma apre un genere: lo scorporo della rete, anche per sopperire a una privatizzazione decisa troppo in fretta. Il film, per così dire, ha successo e i sequel si moltiplicano. Protagonista più o meno sempre lei: la Cdp. A lavorare per separare la rete saranno in tanti.

 

ALESSIO BUTTI GIORGIA MELONI

Lo fa Franco Bernabè (accanto a lui quello che sarebbe in seguito diventato l'attuale ad di Tim, Pietro Labriola). A giugno 2013 annuncia: senza intoppi la rete scorporata sarà operativa «entro fine anno», per poi cederne un pezzo a Cdp. L'intoppo però arriva e si chiama Telefonica, nuova grande azionista.

 

Siamo nel 2014 e pochi anni dopo, giudicando insufficienti gli investimenti di Tim, entra in campo la politica. Nel 2015 Matteo Renzi, da capo del governo, firma la regia della nascita di un secondo operatore di infrastruttura, Open Fiber, che all'inizio ha due soci paritetici, Enel e Cdp.

 

AMOS GENISH

«Hanno voluto creare concorrenza laddove c'era un monopolio naturale: come costruire due autostrade tra Roma e Milano. Una o entrambe rischiano di non stare in piedi», fa notare un autorevole addetto ai lavori. Nel mentre la concorrenza tra operatori di servizi è sempre più serrata, la marginalità diminuisce. Per questo il tema della rete - per creare valore per gli azionisti valorizzando le singole parti - riemerge. Ci provano tutti i grandi azionisti di Tim, Elliott dapprima, se ne convince infine anche Vivendi che prende il posto di Telefonica. Ci lavorano Amos Genish e Luigi Gubitosi. Invano.

 

luigi gubitosi

Il memorandum saltato

Gubitosi ha fretta di fare cassa per abbattere il debito. Dapprima separa una parte di rete, quella secondaria, in Fibercop dove per 2 miliardi imbarca il fondo Kkr, che più tardi proverà a promuovere un'Opa su Tim senza arrivare a lanciarla. Ma la "rete unica", l'idea di riunire l'infrastruttura di Open Fiber sotto il cappello dell'ex monopolista non marcia anche perché non convince l'Europa.

 

Uscito Gubitosi, Labriola e il cda - rifiutando di far vedere le carte a Kkr che così accantona l'Opa - riprovano la via del memorandum of understanding con Open Fiber e i suoi azionisti Cdp (60%) e Macquarie (40%). L'idea è sempre la rete unica, ma fuori dal controllo di Tim. Cdp è pronta a offrire 17-19 miliardi, Vivendi ne chiede 31.

 

Si rischia lo stallo ma prima ancora che parta il confronto ecco il nuovo governo Meloni ferma tutto. Al sottosegretario Alessio Butti, al ministro delle Imprese Adolfo Urso e al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti tocca trovare una nuova soluzione, mentre i fondi - Kkr in testa - tornano ad affacciarsi.

 

open fiber 3

Nel frattempo dentro Tim nessuno ha voglia di scherzare con 30 miliardi di debito lordo (25 netti), ebitda in caduta e 900 milioni di cassa bruciati ogni anno, come ha scritto il Sole 24 Ore. Le agenzie di rating hanno già declassato il debito di Tim. Cosa accadrà quando si tratterà, a metà 2024, di rifinanziare il debito, quando il mercato, in fase ribassista, chiede tassi sempre crescenti per sottoscrivere un bond? Anche per questo si può dire, come spiega un analista, che «i due punti non si possono più disunire: il salvataggio di Tim, e di un settore che non può più reggere livelli di investimento troppo gravosi, passa dalla soluzione della rete». Entro fine anno il governo ha promesso una soluzione, scopriremo se saremo all'ennesima penultima puntata.

ANGELO ROVATIhenry kravis FRANCO BERNABE' ARNAUD DE PUYFONTAINEopen fiber 5PIETRO LABRIOLA franco bernabeAMOS GENISHPIETRO LABRIOLA

Ultimi Dagoreport

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, MATTEO SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…