1- BALOTELLI CHI? HAI VISTO PAUL POGBA? UN FUORICLASSE PER LA JUVE DEI “SOLDATINI” 2- CONTROPIEDE, DIECI, VENTI, TRENTA METRI VERSO LA PORTA. QUELLO CORRE E NON LO FERMA NESSUNO, QUANTO SARÀ SOSTENIBILE ESILIARE ANCORA CASSANO DALLA NAZIONALE? 3- LA CRISI DI NERVI CHE COVAVA SOTTO LA CENERE INCENDIERÀ NAPOLI GIÀ DA STASERA 4- ALLA DIFESA DELLA ROMA SEGNANO PURE LE POZZANGHERE! LO SPETTRO DI UN FALLIMENTO PRECOCE, PERSINO PEGGIORE DI QUELLO TARGATO LUIS ENRIQUE. ZEMAN È SOLO 5- STRINGENDO L’INQUADRATURA, SI SCORGE UN CAMPIONATO MENO SCONTATO DEL PREVISTO

DAGOREPORT
Dopo la domenica dello scandalo, il mercoledì delle pozzanghere. La solita desolante approssimazione strutturale e organizzativa capace di trasformare la pioggia in uragano e il calcio in uno spettacolo circense. Campi impraticabili, su tutti il Tardini di Parma (pallanuoto purissima, partita falsata), risultati inattesi, altri rigori inventati (Udine, Verona), come da regola della casa.

Stringendo l'inquadratura, si scorge un torneo meno scontato del previsto. Milano aspettava. Pregava. Covava certezze. Tutta la settimana a tessere filosofie e buoni propositi: "metterò in campo la migliore formazione possibile, se perdiamo questa gara anche quella con la Juventus si rivelerà inutile" e poi basta un vecchio mestierante di nome Munari per far volare ombre e fantasmi tra le tribune del Meazza, cadere l'illusione, deprimere Stramaccioni l'ottimista che indossa il tridente, incasellare Juventus-Inter nello scaffale delle gare importanti tra due squadre diverse, comunque distanti sette punti.

Così nella ripresa, per non rendere inutile il viaggio nella tana dei rivali di una stagione non solo agonistica, Milito e i suoi fratelli devono impegnarsi. Racimolare un rigore, pareggiare, provare a piegare una Sampdoria che arriva da quattro sconfitte. Il principe prende il palo, poi quando lo stagno pare popolato da soli rospi, l'incantesimo di Antonio Cassano (ingenuo Renan, ma quanto sarà sostenibile esiliare ancora Fantantonio dalla Nazionale?) rende la notte magica. Contropiede, dieci, venti, trenta metri verso la porta. Quello corre e non lo ferma nessuno, palla per Palacio, palla sull'altro palo, 2-1 in rimonta. Finirà 3-2 per l'Inter. Addio Ferrara?

HAI VISTO POGBA?
A Torino, la Juventus dei "soldatini", costretta a dosare uomini e impegni in vista della Champions, prova a mantenere inalterata le distanze. Zeppa di seconde linee, con le buone notizie provenienti da Bergamo (Napoli sotto dopo venti minuti con l'Atalanta e poi incapace di recuperare) ospita il Bologna penultimo. Sembra la giornata perfetta e invece i 45' iniziali dettano un pareggio che solo la maturità del 19enne Pogba rende meno amaro.

Nella ripresa Quagliarella illude su sponda di Giaccherini, prima che Taider trovi l'1-1 sfruttando l'errore di De Ceglie e riduca il vantaggio della Juventus a soli due punti. Messe così le cose, si dice in tribuna tra i moccoli, sabato il campionato potrebbe cambiare padrone. La notizia, visti i rapporti di forza ipotizzati, non sarebbe di poco conto. Ma c'è Pogba. Si tuffa da attaccante sull'ultimo pallone, piega il Bologna al '92, quando non se l'aspettava più nessuno. Riallinea a 28 punti una Juve trapattoniana. Essenziale. Per ora vincente.

PICCOLO NAPOLI.
La crisi di nervi che covava sotto la cenere incendierà Napoli già da stasera. I ragazzi di Mazzarri si fanno piccolissimi anche in Italia e dopo aver imbarazzato in Europa League e sofferto con il Chievo, crollano a Bergamo contro l'Atalanta. Segna Carmona da fuori area, Insigne prova a rimettere il presente in corsa ma trova il portiere bergamasco Consigli. Nel secondo tempo è assedio inutile, sfortunato, sterile e confuso. La Juve non fugge, ma il Napoli e il suo allenatore tentato dall'anno sabbatico sono adesso attesi dall'ira presidenziale. Il cinepanettone è vicino, De Laurentiis fa i conti e non tornano. Lo psicodramma, un'eventualità.

FLAIANO A PARMA.
La palma della vergogna chiamata Lega Calcio elegge Parma come Capitale infrasettimanale della sublime sintesi tra farsa e tragedia. Piove, il campo non assorbe il temporale, ogni arbitro dotato di minimo raziocinio deciderebbe per il rinvio. Ma bisogna correre, assecondare il calendario, offrire uno spettacolo in cui di tecnico nulla può esserci.

Così l'ennesima disfatta zemaniana, ha l'enorme attenuante del delirio (delle decisioni altrui questa volta) in un contesto di classifica che inizia a farsi preoccupante. Scollamento dentro lo spogliatoio, assoluta inettitudine a tenere mezzo risultato (dopo il vantaggio di Lamela all'ottavo, nevicano contropiedi e reti, anche comiche prima di Belfodil, Parolo e Zaccardo, poi di Totti per il 3-2 definitivo e tutto emiliano), confusioni tattiche, giocatori impresentabili, proprietà al di là dell'Atlantico, società che latita scissa in mille rivoli.

Il terreno, come detto, fa il suo. Ma la quarta sconfitta in dieci partite racconta qualcosa che esula dalla meteorologia e stende lo spettro di un fallimento precoce, persino peggiore di quello targato Luis Enrique. La peggiore difesa della serie A abita a Trigoria. Zeman è solo. Il Cagliari di Pulga ha gli stessi punti della Roma. È già il tempo dei processi. E il derby è alle porte. Per Zdengo, storicamente, è sempre stata una partita come un'altra.

ALTRE VASCHE.
Quelle dello stadio Olimpico dove sotto l'acqua Lazio e Torino dividono la posta. Dopo lo scippo di Firenze, a riprendere i granata fuggiti con la testata del polacco Glik pensano gli errori di Cerci (bravo Bizzarri sullo 0-1) Stefano Mauri, quello che tra i 22 in campo, dovrebbe avere i pensieri meno lievi. La Lazio si issa (si fa per dire) a 19, comunque cinque in più della Roma. Per l'unico campionato che conti in città, basta a sorridere.

CATANIA, STAI ZITTO!
Parlare troppo non serve. Lamentarsi è pericoloso. Lo scopre il Catania a Udine (altro rigore inventato per l'1-0 di Di Natale) prima di rimettersi in corsa e terminare con un buon 2-2 in trasferta. Nella lotteria delle vendette trasversali, parlare poco aiuta e la dimostrazione è il silenzio della coppia Pulga-Lopez. Il Cagliari vince la quarta partita di seguito (4-2 al Siena, doppietta di Nenè, Toscani sempre più ultimi) e mette in mostra il suo duo di tecnici low.

Low cost e low profile perché la scena deve rimanere di Cellino e a chi era capitano (Pulga) di un Cagliari che giocava con l'Ischia e richiamava al Sant'Elia 134 spettatori, per andare in Paradiso è più che sufficiente. All'inferno scende invece il Pescara. In dieci dal 34', sogna di scamparla e poi crolla a Verona per 2-0. Il Chievo sale a dieci, per l'allenatore abruzzese stoppa la concreta eventualità di un esonero notturno.

Detto dello scialbo pareggio dell'altro tecnico in bilico, Max Allegri, salvo per un soffio con il suo Milan a Palermo, non resta che osservare cosa produrranno Genoa e Fiorentina domani sera. Poi verrà sabato. Lo chiamavano il derby d'Italia, chiunque ne abbia visto uno da vicino, sa che è molto, molto di più.

 

 

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