"ABBIAMO UN GOVERNO DI FASCI CHE DICE FRASI PREISTORICHE" - IL RAPPER MARRACASH, AL SECOLO FABIO BARTOLO RIZZO, LE CANTA E LE SUONA A GIORGIA MELONI - IL "KING DEL RAP" HA PUBBLICATO A SORPRESA UN NUOVO DISCO ("È FINITA LA PACE") IN CUI RANDELLA A DESTRA E A MANCA: PRENDE A SBERLE LA SCENA TRAP IMPANTANATA NELL’OSTENTAZIONE E ATTACCA FEDEZ ATTRAVERSO LE RIME SU "MATRIMONI FINITI, BIBITE E BODYGUARD" - "CILIEGINA" SULLA TORTA? L'ANALISI POLITICA DEL CAOS MEDIORIENTALE: "CHI FINANZIA IL GENOCIDIO A GAZA?"
Estratto dell'articolo di Andrea Laffranchi per il “Corriere della Sera”
Marra è chiuso in una bolla. Il rapper si è fatto raffigurare così sulla cover di «È finita la pace», album uscito a sorpresa ieri. «È un simbolo per dire a chi ascolta che per 50 minuti sarà immerso in un disco diverso dal resto del panorama. Ma è anche l’idea della bolla in cui ognuno di noi si può rinchiudere. E infine rappresenta la nostra epoca fatta di bolle: notizie imprescindibili ma che durano pochi giorni, l’immobiliare, le carriere degli artisti».
Dopo «Persona» e «Noi, loro gli altri» (14 dischi di platino, una Targa Tenco, un tour sold out) che hanno fatto accettare a tutti l’autoproclamato titolo di «king del rap», «È finita la pace» alza ancora l’asticella. «Power Slap» prende a sberle la scena trap impantanata nell’ostentazione dei brand e nei feat che drogano gli stream (qui non ci sono né marchette né ospiti) e anche quella pop che si affida ai soliti autori e non vede oltre Sanremo e il tormentone estivo.
Un bersaglio potrebbe essere Fedez: rime su matrimoni finiti in calunnia, bibite e bodyguard tracciano il suo ritratto. «Il marketing in questo disco è zero. Il mercato reitera se stesso, la musica è piatta e uniformata. Quando vedo che si mettono in sette autori per una canzone penso che stiano cercando la ricetta che accontenta tutti come farebbe un algoritmo.
Se svendi la tua musica, che è la tua vita, rendi la tua vita un prodotto, ma coi soldi e il successo non te ne compri un’altra. Io mi sento un’alternativa che sa essere rilevante, non quella che si fa schiacciata dal mainstream».
In «Troi*» sfida gli stereotipi linguistici del rap: «Scardino l’utilizzo del termine rivolto alle donne riferendolo a me stesso. Non ho una relazione, vivo il poliamore come si dice oggi, ma per l’uomo non esiste un corrispettivo di quella parola se non quelli vezzeggiativi, tipo Casanova o playboy».
[...] «Factotum» fotografa la vita ruvida di chi fa lavori «umili, saltuari e illegali» (un paio autobiografici): «In passato credevo di essere stato sfortunato e svantaggiato ma quello che vivi non deve diventare un alibi per comportarsi male: la rabbia non è costruttiva. Vedo molti “piangina” sui social: il non aver avuto i genitori, l’essere emarginato, non ti legittima a fare certe cose, non solo perché non sono legali».
[...] C’è un campionamento dei Pooh in «Soli», quello di «Firenze» di Ivan Graziani nella title track. «Non ha senso campionare gli americani: ho scelto quello che, volente o nolente, ascoltavo da bambino. Mia mamma sparava i Pooh nei viaggi verso la Sicilia. Graziani è un fil rouge con il cantautorato».
E come un cantautore di una volta si prende in carico l’analisi politica. Quella interna in «Crash» dove cita «un governo di fasci che dice frasi preistoriche»: «Essere se stessi vuol dire prendere posizione. Abbiamo questo governo, ma se ci fossero gli altri farei lo stesso. La politica è ridotta a woke contro alt-right: il calderone sta per esplodere». Quella estera nella title track in cui si chiede «chi finanzia il genocidio a Gaza?».
«Genocidio è la parola appropriata. Poi possiamo discutere se si debba giustificare o meno quello che fa Israele». Il successo del Marrageddon, 140 mila persone per il doppio festival dell’anno scorso, apre le porte al primo tour di un rapper negli stadi, sei città e doppietta a San Siro: «Dopo quell’evento sono andato in burn out. Quando finisce una cosa così grande, la vita, che è rimasta lì ferma, ti arriva addosso. Era recluso in una bolla: ho passato tempo con le persone che amo e ho provato a disintossicarmi dai sonniferi».
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