MOSSAD A SORPRESA - ARNON MILCHAN, PRODUTTORE DI “C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA” E “PRETTY WOMAN” CONFESSA DI ESSERE STATO UNA SPIA DI ISRAELE

Piero Negri per "La Stampa"

Sergio Leone, che era un gran raccontatore, e che non permetteva quasi mai alla realtà di interferire con le belle storie, diceva di avere incontrato per caso Arnon Milchan, il produttore israeliano che gli permise di realizzare il film della sua vita, «C'era una volta in America», sulla terrazza di un hotel di Cannes, nei giorni del festival del 1980. «Ci veniva ogni anno, nella speranza di incontrarmi», aggiungeva poi.

Ma Milchan, 68 anni, produttore di 120 film, quarto uomo più ricco di Israele (secondo «Forbes» vale 4,2 miliardi di dollari), ex studente della London School of Economics, ex calciatore ed ex scienziato, amante delle scommesse forti, delle auto veloci e della bella vita («Solo la storia delle auto non è vera», ci tiene a precisare), non ha alcun bisogno di essere romanzato. Soprattutto ora che ha detto pubblicamente, dopo infinite chiacchiere, insinuazioni e leggende metropolitane, di essere stato «per anni» un agente segreto israeliano.

Nel 2011, i giornalisti Meir Doron e Joseph Gelman avevano pubblicato il libro «Confindential» (sottotitolo: Vita di Arnon Milchan, l'agente segreto che si è trasformato in un tycoon di Hollywood), ma mai, finora, Milchan aveva ammesso di aver lavorato per il Mossad. Lunedì sera, nella trasmissione «Uvda» del secondo canale israeliano, l'ha fatto. «Potete immaginare cosa significa quando hai poco più di vent'anni e il tuo Paese ti chiede di essere James Bond? Wow! Azione vera! È stato bellissimo», ha detto.

Politicamente vicino a Shimon Peres, il giovane Milchan tra gli Anni 60 e 70 fa affari negli Stati Uniti con l'azienda di fertilizzanti di famiglia e contribuisce allo sviluppo del misterioso rettore nucleare di Dimona con l'agenzia segreta Lakam (Ufficio delle relazioni scientifiche). Negli Anni 70 acquista per Israele elicotteri, missili e altri armamenti per milioni di dollari, e - ha garantito in tv - non trattiene per sé neppure un centesimo delle provvigioni.

Arriva a guidare 30 società in 17 Paesi del mondo, e intorno alla metà degli Anni Ottanta, proprio quando finalmente esce «C'era una volta in America», che è tuttora il suo film prediletto, viene coinvolto in un traffico di interruttori per ordigni nucleari passati illegalmente in Israele. Il caso scoppia nel 1985, quando un'azienda di Milchan, la Milco, viene scoperta a trafficare in queste valvole a gas che possono innescare bombe atomiche, e il suo presidente (Richard Kelly Smith) fugge in Spagna, dove sarà arrestato solo nel 2001.

Nel 1986 negli Usa viene fermata la spia israeliana Jonathan Pollard e in Israele sciolta l'agenzia Lakam, ma niente sembra poter rallentare l'ascesa di Milchan, almeno per quanto riguarda il cinema. Dopo il film di Leone, un successo in tutto il mondo ma non in America, dove la Warner Bros lo distribuisce in una versione tagliata e rimontata da cui Leone non si riavrà più (morirà cinque anni dopo per un attacco di cuore) e che per Milchan è una ferita ancora aperta, inanella uno dopo l'altro «Brazil», «La guerra dei Roses», «Pretty Woman», «Nei panni di una bionda», «JFK - Un caso ancora aperto», «Un giorno di ordinaria follia», la serie di «Free Willy», «Sei gradi di separazione», «Il cliente», «Natural Born Killers», «Heat», «L.A. Confidential», «L'avvocato del diavolo», «Fight Club», solo per fermarsi al 2000.

«Sapete - ha raccontato Milchan l'altra sera in tv - alla gente di Hollywood non piace l'idea di avere a che fare con un mercante d'armi, per cui a ogni incontro dovevo sprecare mezz'ora per spiegare che non era quello il mio vero lavoro. Se solo avessero saputo quante volte ho rischiato la vita... Avrei dovuto dire, semplicemente: pensate quello che volete, lo faccio per il mio Paese e sono fiero di quello che faccio».

Tra le rivelazioni più sorprendenti di Milchan c'è anche quella che il regista Sydney Pollack (ha firmato, tra i tanti, «Tootsie» e «La mia Africa»), morto nel 2008, era suo socio in più d'una società: «Sapeva tutto - ha spiegato - e di volta in volta doveva decidere se ci stava oppure no. Ha detto molti no, ma anche molti sì».

Milchan ha poi ammesso di avere anche usato una star del cinema, di cui non ha fatto il nome, per convincere lo scienziato americano Arthur Biehl a lavorare per lui: «L'ho invitato a casa di questo grande attore dicendogli che aveva bisogno di una consulenza per il suo prossimo film. Non c'è nessuno in California che possa resistere al fascino di una star di Hollywood».

Sa bene di cosa parla, la passione per il cinema l'ha provata sulla sua pelle: «Se lo fai per i soldi - ha detto - hai sbagliato mestiere». L'ha provata, certamente, a quel festival di Cannes di tanti anni fa: «Ho visto Leone sulla terrazza del Carlton, mi sono avvicinato e mi sono presentato. "È un onore per me incontrarla", gli ho detto, e gli ho chiesto: "A cosa sta lavorando?".

E lui ha cominciato a raccontarmi il suo film, che definì una saga americana, scena per scena, battuta per battuta, dettaglio per dettaglio, spiegando ogni movimento di camera. Dopo quattro ore di questo racconto, il sole era già sceso dietro il mare, mi ha chiesto solo: "Sarebbe disposto a mettere i soldi per fare questo film?" Gli ho risposto solo: sì, quanto serve? "Ventidue milioni di dollari". Era tutto ciò che avevo ma non ho esitato un istante, su "C'era una volta in America" ho scommesso tutta la mia vita».

 

 

ARNON MILCHAN ARNON MILCHAN ROBERT DE NIRO ROMAN POLANSKI ARNON MILCHAN E AURELIO DE LAURENTIIS ARNON MILCHAN CON BRAD PITT E ANGELINA JOLIE ARNON MILCHAN CON ARAFAT sergio leone sydney pollack 001 lap

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