“STARMER È UN TONY BLAIR SENZA CHARME, HA TRASFORMATO IL LABOUR IN UN PARTITO DI DESTRA” – IL RUGGITO DEL REGISTA DELLA WORKING CLASS KEN LOACH - “PER VINCERE HA RASSICURATO I CONSERVATORI, MA IL LABOUR NON RAPPRESENTA PIÙ I POVERI. IL RISULTATO È CHE, OGGI, IL VUOTO POLITICO PIÙ GRANDE È PROPRIO A SINISTRA, ED È UN ASSURDO" – “NON GIRERO’ PIU’ FILM. SONO TROPPO VECCHIO. E AL MOMENTO NON STO NEANCHE BENISSIMO IN SALUTE…”
Fulvia Caprara per lastampa.it
Nessuna esitazione e nessuna gioia. Al telefono da Londra, Ken Loach, il regista che ha dedicato l’intera carriera a descrivere vittorie, problemi, sconfitte e battaglie della classe operaia, dice subito quello che pensa del neo-eletto premier inglese Keir Starmer: «È un opportunista». Insomma, non c’è nulla da festeggiare, e, anche se il partito laburista registra un’affermazione schiacciante su quello dei conservatori, Loach, classe 1936, autore di “Piovono pietre”, di “Terra e libertà”, di “Io, Daniel Blake”, elenca una ad una, con la voce esile ma ferma, le ragioni di una bocciatura senza appello.
Che cosa pensa di Keir Starmer, è un uomo di sinistra oppure no?
«No, non lo è assolutamente. I suoi principali obiettivi erano due. Il primo ottenere la leadership all’interno del Partito laburista prendendo posizioni di sinistra in molti settori cruciali come la gestione dei trasporti, delle poste, dell’acqua, promettendo che sarebbero tornati ad essere gestiti in modo pubblico, statale.
Il secondo era vincere le elezioni e, per riuscirci, superando le paure dei media tendenti a destra, ha dovuto dimostrare che il partito laburista non è affatto di sinistra, cambiando del tutto orientamento, tradendo ogni promessa, abbandonando ogni proposito di riforma. Il Partito laburista che lui dirige non è più un partito di sinistra, sono stati messi da parte tutti i principi su cui si basava, adesso è una formazione che non ha nulla da dire ai poveri, che sostiene la vendita di armi a Israele. Tutta la sua politica è orientata a destra. La conseguenza è che i media, Bbc in testa, amano Starmer».
È un po’ come se fosse un altro Tony Blair?
«È un Tony Blair senza charme».
Qual è, secondo lei, la conseguenza più significativa di queste ultime elezioni?
«L’ironia di tutto sta, appunto, nel fatto che Starmer sia riuscito a trasformare il Partito laburista in un partito di destra».
Quindi in questo momento, in Gran Bretagna, non c’è, secondo lei, un leader che esprima realmente le necessità delle classi più disagiate.
«Sì, non c’è un vero partito che si occupi di loro. Le sole formazioni che si preoccupano di affrontare quei problemi sono quelle indipendenti che, in realtà, lo fanno molto bene. L’unica vera vittoria, la più grande, è quella che ha ottenuto Jeremy Corbyn, il leader che Starmer ha espulso dal Partito laburista e che aveva preso, in effetti, una notevole quantità di voti. Il risultato è che, oggi, il vuoto politico più grande è proprio a sinistra, ed è un assurdo.
Non c’è nessuno che rappresenti gli operai, i poveri, quelli che non hanno lavoro o l’hanno perso, i precari, e tanta altra gente che non riesce a sbarcare il lunario, che non può comprarsi da mangiare. Nessuno si occupa di loro».
Qual è il rischio più grande che questa situazione comporta?
«Il pericolo, che riguarda anche il resto dell’Europa, è che se la sinistra non ha voce in capitolo, non svolge il suo compito, le destre ne traggano profitto».
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Nel suo ultimo film “The Old Oak” affrontava il tema migranti, mostrando che il loro arrivo, in Gran Bretagna, come in Italia, in Francia e nel resto d’Europa, e la loro integrazione nelle nostre società, può essere fonte di forza, di crescita, di coesione sociale. Pensa che qualcosa stia mutando nel modo di affrontare il problema?
«Penso che dobbiamo almeno iniziare a promuovere il cambiamento».
In che modo?
«Una delle cose che il film diceva era che bisogna stabilire un rapporto di solidarietà tra operai, immigrati, rifugiati, sfruttati. Se permettiamo che ci dividano, se avalliamo le esclusioni, se ci facciamo mettere gli uni contro gli altri, la natura dei nostri Paesi verrà stravolta. Dobbiamo semplicemente capire che siamo tutti nella stessa situazione, che tutti condividiamo la stessa storia, che tutti dobbiamo vedercela con gli stessi problemi e con le stesse paure. E che solo stando insieme possiamo veramente modificare le cose».
In Italia è successo che il bracciante indiano Satnam Singh, vittima di un incidente sul lavoro, sia morto dissanguato, abbandonato senza cure dal suo datore di lavoro.
«Sì, ho seguito la vicenda. È un esempio terribile di un certo modo di pensare, di un comportamento collegato a un certo tipo di pensiero politico, che promuove lo sfruttamento degli esseri umani e la fedeltà all’unico obiettivo del business. Se facciamo diventare forte la destra, avvaloriamo una cultura secondo cui è normale che le persone possano comportarsi come quel datore di lavoro».
Di recente ha dichiarato che non girerà più film, pensa di poter cambiare idea?
«No, sono troppo vecchio. E al momento non sto neanche benissimo in salute. C’è un momento della vita in cui bisogna mettere un punto. Faccio film dal 1964, è un tempo lunghissimo. Non credo che ne farò un altro, ma questo non significa che non continuerò a parlare con le persone, ad andare in giro, a dire quello che penso. Ne ho bisogno».