amendola

"BASTA FARE L’ATTORE, VOGLIO DEDICARMI ALLA REGIA" – CLAUDIO AMENDOLA PARLA ANCHE DELL’INFARTO CHE LO HA COLPITO LO SCORSO SETTEMBRE: "HA CAMBIATO LE MIE PRIORITA’. UNA VOLTA IL LAVORO ERA TUTTO, ADESSO NON E’ PIU’ IL MIO UNICO DIO" – E POI RIVELA QUALE RUOLO GLI PIACEREBBE INTERPRETARE... – VIDEO

 

Claudia Casiraghi per vanityfair.it

 

claudio amendola

«Una truffa? Mi è capitato di essere raggirato dai produttori, di non essere pagato, di fare dei lavori con la convinzione di vederli un giorno al cinema e scoprire poi che i diritti non erano stati comprati». Claudio Amendola, che il 24 maggio debutta in sala con l’opera prima di Simone Spada, Hotel Gagarin, ha liquidato con un mezzo sorriso le storture subite. «Il nostro mondo, sa, è pieno di cose particolari», ha detto, scrollando via, dal proprio viso, ogni segno d’ombra. Spada, vent’anni spesi come aiuto regista, non avrebbe, dunque, inventato alcunché: non il magna-magna dei produttori cinematografici, non la corruzione degli europarlamentari, preludio di Hotel Gagarin.

amendola

 

Il film, che in sé racchiude la leggerezza della commedia e il pensare impegnato del cinema d’autore, è la storia di un sogno, di una truffa, di un viaggio nella neve. «È la poetica della fuga e, insieme, il combinarsi di suggestioni che ho vissuto in prima persona», ha raccontato il regista, che in Hotel Gagarin ha lasciato confluire citazioni più e meno colte, strappate a Lev Tolstoj o Gabriele Salvatores.

 

Protagonista della pellicola, è un professore di storia, Nicola (Giuseppe Battiston), cinefilo di razza i cui bei sogni vengono traditi da un produttore ladrone (Tommaso Ragno). Spedito in Armenia, con la promessa di finanziamenti pubblici, il prof si trova nel mezzo di un Paese in guerra, bloccato nello sgangherato Hotel Gagarin con un gruppo di cialtroni. Tra questi, c’è Elio, un elettricista romano che per partire s’è reinventato tecnico cinematografico.

 

lo spot di claudio amendola per le scommesse online

Dunque, la pratica della truffa nel cinema è più diffusa di quanto si creda…

«Diciamo che la pratica di ottenere finanziamenti attraverso il cinema, in passato, è stata molto praticata. Era piuttosto facile, sa, semplice come in effetti è semplice per l’ottimo Tommaso Ragno. E, vede?, porca miseria. Dire Ragno, oggi, significa dire Il Miracolo».

E quindi?

«Sembra che di Ragno ci si sia accorti tutti solo adesso. Sono anni che io ho la fortuna di lavorare con attori straordinari. Ogni tanto, qualcuno viene premiato. Ma ci sono centinaia di attori bravi che, a un certo punto, finiscono a fare un altro mestiere. E questo ci deve far ragionare».

 

amendola

Il precariato esiste anche al cinema.

«Sì, e se l’avvento forte della televisione, della serialità, dà la possibilità di lavorare, viva Dio. Vuol dire che stiamo finalmente aprendo anche noi a un modo di fare il nostro mestiere più valido, più moderno, meritocratico, più giusto».

In televisione, la vedremo più?

«Ho appena girato una serie per RaiUno, Carlo e Malik, molto canonica e classica, ma ad incuriosirmi sono soprattutto le nuove piattaforme. Non parlo, necessariamente, di Sky, ma di Netflix, TimVision».

 

Quando parla di «curiosità», lo fa da regista o da attore?

amendola salvini

«Da regista, soprattutto. Vorrei avere un contratto con il quale fare due film l’anno da regista e non fare più l’attore».

Cos’ha la regia più della recitazione?

«Quello del regista è un lavoro tanto creativo quando faticoso. Sono quarant’anni, però, che faccio l’attore, e ci sono cose che mi hanno ormai stufato: certi tipi di attese, certi orari. E non è che io non voglia alzarmi presto, per carità. È che capita, spesso, che l’attore sia segregato in una roulotte per ore. L’attore aspetta, sempre. Se un giovane aspirante attore mi chiedesse un consiglio gli direi: “Si procuri una sedia”».

 

Lavorare con Simone Spada, al suo debutto registico, com’è stato?

«C’è stato grande rispetto tra noi. Simone ha fatto quello che devono fare tutti i registi: si è fidato di se stesso e dei propri collaboratori, chiedendo all’occorrenza consiglio».

 

amendola giusti leo memphis

Spada vi ha portati in Armenia, un Paese che nell’immaginario collettivo resta complesso, poco adatto alla commedia.

«L’Armenia è un Paese di cui sapevo poco. Toccare con mano luoghi, noti per lo più a causa del genocidio, mi ha permesso di intuirne l’importanza storica, di carpirne le ragioni dell’arretratezza. Di rispettarle. Girare in Armenia mi ha dato la misura di come il mondo, pur spaccato in due parti, sia popolato di persone identiche tra loro».

 

Il suo Elio, in Hotel Gagarin, è ancora una volta un bonaccione. Non si stanca mai di fare il buono?

«Io ho interpretato, nel 70% della mia carriera, il ruolo del coatto. Nel 30% restante, però, sono riuscito a fare altro, il politico con Virzì ad esempio. In generale, direi che mi piace fare ruoli disturbanti, che lascino nello spettatore il peso di aver visto qualcosa che l’ha fatto star male».

maurizio costanzo claudio amendola

Dunque l’idea di rimpiazzare Kevin Spacey in House of Cards, come dai petizione, la sollazza?

«(ride, e molto, ndr) Ma a me non m’ha chiamato nessuno dalla Sony. Miseria, mi piacerebbe sì fare un ruolo così terribilmente spietato e cattivo. Ho sempre avuto una gran passione per questi personaggi. Mi divertono e mi intrigano. Credo che i maledetti abbiano delle storie complicate alle spalle, e la componente psicologica per un attore è un forte richiamo».

 

Hotel Gagarin, a suo modo, racconta l’importanza dei sogni, ma sembra dire che questi debbano adeguarsi alla realtà. Alla crisi economica, al precariato.

Amendola Come un gatto in tangenziale

«Io non sono un fautore della decrescita felice. Penso, però, che le priorità possano cambiare, anche quando gli obiettivi restano identici a se stessi. A settembre io ho avuto un infarto, e, mi creda, ho rivoluzionato le mie priorità. Il lavoro, che per me era il Dio, unico e solo, della mia vita, ha smesso di esserlo. Ci sono altre cose, molto più importanti, che il lavoro stava facendo in modo che io non vivessi».

 

Tipo?

claudio amendola

«Affetti, risate. Io ho riso tutta la vita, ma ho riso sempre e comunque in funzione di qualcosa che dicesse che poi l’indomani mattina sarei andato a lavorare. Ho rincorso, sempre, un contratto in essere. Senza, stavo male. Non perché mi mancassero i danari, ma perché volevo fare. Dovevo fare. Oggi, invece, voglio essere Claudio e godermi tutto quello che Claudio Amendola mi ha regalato e mi regala».

 

Di andare all’estero, come il suo personaggio, non ci pensa nemmeno allora.

«Addirittura, quando ho avuto l’occasione di lavorare altrove, ho fatto in modo di non sfruttarla. Ho avuto la fortuna, in Italia, di essere subito famoso, di lavorare tanto e mi sono detto: “Ma mo’ do’ vado, a ricominciare da capo? Perché?”. È un atto di codardia, se vogliamo, ma tutto sommato, io qua, ma che vojo di più?».

 

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