DAGOREPORT - SE "AMERICA FIRST" DI TRUMP CONQUISTERA' LA CASA BIANCA PER L'EUROPA NULLA SARA' COME PRIMA - NEI SUOI 4 ANNI DA PRESIDENTE TRUMP NON HA MANCATO DI EVIDENZIARE L’IRRILEVANZA DELL'UNIONE EUROPEA, ENTRANDO IN CONFLITTO PER LO SCARSO IMPEGNO ECONOMICO A FINANZIARE LA NATO - AL 'NYT' IL TRUCE VANCE HA GIA' MESSO IN CHIARO CHE IL FUTURO DELL'UCRAINA "NON E' NEL NOSTRO INTERESSE" - SE LO ZIO SAM CHIUDE I RUBINETTI, DOVE VA UN'EUROPA DISSANGUATA DALLA GUERRA RUSSO-UCRAINA? AL VECCHIO CONTINENTE NON RESTERA' ALTRO CHE RICOMINCIARE A FARE AFFARI CON IL PRINCIPALE COMPETITOR DEGLI STATI UNITI PER LA SUPREMAZIA GLOBALE, L'ONNIPRESENTE CINA DI XI JINPING - DAVANTI A UNO SCENARIO DEL TUTTO NUOVO, CON L'UE COSTRETTA A RECUPERARE I RAPPORTI CON PECHINO E MOSCA (ORBAN E' GIA' AL LAVORO), COME REAGIRA' L'EX "SCERIFFO DEL MONDO"?
DAGOREPORT
trump VANCE convention repubblicana
Se l’America first, nuovo vangelo di Donald Trump e del suo candidato vicepresidente, J.D. Vance, dovesse trasformarsi nella bussola di Washington in politica estera, cosa succederà all’Unione europea?
Che l’Ue non piaccia a Trump è noto, nei suoi 4 anni da presidente non ha mancato di evidenziare l’irrilevanza del vecchio Continente rispetto all’emergente area indo-pacifica, ha criticato i suoi partner europei per lo scarso impegno economico a finanziare la Nato, ed è entrato in conflitto con i leader dell’Ue, a partire da Emmanuel Macron.
Zhu Rongji e Bill Clinton nel 1999
Ora l’Europa finisce nel mirino anche del rampante Vance, che ha già messo in chiaro a non avere intenzione di occuparsi del futuro destino dell’Ucraina, a cui invece Biden e Blinken hanno dedicato molti miliardi (“Non è nel nostro interesse”, ha detto in un’intervista al New York Times di un mese fa).
Le parole del duplex repubblicano sono suonate come un fragoroso gong nelle orecchie dei capoccioni di Bruxelles, che da anni sonnecchiano sotto l’ombrello militare americano.
XI JINPING ABBRACCIA VLADIMIR PUTIN
L’irrilevanza dell’Europa, agli occhi di Trump, fa da contraltare all’assoluta preminenza del dossier cinese, onnipresente nei suoi comizi e nelle sue proposte politiche.
Un colosso, quello di Pechino, che deve molto alla sufficienza dell’Occidente: fu Bill Clinton a volere la Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio e da allora tutti i leader del mondo libero hanno sottovalutato il Dragone, ignorando la specificità del carattere cinese.
PARTNER COMMERCIALI UE - DATI 2022
A differenza di quei trangugia-vodka dei russi, incartapecoriti nella loro atavica pigrizia da imperialismo neo-zarista da quattro rubli, il miliardo e mezzo di sudditi di Xi Jinping sgobbano. In tutti i campi. Studiano, copiano, implementano, realizzano: dall’alta tecnologia alla manifattura, dalle auto elettriche ai pannelli solari, la Cina ha il monopolio o è altamente competitiva in molti settori.
Negli anni, il regime comunista ha mostrato la sua potenza commerciale diventando il primo Paese per export in Europa (nel 2022 erano stati raggiunti i 627 miliardi di prodotti che l’Ue aveva acquistato da Pechino).
Una corrispondenza d’amorosi e danarosi sensi che ha subito una piccola battuta d’arresto con lo scoppio della guerra in Ucraina: gli Stati Uniti hanno provato a imporre all’Unione europea un graduale sganciamento dalla Cina. Il cosiddetto “de-coupling”, reinterpretato dai vertici di Bruxelles come “de-risking”.
Tradotto: una volta spezzato il legame politico e commerciale tra Europa e Russia (tagliandoci le forniture di gas a basso costo che hanno garantito per anni il successo dell’industria tedesca), mettendo al bando Putin e i suoi oligarchi, Washington pretendeva, e pretende ancora, la stessa distanza verso Pechino.
Gli Stati Uniti hanno un obiettivo chiaro: la loro supremazia globale. Per raggiungerla, devono depotenziare il loro principale competitor.
Il miglior modo per farlo è isolarlo dalla parte di mondo più ricca e sviluppata, cioè l’Occidente. Un’Europa che flirta con Xi Jinping, e si lega mani e piedi con un imponente interscambio, finisce per danneggiare i piani dello zio Sam.
Ogni ipotesi di “Via della Seta”, infatti, è stata stroncata dalle pressioni americane e l’Italia stessa, che aveva firmato il memorandum filo-Pechino ai tempi del Conte I, ha dovuto rinculare senza fiatare.
Ora, però, con quei due esaltati populisti di Trump e Vance, lo scenario potrebbe mutare radicalmente. Se Washington molla l’Europa, l’Europa dove va?
Se a Bruxelles ci fossero politici con zebedei notevoli, metterebbero gli attributi sul tavolo dicendo: “Ci abbandonate? Benissimo. Noi ricominciamo a fare affari con la Cina. E pure con la Russia, le cui risorse naturali servono alle nostre industrie”.
Senza dimenticare che gli Stati Uniti importano 509 miliardi di beni e servizi dall’Unione europea, a conferma di una codipendenza impossibile da ignorare.
VIKTOR ORBAN IN VISITA DA DONALD TRUMP A MAR-A-LAGO
In questo scenario si muove come un’anguilla Viktor Orban. Il premier ungherese, che ha un bel pelo sullo stomaco, da presidente di turno dell’Ue ha trotterellato andando a visitare Zelensky, Putin, Xi Jinping e Trump, per poi redigere un piano in dieci punti per la pace in Ucraina: una lettera con cui il “Viktator” striglia l’Europa sulla gestione del conflitto, ma anche un modo per mettere le mani avanti e preparare il terreno a una nuova fase nei rapporti internazionali dell’Ue.
Quando Trump, grande sostenitore di Orban, deciderà di rompere i legami con l’Europa, sarà necessario tornare ad avere relazioni con Russia e Cina. E lui sarà in prima fila a reclamare il ruolo di pontiere tra Oriente e Occidente.
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