FRANCESCO ROSI FA 90 ANNI E RIVEDE IL FILM DELLA SUA VITA - L’ADORATA MOGLIE GIANCARLA MORTA IN MANIERA ATROCE, LA PASSIONE PER IL CINEMATOGRAFO, REGISTI E ATTORI, DA MATARAZZO A VISCONTI - “ALBERTO SORDI SAPEVA ANDARE OLTRE LE SUE CORDE COMICHE. STRAORDINARIO SALVO RANDONE. UN INTERPRETE MIRABILE FU ROD STEIGER. E POI GIAN MARIA VOLONTÈ…”

Antonio Gnoli per "la Repubblica"

Il fisico è ancora solido. Ma dietro gli occhiali bifocali a goccia si intravede lo sguardo malinconico di un signore che sta per compiere novant'anni. La sua parola è cortese. Di quella cortesia napoletana fatta di spontanee attenzioni: il caffè, la poltrona comoda, la dedizione all'altro. Anche se l'altro è la prima volta che mette piede in casa sua. È rilassato e disponibile Francesco Rosi, uno dei nostri artisti che ha reso grande il cinema italiano. Giuseppe Tornatore gli ha dedicato, sotto forma di conversazione, un libro molto intenso (Io lo chiamo cinematografo, in uscita per Mondadori) che ripercorre i suoi novant'anni.

«Sono stati lunghi, belli e penosi», dice Rosi. «Da qualche tempo non mi sveglio più con quella strana agitazione che ha afflitto questi miei ultimi anni». E lo dice, senza quella svogliatezza che hanno a volte i vecchi quando parlano di sé. Quando confessano un dolore nascosto che il pudore vorrebbe tenere a distanza, in una zona irraggiungibile del cuore. Il sole batte con delicatezza sulla vetrata di una casa la cui vista abbraccia la Roma di Trinità dei Monti. Sembra un quadro sulle pareti del cielo: «mi piace passare qui il mio tempo, ciò che mi rimane da vivere, tra le mie carte, i miei libri, i miei ricordi, le mie abitudini».

In che ordine metterebbe le cose che ha citato?
«Non c'è un ordine preciso. Se non quello che di volta in volta ti mantiene vivo. Vede il tavolino? Tutte le pubblicazioni ammonticchiate parlano di me e del cinema. C'è Luchino, intendo Visconti, con la sua acribia estetica. C'è Gian Maria Volonté, avvolto da un rigore frenetico che poteva diventare contagioso. Ci sono io con Le mani sulla città: un film, se mi consente, che rivisto oggi fa ancora un effetto dirompente. Le belle cose non hanno tempo».

Eppure il cinema è cambiato. C'è molta più tecnologia. Come la vive?
«Mi getta nel panico. Però ci può stare che le cose cambino e si evolvano. Oggi tutti parlano di algoritmi per dire che dipendiamo dal calcolo e che la scienza e le statistiche guidano il nostro sentire. Ma il cinema - quello vero - non lo fai con la scienza, bensì con l'intuizione e l'espressività artistica».

Cosa l'ha affascinata del cinema?
«Il mio battesimo avvenne con Chaplin. Mio padre mi portò a vedere Il monello e lì, in quella umile sala rumorosa, intravidi cosa il cinema mi avrebbe potuto dare e cosa io avrei potuto realizzare con questo mezzo».

Lei ha sempre puntato all'impegno, allo sguardo politico, ignorando l'evasione. Perché?
«Perché ognuno è fatto a modo proprio. La mia educazione avvenne sulle idee di Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini. L'impegno sociale, la pulizia morale, le buone regole li avevano stampati in fronte. E poi venne Visconti: fu per me determinante ».

In che modo?
«Diventai primo assistente a La terra trema e fu un'esperienza fondamentale. Il film lo girammo interamente in Sicilia. Per attori furono presi i pescatori e le donne del posto. Eravamo ad Acitrezza. Le riprese durarono sei mesi. Quel film mi ha fatto capire quanto importante è il rigore e l'assenza di artificio».

Ma anche quanto potesse essere esigente un personaggio come Visconti?
«Poteva trasformarsi in un uomo terribile. Un giorno si arrabbiò perché, secondo lui, non avevo eseguito al meglio certe disposizioni. Voleva sapere esattamente in che punto l'albero di una barca si spezzava dopo una tempesta. E io gli dissi che non potevo, viste le condizioni del tempo, andare a misurarlo. Tu non mi devi rispondere così! Esclamò, fra l'isterico e l'incazzato».

E lei che fece?
«Ero allibito e sconfortato. Ricordo che me ne andai a piangere sulla scogliera. Ma poi, dopo un paio di giorni, tutto riprese normalmente. È stato un grande nonostante i difetti. La mia ammirazione per lui era talmente profonda che avrei fatto qualsiasi cosa per fargli piacere».

Lei ha lavorato anche con altri registi?
«Sì, con Antonioni che era bravissimo nel gestire gli attori. Con Emmer, leggero e affabile. Con Monicelli, un uomo di grandissima intelligenza. Con Raffaello Matarazzo».

Il regista di Catene?
«Proprio lui. Ebbe un successo clamoroso negli anni cinquanta. Dietro quel suo modo un po' patetico di fare cinema c'era in realtà un signore raffinato e colto. Aveva paura di tutto».

A proposito di successo, lei si impone quasi subito con La sfida.
«Era un film sulla camorra, girato quasi interamente tra le strade di Napoli. Allora, pochi conoscevano quel fenomeno criminale».

Che lei approfondì con Le mani sulla città.
«Cercai di cogliere il grado di corruzione che la politica aveva toccato e il suo coinvolgimento negli affari criminali. Come vede: niente di nuovo sotto il sole».

Quel film era stato preceduto da Salvatore Giuliano. Di quali anni parliamo?
«Salvatore Giuliano uscì nel 1961, Le mani sulla città nel 1963».

C'è un cambio di linguaggio tra i due film.
«Salvatore Giuliano era più innovativo. Aveva delle soluzioni che rivoluzionarono la grammatica del cinema. Entrambi i film piacquero enormemente a Orson Welles».

Lo ha conosciuto?
«Bene, quando girai Il momento della verità. Anche lui voleva fare un film sulle corride. Fu un personaggio straordinario. Colossale come il suo fisico: a tavola era uno spettacolo e nel cinema un genio assoluto. Afflitto da una permanente mancanza di denaro».

Cosa pensa del film che Michael Cimino ha realizzato su Salvatore Giuliano?
«Un'opera imbarazzante. Tanto più, se si pensa che proviene dallo stesso autore che ha girato quel capolavoro assoluto che è Il cacciatore».

Un regista può essere così ondivago nei risultati?
«Il fatto che accada ci insegna che la creatività ti può abbandonare da un momento all'altro».

A lei è successo?
«Certamente ho fatto film belli e meno belli. Se ripenso al mio Cronaca di una morte annunciata mi rendo conto di aver subito troppo la letterarietà del romanzo di Marquez. Tra l'altro scelsi un attore nel ruolo di protagonista che non funzionò».

Con chi ha lavorato meglio?
«Con Alberto Sordi feci I magliari. Si rivelò un attore che sapeva andare oltre le sue corde comiche. Straordinario era Salvo Randone e un interprete mirabile fu Rod Steiger. E poi Gian Maria Volontè. Il suo professionismo rasentava la santità. Poteva ricopiare a mano per tre o quattro volte la sceneggiatura pur di entrare completamente nella parte».

Di lui abbiamo il ricordo di un uomo schivo.
«Fu una singolare figura di comunista radicale. Era difficile discutere con Gian Maria. Tutto diventava per lui decisivo, per questo, a differenza di Elio Petri, cercavo di non provocarlo. Uno degli ultimi attori con cui ho lavorato fu Vittorio Gassman in Dimenticare Palermo,
fu toccante e straordinaria la sua interpretazione. Mi chiese come era andato, e la cosa mi apparve strana detta da lui. E poi pensai: guarda questo attore acclamato da tutti e reso così fragile dalla depressione. Del resto ne sapevo qualcosa con Giancarla».

Intende dire sua moglie?
«Sì. Era una donna speciale. Me ne innamorai la prima volta che la vidi: una sera al bar Rosati di Roma. E non ebbi più pace fino a quando non ci mettemmo insieme. Allora, uscivo da una relazione con Nora Ricci che mi aveva dato Francesca, una bambina bellissima che, in seguito, manifestò qualche problema».

Di che natura?
«Sinceramente mi è difficile mettere a nudo questa parte. Giovanni Bollea mi disse che Francesca soffriva di una forma di autismo. E io non mi capacitavo. Certe volte la sentivo parlare al telefono. Con quella voce che improvvisamente si faceva squillante: "Sono la figlia di Francesco Rosi", diceva. In certi momenti era felice e normalissima. In altri coglievo un disagio profondo. Poi un giorno ci fu un incidente».

Che cosa accadde?
«Stavamo andando in macchina a Napoli. Improvvisamente mi ritrovai fuori strada. Non ho nessun ricordo successivo. Mi risvegliai nell'ospedale di Frosinone e in seguito appresi che Francesca era morta sul colpo. Il mio dolore fu immenso. E a più di quarant'anni da quel fatto tragico, continuo a sentire in me un chiodo rovente. Non so perché gliene parlo. È come voler mettere a nudo un senso di colpa».

Forse anche desiderare di rivederla com'era e come l'ha amata.
«Ma siamo davvero dei testimoni attendibili, nel momento in cui rendiamo pubblico il nostro dolore?».

Forse sì. Se riusciamo a condividerlo con gli altri.
«Forse. E mi viene da pensare a Giancarla, mia moglie. Siamo stati felici, insieme, per cinquant'anni. Senza di lei non avrei realizzato quasi nulla di tutto ciò che ho fatto. Capisce? Ci completavamo. E quando è caduta prima in depressione e poi è rimasta preda dell'Alzheimer, sono come impazzito. Per starle più vicino ho smesso di fare cinema. Mi sono dedicato al teatro. Ma quasi tutto il tempo lo dedicavo a lei. Ed è morta anche lei in maniera tragica, per un incendio provocato da una sigaretta, poco più di due anni fa. Solo oggi ho l'impressione di ricominciare a vivere».

Avrebbe voglia di fare un nuovo film?
«Ogni tanto penso a quelli che non ho realizzato. E li ritrovo lì, appesi alla mia malinconia. Mi verrebbe voglia di scuoterli. Di riappassionarmi ai progetti. Ma i miei novant'anni rendono tutto più problematico».

Perché? Ci sono autori che nonostante l'età - o forse grazie ad essa - raccontano cose bellissime.
«Li invidio. Ma io sto sfiorando una soglia, oltre la quale c'è solo la morte. E le confesso che per la morte provo solo disgusto. Non mi piace. È una stronzata dirlo, perché non piace a nessuno. Però, mi accorgo che tutti i miei film hanno toccato il problema della morte. C'è una punta di metafisica in questo. Quanto alla morte concreta non è che ne ho paura. Ma non mi ci vedo. È come un fotogramma in cui non vorrei esserci. E allora mi illudo di fermare il tempo».

In che modo?
«Sa, vivo in una casa dove non ho spostato nulla dalla scomparsa di Giancarla. Sono tornato a dormire nella sua stanza da letto. Quando mi sveglio la mattina vedo il mondo che apparteneva a lei e questo per me significa continuità, mi rassicura sui sentimenti che provo. Sono più tranquillo. Meno angosciato. Nessun rumore ha più il suono sgradevole dello schianto».

 

Francesco Rosi con la moglie Giancarla Rosi (dalla Repubblica)FRANCESCO ROSI INTERVIENE FOTO ANDREA ARRIGA FRANCESCO ROSI FOTO ANDREA ARRIGA FRANCESCO ROSI CON MASSIMO WERTMULLER FOTO ANDREA ARRIGA Giuseppe Tornatore ANDREA CAMILLERI FRANCESCO ROSI gian maria volonteFRANCESCO ROSI SordiFrancesco Rosi Francesco Rosi Ettore Scola- Copyright PizziFrancesco Rosi - Copyright PizziFrancesco Giro Rosi Greco - Copyright PizziVittorio_Gassman1el21 francesco rosi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...)

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E TUTTO SAREBBE FINITO LÌ. INVECE LA MAL-DESTRA HA PRESO IL SOPRAVVENTO BUTTANDOLA IN CACIARA E METTENDO NEL MIRINO IL PROCURATORE LO VOI, MOLTO LONTANO DALLA SINISTRA DELLE “TOGHE ROSSE” - QUELLO CHE COLPISCE DEL PASTICCIACCIO LIBICO È CHE SIA STATO CUCINATO CON I PIEDI, MALGRADO LA PRESENZA A FIANCO DI GIORGIA MELONI DI UN TRUST DI CERVELLONI COMPOSTO DA UN EX MAGISTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (CARLO NORDIO), UN PREFETTO A CAPO DEGLI INTERNI (MATTEO PIANTEDOSI) E DI UN ALTRO EX GIUDICE ALFREDO MANTOVANO, SOTTOSEGRETARIO DI STATO - NELL’INCONTRO AL COLLE, LA DUCETTA HA ILLUSTRATO A MATTARELLA (CHE RICOPRE ANCHE LA CARICA DI PRESIDENTE DEL CSM), COSA AVREBBE TUONATO VIA SOCIAL CONTRO LE “TOGHE ROSSE”? OVVIAMENTE NO… - I VOLI DI STATO PER IL TRASPORTO DI AUTORITÀ, LE MISSIONI E GLI INTERVENTI A FAVORE DI PERSONE COINVOLTE IN “SITUAZIONI DI RISCHIO” (DA CECILIA STRADA AD ALMASRI), VENGONO EFFETTUATI DAI FALCOM 900 DELLA CAI, LA COMPAGNIA AERONAUTICA DI PROPRIETÀ DEI SERVIZI SEGRETI, CHE FA BASE A CIAMPINO

romano prodi dario franceschini giuseppe conte elly schlein

DAGOREPORT - COME ANDRÀ A FINIRE LO PSICODRAMMA MASOCHISTICO DEL CENTRO-SINISTRA IN VISTA DELLE REGIONALI 2025 E DELLE POLITICHE DEL 2027? A PARTE FRANCESCHINI, L’HANNO CAPITO TUTTI CHE MARCIANDO DIVISI, PER I PARTITI DELL’OPPOSIZIONE LA SCONFITTA È SICURA - CHIUSA NEL BUNKER DEL NAZARENO CON UNA MANCIATA DI FEDELISSIMI, ELLY SCHLEIN HA GIÀ UN ACCORDO SOTTOBANCO COL M5S DI CONTE PER MARCIARE UNITI ALLE PROSSIME REGIONALI IN TOSCANA, CAMPANIA E PUGLIA E VENETO. UNA VOLTA UNITE LE FORZE, LE PRIME TRE, ACCORDO IN FIERI COL REGNO DI NAPOLI DI DE LUCA, IL SUCCESSO PER L’OPPOSIZIONE È SICURO - IN VISTA DELLE POLITICHE DEL 2027 VINCERÀ L’IDEA DI UN ‘’PARTITO-PLURALE’’ CON ELLY CHE SI ACCORDERÀ CON IL PADRE NOBILE E SAGGIO DELL’ULIVO, ROMANO PRODI, SULLE PRIORITÀ DEL PROGRAMMA (NON SOLO DIRITTI CIVILI E BANDIERE ARCOBALENO), E FARÀ SPAZIO ALL'ANIMA CATTO-DEM DI BONACCINI, GENTILONI, GUERINI, RUFFINI...

fedez chiara ferragni game over matrimonio x

“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL RAPPER, FABRIZIO CORONA, BUTTA BENZINA SUL FUOCO: “RACCONTERÒ LA MOGLIETTINA PERFETTA CHE SEI, QUANTE STRONZATE RACCONTI DA 15 ANNI, I TUOI AFFARI SPORCHI E L'AMORE CHE PERÒ HAI VISSUTO TRADENDOLO COSTANTEMENTE" - L’IRRESISTIBILE SCENEGGIATA, RICCA DI MIRATISSIMI COLPI ALL'INGUINE MESSA IN SCENA DALL’EX DUO FERRAGNEZ, CONFERMA LA PIÙ CLASSICA CONVINZIONE FILOSOFICA-EUCLIDEA: L'IDIOZIA È LA PIÙ GRAZIOSA DISTANZA FRA DUE PERSONE (SALVO POI SCOPRIRE CHE, AL LORO CONFRONTO, I COSIDDETTI MEDIA TRASH SCANDALISTICI SONO INNOCENTI COME TUBI) - AMORALE DELLA FAVA: IL LORO MATRIMONIO CELEBRATO NEL 2018 IN UNA LOCATION DI LUSSO DI NOTO, TRASFORMATO IN LUNA PARK VERSIONE FLOWER POWER, CON RUOTE PANORAMICHE E CONSOLLE DI DEEJAY, ERA UNA PROMESSA DI FUTURO: PAGLIACCIATA ERA, PAGLIACCIATA È STATA - VIDEO

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps

DAGOREPORT - NEL GRAN RISIKO BANCARIO, L’UNICA COSA CERTA È CHE MONTE DEI PASCHI DI SIENA È ORA NELLE MANI DI DUE IMPRENDITORI PRIVATI: MILLERI E CALTAGIRONE. ALTRO CHE BANCA LEGHISTA COME CIANCIA SALVINI - ALTRA CERTEZZA: L’OPS SU MEDIOBANCA SARÀ COMPLETATA DOPO L’ASSALTO A GENERALI - SE L’IMMOBILIARISTA CALTARICCONE SOGNA LA CONQUISTA DELLA SECONDA COMPAGNIA EUROPEA CHE GESTISCE 32 MILIARDI DI EURO DI BENI IMMOBILI, ALCUNI EREDI DEL VECCHIO ACCUSANO MILLERI DI ESSERE SUBALTERNO AL DECISIONISMO DI CALTA - SULLA PIAZZA DI MILANO SI VOCIFERA ANCHE DI UNA POSSIBILE DISCESA IN CAMPO DI UN CAVALIERE BIANCO CHE LANCI UN’OPA SU MEDIOBANCA PIÙ RICCA DELL’OPS DI CALTA-MILLERI-LOVAGLIO...