L'APPETITO VIEN SCATTANDO: ANTONIONI IN 400 CLIC! IL MARE SENZA IL SOLITO BLU, GLI INTERNI DELLE CASE COME GABBIE INTERIORI E I GESTI INQUIETI DI MONICA VITTI: LE FOTO DI ENRICO APPETITO PER ANTONIONI SUI SET DEI FILM DI DEDICATI ALLA MALATTIA DEI SENTIMENTI
Claudia Colasanti per il “Fatto Quotidiano”
Il mare senza il solito blu, gli scogli (delle Eolie) come punte di coltello, gli interni delle case come gabbie interiori intrise di segni strabici, gli sguardi e i gesti inquieti e tormentati di Monica Vitti e di Lea Massari.
Pochi giorni ancora (fino a domenica 7 febbraio) per lasciarsi trasportare nei luoghi complessi della mente, nel taglio chiaro e vivido che fa del ferrarese Michelangelo Antonioni (1912-2007) il più potente (non a tutti digeribile, ma alla lunga il vincitore, il vero padre della modernità cinematografica) esploratore della visione di un mondo non indifferente alla psicologia umana ed alle potenzialità di ogni espressione visiva.
Presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna, a Roma “I 400 scatti”, una selezione di immagini realizzate dal fotografo di scena Enrico Appetito, tra il 1959 e il 1964, sui set dei quattro film di Antonioni dedicati alla “malattia dei sentimenti“ o “tetralogia dell’incomunicabilità”: L’ avventura (1959-60), La notte (1961), L’eclisse (1962) e Il deserto rosso(1964).
Immagini scelte tra le più intense di un percorso di complicità con il regista, gli attori e i paesaggi, che ha consentito ad Appetito di cogliere attimi, sensazioni, ironie e ansie. Gli scatti ingranditi e scanditi per film sottolineano quella preveggenza così nitida che non può che infastidire, decenni prima che ci si accorga quanto lo sfacelo, culturale, politico e psichico abbia ridotto in macerie il mondo intero.
Antonioni lo fa da subito e per tutta la vita, centrando l’obiettivo anche quando non sembra, con la descrizione puntigliosa del nei contesti architettonici più disparati, dimostrando che da un “ovunque possibile”, che sia isola, mare, deserto, centro storico,
corridoio di un treno, chiesa o palazzo elegante, non si sfugge alla propria lacera identità, ai dolori, anche quelli inutili, che colgono impreparati, alle immagini dense e silenti dell’arte –che ci aiutano solo in parte –a districare i fili di un’esistenza inquieta e da un futuro che volge alla deriva.
Anche in questo caso (la mostra interdisciplinare di Palazzo dei Diamanti di Ferrara, nel 2013, poi esportata a Parigi, ha fatto scuola) non vi è solo una carrellata di scatti e brani di film, ma il rimando tra arte, cinema e fotografia è onnipresente. Le immagini fotografiche vengono messe in relazione con dipinti e sculture dei maestri dell’avanguardia italiana ed europea del Novecento.
Spunti di spazi mentali che riconducono alla base visionaria di ogni singolo film, passando non per le parole, ma attraverso le immagini, ovvero la sostanza da cui quasi tutta la sua opera prende forma.
Nella trilogia raccontata da Appetito, la pittura italiana contemporanea è fondamentale fonte d’ispirazione: affiorano ricordi delle piazze di De Chirico e molte delle composizioni di Morandi e le citazioni di Campigli e Sironi. Viene svelata la parabola creativa (a cura di Antonio Passa e Marco Maria Gazzano)
accostandola a opere (appartenenti alla collezione della Galleria) di alcuni di questi colossi del Novecento, creando un dialogo diretto tra film e pittura, come Giorgio Morandi, Lucio Fontana, Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Mimmo Rotella, Emilio Vedova, Giorgio Turcato e Jean Fautrier.
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Infine – anzi per prima, quasi come un omaggio – la bellezza e la bravura senza confini di Monica Vitti, che illuminò il percorso artistico e biografico di Antonioni in quegli anni cruciali.