UN AMARO RAMAZZOTTI PER IL TIRANNO - EROS NON RESISTE A UN CACHET BOMBASTICO E VOLA A TASHKENT PER UN CONCERTO DAL PREMIER DELL’UZBEKISTAN (UN TIPINO ACCUSATO DI TENERE IN SCHIAVITÙ 1 MLN DI BAMBINI) - PIOVONO POLEMICHE - IL MANAGER DI EROS: COME LA METTIAMO COL FATTO CHE IL PAESE È RICONOSCIUTO DALL’ONU E L'ITALIA INTRATTIENE CON ESSO RELAZIONI DIPLOMATICHE? - IN PASSATO CI SONO CASCATI ANCHE STING, MORRICONE, ROD STEWART...

Monica Ricci Sargentini per il "Corriere della Sera"

Cantare alla corte di un dittatore per soldi. Accade. E non di rado. Alcune star si rifiutano, altre invece cedono alle lusinghe di compensi esorbitanti. Oggi sarà la volta di Eros Ramazzotti. Il cantautore italiano si esibirà a Tashkent, la capitale dell'Uzbekistan, a chiusura di un festival di cultura organizzato e finanziato da Gulnara Karimova, la poliedrica e ricchissima figlia del dittatore Islam Karimov accusata dalle organizzazioni dei diritti umani, tra le altre cose, di utilizzare un milione di bambini-schiavi per la raccolta del cotone.

Il sì del cantautore italiano sarebbe arrivato dopo una serie di rifiuti da parte di altri artisti noti a livello internazionale, tra cui Andrea Bocelli. E il cachet, raccontano i bene informati, sarebbe da capogiro. Lui, però, difende la scelta per bocca del suo manager Fabrizio Giannini: «Questo qui - dice al Corriere - è un concerto a pagamento, non una convention, ed è difficile prendere una posizione per noi. La nostra agenzia, la Trident Management, ha fatto le verifiche e ce lo ha proposto. Non mi sono informato su altro. Non so nemmeno dove sia l'Uzbekistan».

Ma è proprio questo il punto. È giusto fare affari con dei dittatori? Alcuni si giustificano dicendo che è un modo per far girare l'arte e la cultura anche nei Paesi senza libertà. Ma il biglietto per andare al concerto di Ramazzotti costerà tra i 150 e i 250 euro, decine di volte in più del salario medio di un cittadino uzbeko. Chi potrà mai permetterselo? «Il nostro Paese sta andando allo sfacelo - hanno scritto al Corriere in una email i dissidenti uzbeki rifugiati in Italia - la situazione è disastrosa e loro pensano alla moda e alla musica dimenticandosi della gente che muore di fame.

Questo non è assolutamente un evento di beneficenza, come vogliono far credere, ma un concerto per il presidente Karimov e sua figlia Gulnara». Due anni fa Sting partecipò alla stessa identica manifestazione per la modica cifra di quasi due milioni di sterline e fu messo letteralmente all'indice dalla stampa. Lui che si era sempre proclamato difensore dei diritti umani. «Sting sul libro paga del regime tirannico dell'Uzbekistan» titolò allora il Guardian. Prima di lui hanno ceduto al denaro Rod Steward e Julio Iglesias.

L'ultimo, lunedì scorso, è stato Ennio Morricone che ha diretto un concerto a Tashkent sempre per la settimana dell'arte. Un anno fa a finire sotto tiro per i suoi rapporti con l'Uzbekistan è stato Joan Laporta, presidente del Barcellona che aveva accettato dieci milioni di euro per due partite con la squadra uzbeka di proprietà della Karimova. E non è solo Karimov a riuscire ad attirare i grandi dello spettacolo. All'inizio di ottobre Kevin Costner, Eva Mendes, Hilary Swank e altri hanno animato la festa a sorpresa per il presidente ceceno Ramzan Kadyrov. Swank poi si è scusata con i suoi fan: «Non mi ero resa conto di chi fosse».

È bene allora che Ramazzotti lo sappia: l'Uzbekistan ha una pessima fama nel mondo per il rispetto dei diritti umani. Human Rights Watch lo considera il governo «tra i più repressivi, assieme a Corea del Nord e Birmania». Secondo Amnesty International gli arresti arbitrari e le uccisioni sono all'ordine del giorno. E spesso avvengono in maniera brutale. L'ex ambasciatore britannico Craig Murray fece sottoporre ad autopsia i corpi di due oppositori morti e scoprì che erano stati bolliti vivi.

Ma c'è chi chiude la porta in faccia alla potente Gulnara Karimova, che, oltre ad essere viceministro degli Esteri, è anche ambasciatrice in Spagna e all'Onu. A settembre a New York, durante la settimana della moda, la sfilata del suo marchio Guli è stata cancellata proprio a causa delle proteste dei dissidenti e delle associazioni dei diritti umani. Le stesse che ora invitano Ramazzotti a non suonare e a devolvere i soldi del cachet in beneficenza.

«E perché noi dovremmo sospendere un concerto che si tiene in un teatro alla presenza di 1.500 persone? - si chiede Maurizio Salvadori, manager della Trident, l'azienda che seleziona gli eventi per Ramazzotti, Jovanotti, Mango e altri -. L'Uzbekistan è un Paese riconosciuto dalle Nazioni Unite con cui l'Italia intrattiene relazioni diplomatiche. Non spetta a noi stabilire se è da mettere al bando oppure no. Noi andiamo solo a chiudere una settimana di moda e cultura. Tra l'altro a Tashkent sono andati anche Morricone e una decina di aziende italiane tra cui Cavalli. Credo sia importante portare un po' di cultura italiana in giro per il mondo. Se ragionassimo così dovremmo cancellare la nostra presenza nell'80% dei Paesi». Lo spettacolo, insomma, continua.

 

EROS RAMAZZOTTI IN UZBEKISTANIslom KarimovstingENNIO MORRICONEROD STEWART

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