"NON SPAVENTIAMOCI PER I DATI SEMPRE PIÙ ALTI, AVREMO IL PICCO A INIZIO GENNAIO POI LA CURVA SCENDERÀ" - L'EPIDEMIOLOGO LOPALCO: "I NUMERI NON DEVONO SPAVENTARCI, SE NON CORRISPONDONO ALL'AUMENTO STRAORDINARIO DI RICOVERI. LA CORSA AI TAMPONI NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI È INUTILE. L'OBIETTIVO NON DEVE ESSERE QUELLO DI ABBASSARE IL NUMERO DEI POSITIVI AL SARS-COV-2 MA DI NON INTASARE GLI OSPEDALI. UN LETTO IN PIÙ PER PAZIENTI COME QUESTI VIENE SOTTRATTO A UN CARDIOPATICO CHE ASPETTA DI ESSERE OPERATO AL CUORE…"
Margherita De Bac per il "Corriere della Sera"
«Il sistema delle quarantene è tutto da rivedere ed è giusto averlo rimesso in discussione. Stiamo correndo un pericolo grave». È incalzante e ha un tono accorato Pier Luigi Lopalco, epidemiologo, docente all'Università del Salento. «Siamo in pieno caos», ragiona da addetto ai lavori, da tecnico che per anni ha lavorato nei dipartimenti di prevenzione e sa bene cosa sta accadendo. Milioni di italiani bloccati a casa in isolamento e quarantena, pur non accusando sintomi. Gli operatori dei centri addetti al tracciamento dei contatti «stritolati dalle segnalazioni».
La situazione precipita, siamo a quasi 100 mila positivi.
«Stiamo vivendo ciò che si prevedeva quando all'orizzonte è comparsa la variante Omicron. I numeri sempre più alti non devono spaventarci, se non corrispondono all'aumento straordinario di ricoveri. Il picco ci sarà nella prima settimana di gennaio. Poi la fiammata si spegnerà».
Criticità evitabile?
«Sì, se fossimo stati tutti vaccinati il virus si sarebbe adeguato a diventare endemico. Avrebbe continuato a circolare ma senza creare danni».
È giusto cambiare il meccanismo che regola «contact tracing» e tamponi?
«Non c'è dubbio. E bisogna fare in fretta. Parto dalla mia esperienza personale. Vaccinato con tre dosi, uno dei commensali con cui ho cenato mi avverte di essere positivo. Qual è il rischio che io sia stato contagiato e possa essere portatore del virus? Molto vicino allo zero, come per l'80% degli italiani vaccinati con due o tre dosi».
Quindi?
«Chi ha avuto contatti stretti con un positivo (che significa essergli stato vicino per un periodo prolungato, una cena o un colloquio di lavoro al chiuso), se è immunizzato e non ha sintomi, venga avvertito della circostanza ma sia libero di uscire di casa. Seguendo ovviamente le prescrizioni: uso di mascherina Ffp2, limitare al massimo gli incontri, tenersi lontano da anziani e fragili, niente feste».
Inutile la corsa ai tamponi?
«Sì, nella maggior parte dei casi è inutile. È un delirio nei centri. E così chi davvero ha bisogno di ottenere una risposta diagnostica per uscire dalla quarantena e provare di essere negativo resta inchiodato a casa perché non ha la possibilità di ottenere un riscontro. Non solo. È ancora più grave la situazione per chi ha sintomi che fanno pensare al Covid-19 e non riesce ad accertarlo per la stessa difficoltà di prenotare un test».
Come invertire la rotta?
«La rete diagnostica è intasata perché le risorse vengono investite nel tracciamento e nell'attività dei tamponi fatti a chi non ne avrebbe bisogno e richiede il test solo per incontrare amici. Non ha senso, in mancanza di sintomi. Diamo la precedenza ai pazienti che invece sono a rischio di infezione. Hanno diritto di poterlo sapere precocemente per essere curati, considerata la disponibilità di terapie efficaci se date tempestivamente».
Il tracciamento è saltato di nuovo?
«Non c'è da stupirsi. È un'attività possibile solo quando l'ondata è agli inizi o sta finendo, non in una fase con 100 mila casi al giorno».
Come si può attutire l'esplosione di casi?
«L'obiettivo non deve essere quello di abbassare il numero dei positivi al Sars-CoV-2 ma di non intasare gli ospedali. Purtroppo in una rete così estesa di contagi il virus colpisce i più fragili e i non vaccinati, che rischiano la terapia intensiva. Un letto in più per pazienti come questi viene sottratto a un cardiopatico che aspetta di essere operato al cuore».
Cosa dice il suo slogan?
«La sicurezza non si trova in un tampone ma dipende da noi stessi».