
GLI OLIGARCHI DELLA SILICON VALLEY PENSAVANO DI ESSERSI COMPRATI TRUMP. E INVECE IL TYCOON HA PRESO I SOLDI E LI PUNISCE LO STESSO – IERI SI È APERTO A WASHINGTON IL PROCESSO INTENTATO DALLA FEDERAL TRADE COMMISSION CONTRO FACEBOOK: SAREBBE BASTATA UNA FIRMA DI TRUMP PER FAR SALTARE TUTTO, E INVECE IL TYCOON TIRA DRITTO. NON PUÒ NON FARLO O SI ALIENEREBBE L’ALA POPULISTA DEL VECCHIO MONDO “MAGA” (BANNON E COMPAGNIA), CHE VEDE NEI PAPERONI TECH TUTTO IL MALE POSSIBILE – IL POSSIBILE SMEMBRAMENTO DI “META” E I RISCHI PER GOOGLE…
Estratto da “Appunti”, la newsletter di Stefano Feltri
[…] l’amministrazione Trump non è così compatta come sembra, le due anime, quella populista e quella tecnocratica, sono in continua tensione, e gli esiti sono imprevedibili. E questo si vede proprio sul terreno cruciale, quello del rapporto con le grandi aziende tecnologiche.
Nel mondo di Trump c’è Elon Musk, che incarna la saldatura tra il trumpismo e le piattaforme digitali, che passa per il sostegno del governo al mondo delle criptovalute e si declina nelle pressioni su TikTok per cedere le sue attività americane e sull’Unione europea per ammorbidire il suo approccio alle Big Tech americane. 3.41
Però nel mondo di Trump c’è anche un’altra ala, quella populista, che alle Big Tech invece ha dichiarato guerra, e che sta di fatto portando avanti le battaglie dell’amministrazione Biden ispirate alle idee di Louis Brandeis: usare gli strumenti dell’antitrust contro le grandi concentrazioni di potere economico, e politico, a beneficio del popolo.
[…]
A Chicago ho partecipato a una conferenza organizzata dallo Stigler Center della Booth School of Business dell’Università di Chicago, dove ho lavorato per un periodo, diretto dal professor Luigi Zingales.
Tra i relatori più attesi c’era Andrew Ferguson, un avvocato di 38 anni, Repubblicano, che Trump ha messo a capo della FTC, la Federal Trade Commission, uno degli enti che nel sistema americano ha le maggiori responsabilità antitrust, assieme al Dipartimento di Giustizia.
Ferguson ha parlato a un pubblico che più prevenuto di così non poteva essere: la critica al potere di Big Tech americano è partita proprio da una conferenza e da un rapporto dello Stigler Center nel 2019, l’amministrazione Biden ha fatto proprie molte delle idee discusse ogni anno alle conferenze dello Stigler Center e ha nominato alla FTC la campionessa di quell’approccio, Lina Kahn, famosa per aver denunciato per prima lo strapotere di Amazon.
Il discorso di Andrew Ferguson è stato per certi aspetti una sorpresa. Come tutti i Repubblicani che parlano in pubblico, anche Ferguson ha parlato soprattutto al suo pubblico di riferimento più rilevante: cioè Donald Trump.
Dunque, abbiamo ascoltato la prevedibile lista di lamentele per la censura delle piattaforme digitali alle idee non allineate e la necessità di un dibattito libero e aperto come quello che avviene su X di Elon Musk.
Il presidente della FTC ha dovuto omaggiare tutte le parole d’ordine del trumpismo versione Musk che prevedono la denuncia della connivenza passata tra Democratici e Silicon Valley per giustificare lo spostamento a destra attuale, a sostegno di Trump, di tutte le Big Tech.
Però poi Ferguson ha detto anche qualcos’altro, di molto rilevante: ha spiegato che secondo lui e secondo la FTC che guida, ogni concentrazione di potere è di per sé un problema, se c’è un mercato nel quale c’è un solo soggetto dominante, o ce ne sono pochi, questa è già una buona ragione per dare un’occhiata a cosa succede e farsi qualche domanda.
MAIL INTERNA DI MARK ZUCKERBERG SULL ACQUISTO DI INSTAGRAM
L’ossessione della destra trumpiana per il “free speech”, per la libertà di espressione, è usata di solito per legittimare ogni proclama di estrema destra, razzista, violento, ma può essere anche un argomento valido per limitare il potere delle piattaforme digitali: un settore troppo concentrato, con pochi soggetti che determinano tutto, è un settore dove è più facile coordinarsi. Il coordinamento distrugge il “mercato delle idee” e determina una censura, e questo non va bene ai trumpiani.
“Se c’è fumo, bisogna guardare che succede”, dice Andrew Ferguson.
Può sembrare poco, ma è tantissimo: quella dichiarazione di principio, assieme alla scelta di partecipare a un evento così connotato come la conferenza dello Stigler Center di Luigi Zingales, indica una scelta di campo precisa.
L’amministrazione Trump continuerà a usare l'antitrust come l’amministrazione Biden, e questa è una sorpresa. C’è un’anima populista, nell’amministrazione Trump, che si contrappone a quella tecnocratica, anti-democratica di estrema destra.
Il capotribù della fazione populista è il reduce della prima stagione trumpiana, Steve Bannon, mentre il capofila dei tecnocrati antidemocratici che si riconoscono nel movimento Make America Great Again è Elon Musk.
[…]
Quelle di Andrew Ferguson non sono soltanto dichiarazioni di principio. Nella giornata di lunedì 14 aprile si è aperto un processo cruciale contro Facebook in una corte federale di Washington, DC.
A portare in giudizio Facebook è proprio la FTC: il processo avrebbe potuto saltare facilmente, Trump ha licenziato in modo forse illegale due commissari in quota Democratici, i due superstiti, tra cui il presidente Ferguson, avrebbero potuto fare un accordo stragiudiziale con Mark Zuckerberg e chiudere la faccenda.
Non l’hanno fatto, anzi, si preparano ad affrontare molto battaglieri un processo che potrebbe portare allo smembramento di Facebook.
Nel 2012 Facebook ha comprato Instagram per un miliardo, nel 2014 WhatsApp per 19 miliardi. La FTC proverà a dimostrare che Facebook ha fatto quelle due acquisizioni per mantenere il proprio potere di monopolio nel mercato e soffocare ogni concorrenza.
Ci sono perfino mail interne di Mark Zuckerberg che spiega l’acquisto di Instagram così, cioè con la necessità di neutralizzare un potenziale concorrente.
MARK ZUCKERBERG SPIZZA IL DECOLLETE DI LAUREN SANCHEZ
Ma non sarà una battaglia facile. Facebook proverà a sostenere che non è affatto un monopolista, che il mercato dei social network è grande e ci sono tanti concorrenti che se lo contendono, da LinkedIn a X a Snapchat.
Secondo la FTC, invece, Facebook agisce in un mercato nel quale è il protagonista assoluto, quello del “servizi di social network personali”: su LinkedIn o su X non si celebrano compleanni e non si postano ricordi delle vacanze, su TikTok non si hanno amici, e così via.
[…] In ogni caso, è probabile che la FTC faccia affidamento su prove indirette del potere di mercato di Meta: l’elevata quota di mercato combinata all’esistenza di barriere all’ingresso che impediscono ad altri di erodere la quota detenuta da Meta”.
Meta rischia di essere condannata a uno smembramento dell’azienda, cioè a separare WhatsApp o Instagram, sarebbe un colpo quasi esistenziale per la galassia Facebook.
Anche Google, che ha perso un processo analogo per quanto riguarda il monopolio nella ricerca, potrebbe finire smembrata: il giudice deve ancora indicare i rimedi allo strapotere riscontrato. E anche in quel caso l’amministrazione Trump avrebbe potuto cercare una chiusura amichevole della controversia, ma non l’ha fatto.
Trump, o almeno alcuni segmenti del trumpismo, sanno che in questo momento colpire Big Tech è una mossa molto popolare, e populista, anche e soprattutto nel mondo conservatore.
Mark Zuckerberg non è riuscito ad arginare l’ennesima fuga di notizie interna, con l’ex dipendente Sarah Wynn-Williams che ha denunciato in Senato le pratiche interne a Facebook che prevedevano di prendere di mira gli adolescenti più fragili, identificare i loro momenti di disagio e condividere questa informazione preziosa con gli inserzionisti pubblicitari, senza curarsi delle possibili conseguenze negative.
Se una ragazzina di 13 anni cancella un selfie, forse è un buon momento per provare a venderle un prodotto di bellezza, perché è un segnale di insicurezza sul proprio aspetto.
Zuckerberg, come gli altri capi di Big Tech, ha poi un problema europeo: le piattaforme rischiano sanzioni per l’applicazione delle regole sulla concorrenza e sulla protezione degli utenti, Il Digital Services Act e il Digital Markets Act, ma adesso rischiano anche una tassazione sui ricavi da pubblicità digitale che la Commissione europea potrebbe imporre in risposta ai dazi di Trump.
Per questo Zuckerberg, come Jeff Bezos di Amazon, gli investitori Marc Andreessen e Peter Thiel, oltre che ovviamente a Elon Musk provano a esercitare la loro massima influenza sulla Casa Bianca, per difendere i propri interessi.
Ma proprio nel mondo trumpiano potrebbero trovare una resistenza. L’uso popolare e populista dell’antitrust potrebbe essere l’unica sorpresa positiva dell’amministrazione Trump fin qui. Oppure potrebbe essere una fugace illusione che Big Tech neutralizzerà presto, vedremo.
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