FUNERALINO - SOLO AD ANITONA EKBERG POTEVA ESSERE PERMESSO DI ANDARSENE SULLE NOTE COMPOSTE DA NINO ROTA PER “LA DOLCE VITA” - ASSENTE TUTTO IL MONDO DEL CINEMA ITALIANO, SOLO QUALCHE VECCHIO DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA
Marco Giusti per Dagospia
Diciamo che quello di Anitona è stato un bel funerale. A chi altro sarebbe stato permesso di andarsene sulle note composte da Nino Rota per La dolce vita a due passi da Via Veneto, nella bella chiesa luterana di Via Sicilia? Certo, si è sentito anche “Come te partirò” di Bocelli, che non era tanto invitante, ma la messa cantata era iniziata alla grandissima con “Is God a three letter word for love?” di Duke Ellington e proseguita con l’inno ottocentesco “How Great Thou Art”, cantata dallo stesso parroco celebrante della Chiesa di Svezia, e la celebre “Amazing Grace” che sarebbe stata meglio in un film di John Ford.
Tanti gli svedesi della comunità romana, tanti i fotografi internazionali, anche perché la notizia della scomparsa di Anita Ekberg, sui giornali stranieri e sui social, è stata davvero molto seguita, pochi gli italiani e scarsissimo il nostro mondo dello spettacolo. Due giornalisti svedesi si domandavano stupiti dove era il mondo del cinema italiano, dove erano le nostre star. Per la verità non c’erano grandi star.
Qualche vecchio direttore della fotografia, qualche attrice del tempo di Anita, come la bellissima Hélène Chanel che mi ha raccontato di quando era fidanzata con Ugo Tognazzi e lei abitava accanto a casa loro, nei primi anni ’60 e già stava con Gianni Agnelli. “Era Anitona sul set e anche in privato, molto divertente. Abbiamo vissuto gli anni migliori del cinema italiano. Forse per questo siamo rimaste a Roma”.
Potevano farsi gli spaghetti alle quattro di notte, scorazzare per Via Veneto, per i locali del tempo, come l’Ottantaquattro. “Avevo appena preso la patente e siamo volate con la mia macchina scoperta per le strade di Roma, con Anita che rideva come una pazza. La sua risata era inconfondibile”.
Un vecchio signore, che nessuno ha riconosciuto, ha dichiarato di fronte a tutti, in chiesa, che “lei era un regina, e lo aveva fatto sentire un re”. Ohibò!” Tanti i maschi, vecchi signori che l’avevano conosciuta e venerata come una divinità.
“Era la miglior compagna di lavoro che si potesse desiderare”, mi dice Renato Scarpa, attore di cinema e di tv. Assieme avevano fatto una vecchia fiction per la Rai. Ma non ci sono né registi, né critici, né giornalisti. Peccato, perché questo “Funeral Service” in onore di Kerstin Anita Marianne Ekberg era stato preparato in maniera decisamente più spettacolare dei funerali, laici e cattolici, che si fanno in onore degli artisti a Roma.
“Non mi sorprenderebbe “, ha detto nel suo discorso il parroco canterino, Per Edler, della Chiesa di Svezia, “se Anita alla porta del cielo chiedesse a Dio se abbia mai visto i suoi film. E non mi sorprenderebbe se Dio le rispondesse: Spiacente Anita, non ho mai avuto il tempo di vederli, ma ho sempre visto te e il tuo cuore! Anita sarebbe rimasta silenziosa per un breve attimo, magari brontolando dentro di sé, perché a Dio non interessavano le sue parti, per poi uscirsene con quel suo grande sorriso, perché lei era sempre stata vista e amata, qualcosa che tutti noi desideriamo”.