1. ARRIVA LA TROIKA E RENZI FA L’UNICA COSA CHE SA FARE: LO SPACCONE DA BAR DI PROVINCIA 2. UNO PUÒ ANCHE DIRE TUTTI I GIORNI “LE RIFORME LE DECIDIAMO NOI”, MA SE POI NON LE FA, E TI MINACCIANO L’INVIO DELLA TROIKA NON SARANNO I SONDAGGI FAVOREVOLI A SALVARTI 3. ‘’LA REPUBBLICA’’ ESORCIZZA LE PAURE CON UN’ANALISI QUASI DISPERATA: “IRLANDA, GRECIA E SPAGNA ORMAI FUORI PERICOLO, MA LA CURA DELLA TROIKA COSTA 6 MILIONI DI DISOCCUPATI. SECONDO I ‘FALCHI’ DI BRUXELLES, ITALIA E FRANCIA FAREBBERO MEGLIO AD AFFIDARSI ALLE CURE DELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI SE VOGLIONO RISOLVERE I LORO PROBLEMI 4. L’EUROPA CI STA ADDOSSO ANCHE SUL FISCO: IVA, NEL MIRINO LE ALIQUOTE AGEVOLATE
Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia
1. AVVISI AI NAVIGATI
‘Anvedi che fusto il Renzi. Repubblica ci infoma che domani andrà in Parlamento a fare la voce grossa con l’Europa e dirà una cosa così: “Le riforme le decidiamo noi e non Bruxelles, nessuno pensi di commissariarci” (p. 10). Bene, bravo, bis. E del resto, a leggere il sondaggio di Pagnoncelli pubblicato oggi dal Corriere il 56% degli italiani apprezza questo stile di conduzione del governo tutto incentrato sulla figura del premier (p. 6).
Andiamo avanti così da oltre un mese, da quando, la settimana prima di Ferragosto, Mario Draghi ci ha invitato ufficialmente a fare una serie di riforme. Il nostro premier si precipitò a incontrarlo nella sua residenza di campagna in Umbria per farsi spiegare le cose da fare, ma nelle occasioni pubbliche non ha fatto altro che mostrare i muscoli e fare il bulletto, sapendo che i sondaggi sono con lui.
Un mese è tanto. E’ tanto tempo perso. In questo mese è stata varata la riforma della giustizia, ma sulla riforma del lavoro non si è andati avanti di un centimetro, nonostante sia la riforma più importante che ci viene chiesta. Un altro governo avrebbe probabilmente approfittato di questo mese per fare i compiti e avrebbe presentato un decreto con una parziale riscrittura dello Statuto dei lavoratori e norme per facilitare le assunzioni dei più giovani. Invece siamo qui che aspettiamo di discutere il Jobs Act, che è un provvedimento vago e generico, nonché all’acqua di rose.
Uno può anche dire tutti i giorni “le riforme le decidiamo noi”, ma se poi non le fa non è che ci fa una gran figura. E quando poi ti minacciano l’invio della Troika non saranno i sondaggi a salvarti.
2. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Repubblica esorcizza le paure con un’analisi quasi disperata: “Irlanda, Grecia e Spagna ormai fuori pericolo, ma la cura della Troika costa 6 milioni di disoccupati. Secondo i ‘falchi’, Italia e Francia farebbero meglio ad affidarsi alle cure delle istituzioni internazionali se vogliono risolvere i problemi. Bene anche il Portogallo: nel primo semestre Pil +0,6% e chiuderà il bilancio 2013 con il primo surplus in venti anni” (pp. 10-11).
Poi, ecco il punto sui tagli: “Sanità, le Regioni del Nord pronte allo sciopero fiscale. Manovra, percorso a ostacoli. La minaccia di Zaia e Maroni: ‘Niente tasse se tagliate un solo euro’. Tre mesi di fuoco tra spending review, riforma del lavoro e Legge di stabilità. Il governo vuol fare approvare dal Parlamento la legge sul Jobs Act entro fine ottobre, prima del vertice dei ministri europei” (p. 13).
Per il Corriere, qualcosa si muove sul lavoro: “Jobs act, il governo accelera su lavoro e licenziamenti. Domani la discussione in commissione al Senato. Un emendamento-ponte per rivedere lo Statuto” (p. 9). Con le “accelerazioni” sul lavoro i giornali ci snerveranno per mesi.
Il Messaggero ci ricorda che l’Europa ci sta addosso anche sulla riforma fiscale: “Iva, nel mirino le aliquote agevolate. Il ministero valuta un ritocco del prelievo del 4% sui beni di prima necessità come il pane e il latte. Una mossa suggerita da Bruxelles che sarebbe gestibile in una fase di bassa inflazione, ma resta comunque delicata. Si guarda anche alla fascia del 10%, possibile un livello intermedio al 7-8%. In bilico l’esenzione per le pompe funebri” (p. 5).
3. CONSIGLIORI IN ASCESA
L’uomo solo al comando ha un solo uomo come vero braccio destro, dice la Stampa, ed è Luca Lotti. “E Lotti sale ancora. Il ‘Signor No’ di Matteo ora ha tutte le chiavi. Solo lui può suggerire a Renzi cosa non fare. Influente, schivo, ha sorpassato Delrio e Carrai. Alla festa Pd a Firenze la processione per lui è stata superiore a quella per Nardella o Boschi. Gestisce la vicenda dello staff. Pesa sulle nomine. E avvisa i malmostosi nel partito” (p. 7).
4. LA BELLA POLITICA
Continua la tragicommedia dei voti per Consulta e Csm, con Grasso che si traveste da Napolitano e lancia moniti. “Consulta, l’ipotesi Violante-Bruno. Appello di Grasso: Camere bloccate. Atteso un segnale da Arcore, si tratta ancora. Oggi nuova votazione. Da Forza Italia fanno sapere: ‘Per ora abbiamo solo 120 voti, ne servono molti di più” (Corriere, p. 10). Per Repubblica “E’ in arrivo l’ok a Bruno in tandem con Violante, le assenze ultimo scoglio” (p. 14). Stampa, “Consulta, risale il tandem Pd-Fi su Violante-Bruno. Stasera o domani il voto. Berlusconi non si oppone” (p. 6).
5. FARSA ITALIA ALLO SBANDO?
Ma chi comanda in Forza Italia? Repubblica ci sguazza e scrive: “Tra veleni e imboscate i giorni dell’anarchia nel regno di Arcore. ‘Silvio delega tutto’. Il mondo berlusconiano diviso in correnti come la vecchia Dc. Comandano Rossi, Toti, Verdini, Pascale. E il partito ribolle. Fitto torna all’attacco: ‘In cinque anni da 13 a 4 milioni di voti’. Minzolini: ‘Se si vota a primavera rivendichiamo l’asse con il Pd?’” (p. 15). Bella domanda, ma tanto Re Giorgio non fa votare nessuno.
Per il Corriere, “Ora Berlusconi pensa a una ‘fase nuova’. Più distanza con Renzi. Il leader convinto che si vada verso le urne. Fitto: l’opposizione non sia più silenziosa” (p. 11). Il Messaggero resta sul concreto: “Caos azzurri, tagliati anche i telefonini. Casse vuote, è tempo di spending review. Partito sempre diviso. Fitto va all’attacco. L’ex Cav domani a Roma per mediare” (p. 9).
Sul Giornale di casa, intervista al Pupino Toti che prova a parlar d’altro: “Ultimatum al Carroccio: ‘Rischia di perdere tutto se corre ancora da solo’. L’europarlamentare azzurro sferza Salvini sulle alleanze: ‘Dimostri di essere un leader’. Su Fitto: ‘Ok al dibattito, ma sbaglia la forma” (p. 9).
6. PD, PASTICCIO DEMOCRATICO
Sempre per dare l’impressione di un partito coeso e che guarda sereno al futuro, ecco la Spending review in salsa nazarena: “Un milione e troppe auto blu’. Il tesoriere pd mette in piazza i costi della segreteria Bersani. Bonifazi: si spendevano 450mila euro per servizi di trasporto, li abbiamo azzerati. La replica dei predecessori: c’erano membri non parlamentari e bisognava pagarli” (Repubblica, p. 16).
Sul Corriere, “Emilia, primarie senza pace: malore per il favorito Bonaccini. Ricovero in ospedale a Modena, dove è andato per un forte dolore al torace. Tra le possibili cause anche lo stress per i fatti della scorsa settimana. L’esponente dem, dopo la bufera per l’inchiesta sulle spese da consigliere, aveva iniziato ieri la campagna” (p. 11).
7. ULTIME DA UN POST-PAESE
Il Corriere (p. 19) racconta una bella storia edificante sui rapporti tra Stato, Chiesa e mafia: “La chiesa della Regione concessa per le nozze tra i nipoti dei capimafia. Lo zio di lei è il boss Matteo Messina Denaro. E’ gestita dalla Curia. ‘Non sapevamo’”. Eppure i cognomi erano di quelli pesanti. Non leggono i giornali, in Curia?
GIOVANNI TOTI TWITTA IO STO CON DUDU
8. LINGOTTI IN FUGA
Affari&Finanza di Repubblica dedica una pagina alla cassaforte degli Agnelli-Elkann: “Exor, sempre meno Italia in portafoglio. La holding attraverso la quale la famiglia Agnelli controlla Fca, Cnh e Cushman & Wakefield si prepara a investire fuori dal paese i due miliardi di liquidità. L’ipotesi di spostare all’estero anche la società” (p. 15). Repubblica non lo scrive, ma con tutta quella liquidità, Marpionne vorrebbe che Exor intanto si prendesse la quota che Fiat detiene in Rcs.
9. PRIVATIZZAZIONI CON FURBATA
Sul CorrierEconomia, Fabio Tamburini spiega che cosa ha in serbo il ministro Padoan per la vendita del 5% di Eni ed Enel dalla quale il governo si aspetta più o meno 10 miliardi di euro. “Stato & Mercato. Riforma (a sorpresa) per le privatizzazioni. Con le azioni maggiorate il voto varrà doppio. Cambiamenti agevolati entro il prossimo gennaio. Facilitata così la cessione di quote di Eni ed Enel”.
La novità sarebbe l’introduzione del voto maggiorato, che permette di raddoppiare i voti in assemblea agli azionisti che conservano i titoli almeno due anni (p. 2). Tutto bene, ma perché si ostinino a chiamarle “privatizzazioni” è un mistero. Sarebbe più onesto chiamarle “dismissioni di quote”.
10. ALI-TAGLIA E LO SMONTEZEMOLATO
La Stampa segue con trepidazione il futuro poltronistico dell’ex presidente della Ferrari e la nazione anche: “Alitalia, Montezemolo vicino alla presidenza. Ieri a Milano l’incontro con l’ad di Etihad per discutere le deleghe su marketing e comunicazione. Oggi Hogan e i vertici della compagnia italiana incontrano i dipendenti e poi le banche. Per il patron di NTv non sarebbero da escludere anche altri incarichi” (p. 18). Non bastano i conflitti d’interesse evidenti tra Italo e Alitalia. Vediamo di aggiungere qualcosa.