1. STORIA DEL PIÙ GRANDE NARCOTRAFFICANTE D’ITALIA: “LA COCA SI VENDE, NON SI SNIFFA” 2. RINO BONIFACIO, PLENIPOTENZIARIO IN EUROPA DEI CARTELLI COLOMBIANI DOTATO DI UNA FEDINA PENALE SOVRABBONDANTE: TRE ARRESTI (1986, 1991, 1999); TRE PROCESSI; 18 DEI SUOI 45 ANNI DI VITA PASSATI IN 11 CARCERI SPESSO IN REGIME DI MASSIMA SICUREZZA 3. “A MILANO IL 60% DEI PROFESSIONISTI PIPPA. IO RACCONTO CIÒ CHE HO VISSUTO. SAVIANO TRASCRIVE GLI ATTI CHE GLI METTONO IN MANO I MAGISTRATI. NON SA NIENTE DELLA COCA, NIENTE. UNO SCRIBACCHINO CHE GIOCA CON LA VITA DELLA SUA SCORTA’’

Stefano Lorenzetto per "il Giornale"

RINO BONIFACIO

Della bella vita gli resta al polso solo un Rolex Daytona acciaio-oro, «Zenith el Primero, oggi varrà sui 18.000 euro», in sostituzione del Rolex Submariner regalato una sera del 1988, in un impeto di generosità e smargiasseria, al posteggiatore della discoteca Peter Pan di Riccione che gli aveva parcheggiato la fuoriserie. Anche una cintura di Louis Vuitton con monogramma LV alto 4 centimetri, prezzo al pubblico 330 euro.

RINO BONIFACIO

Della malavita gli rimane appiccicata addosso una fedina penale sovrabbondante: tre arresti (1986, 1991, 1999); tre processi, tutti con sentenze di condanna passate in giudicato; 18 dei suoi 45 anni di vita passati in 11 carceri (San Vittore, Opera, Padova, Verona, San Gimignano, Spoleto, Parma, Piacenza, Pavia, Mantova, Voghera), spesso in regime di massima sicurezza.

Malabellavita - come da titolo del suo libro di memorie, fresco di ristampa, scritto con l'aiuto di Riccardo Colao ed Emanuela Baldo - quella condotta sin qui da Gennaro Bonifacio, detto Rino, anzi Rino l'Élite, nato a Gragnano (Napoli), dov'è ancora conosciuto come 'O Re, oppure 'O Milanese, essendo cresciuto dall'età di 18 mesi a Rozzano. Accusato per due volte di associazione di stampo mafioso e per due volte assolto, perché nel suo delirio di onnipotenza era arrivato a rifiutare l'affiliazione offertagli sia dalla camorra e sia dalla mafia, fino a diventare il capo incontrastato del clan Bonifacio. Cioè il boss di sé medesimo. Un caso da manuale di criminologia.

GENNARO RINO BONIFACIO CON MARADONA

Bonifacio fu il primo a importare in Italia l'ecstasy nel 1988: «Allora la Mdma non era illegale, il testo unico sugli stupefacenti neppure la menzionava». Ma il suo nome resterà iscritto per sempre nel libro nero del narcotraffico internazionale per essersi fatto sequestrare in un solo colpo, nel 2001, il più grande quantitativo di stupefacenti mai scoperto fino ad allora in Italia, una tonnellata di cocaina, arrivata dalla Colombia nel porto di Livorno occultata dentro blocchi di marmo sottoposti a sapiente carotaggio: «Lo stesso marmo con cui era stato rivestito il tribunale di Bogotá.

Il governo non pagava il conto. Fu facile convincere il produttore». Altri 250 chili li bloccò la Guardia di finanza al casello di Binasco, altri 150 era già riuscito a piazzarli. La Direzione distrettuale antimafia di Milano documentò un traffico complessivo di 4,7 tonnellate, sufficienti a confezionare 14 miliardi di dosi, roba da mandare in bambola per almeno un paio di giorni l'intero pianeta.

 

 

cocaina

Era il 1987 quando Bonifacio arrivò nell'isola delle Baleari. Subito divenne il numero uno. Alle sue feste ostriche-caviale-champagne non mancava nessuno: «Le modelle Elle Macpherson, Linda Evangelista, Marpessa, Christy Turlington; la cantante Patty Kensit; gli stilisti Jean-Paul Gaultier e Rocco Barocco; la figlia di Mick Jagger, Jade». Fondò un'agenzia di bodyguard che offriva protezione, anche armata, ai Vip: «Parliamo di Robert De Niro, Roman Polanski, Diego Armando Maradona, Harvey Keitel, Renato Zero, Claudia Schiffer, Renée Simonsen, Biagio Antonacci, Teo Teocoli. Anche di Eros Ramazzotti, che è cresciuto insieme a me a Rozzano, e del magnate arabo Adnan Khashoggi, che attraccava col Nabila, il panfilo dai rubinetti d'oro. È durata fino al 1999».

GENNARO RINO BONIFACIO

Ma Ibiza da sola non poteva bastargli. Ecco allora aggiungersi le ville a Miami e a Cartagena, in Colombia, dove risulta, dalle intercettazioni della Dia, che possedesse un jet privato. Ecco l'elicottero a Barcellona e il motoscafo a Portofino. Ecco lo yacht di 22 metri ormeggiato sull'Isla Margarita in Venezuela. Ecco le trattative per acquistare l'intera Isla del Coco, al largo del Costarica, e uno dei 300 isolotti dell'arcipelago di San Blas a Panamá. Ecco i legami sempre più stretti con i cartelli di Cali e Medellín, dei quali diventò il plenipotenziario per l'Europa. Ecco addirittura la love story con una nipote del narcotrafficante Pablo Escobar.

cocaina

Una malabellavita durata dai 14 anni fino al 2000. E oggi? «Tutto finito. Mi hanno sequestrato la Ferrari F355, la Porsche 993 cabrio, la Mercedes ML 5000, le due Harley-Davidson. Mi resta solo una Mercedes Classe A. Sono uscito di galera in libertà vigilata nel 2010. Obbligo di firma due volte a settimana dai carabinieri. Divieto di lasciare la provincia di Milano e di frequentare pregiudicati. Me ne guardo bene. Qualsiasi cosa, pur di chiudere il conto con la giustizia».

Di che vive?
«Commercio le vetture dismesse dopo due-tre anni dalle società di autonoleggio. Ci faccio dai 10.000 ai 15.000 euro al mese. Mi accontento di poco».

Chiamalo poco.
«Un'auto usata, acquistata all'asta, frutta in media sui 3.000 euro».

GENNARO RINO BONIFACIO LIBRO MALABELLAVITA

Com'è diventato un criminale?
«Un episodio ha segnato la mia infanzia. Quartiere Marianella di Napoli. Ero in vacanza, tornavo dalla spiaggia. Rinomata pasticceria, dove mia zia comprava i babà. Proprietario alto e grosso. Folla vociante. Accorro e vedo questo armadio d'uomo che preme con forza il piede sulla testa di un bambino steso per terra. Aveva beccato il ladruncolo mentre fuggiva e i dolci rubati erano finiti sul marciapiede. "Ora mangiali! Come fanno i cani!", urlava l'energumeno. Il ragazzino cercava di afferrare un pasticcino con la bocca, ma non riusciva a trattenerlo. La gente rideva. Mi feci avanti e lanciai contro il pasticciere una manciata di monete, gridandogli: te li pago io i tuoi fottutissimi dolci, stronzo. E trascinai via il bambino. Da quel momento decisi che non sarebbe stata la vita a plasmare me, ma io a plasmare lei. E che nessuno, mai, mi avrebbe fatto nulla di simile».

La butta in psicoanalisi?
«Sono sempre stato egocentrico, irrequieto. Compivo imprese folli per attirare l'attenzione dei coetanei. A 13 anni rubai la prima auto, una Fiat 126. A 14 fregai la Talbot a mio padre. Non arrivavo manco al volante. Durante l'inseguimento, i carabinieri di Rozzano credevano che fosse guidata da un fantasma. Andavo a prelevare i prepotenti a casa e li picchiavo in presenza dei miei amici che avevano subìto qualche sgarbo. In prima media minacciai il professore di fisica davanti a tutta la classe. In terza abbandonai gli studi: ero troppo impegnato a trombare e a fare soldi. Però nel 2004 mi diplomai in ragioneria nel penitenziario di Pavia. E mentre ero recluso nel carcere speciale di San Gimignano m'iscrissi pure all'Università di Siena, facoltà di giurisprudenza».

origini della cocaina

Chi la arruolò nella delinquenza?
«A Rozzano vivevo in un condominione di via Europa, interamente abitato da meridionali e bazzicato da malavitosi napoletani e catanesi, che ci parcheggiavano i veicoli rubati. Oggi sono tutti ergastolani. Divenni la loro mascotte. Mi riempivano di regali in cambio del mio silenzio. Già allora adoravo il lusso: orologi, auto, abbigliamento griffato. Il primo arresto a un posto di blocco: io e un mio amico stavamo portando al sicuro una Jaguar e una Mercedes».

Cocaine use

E poi?
«Per un periodo feci il pony express. Consegnavo pacchi ai Vip. Conobbi Jerry Calà, che mi arruolò come comparsa in un film. Capii come gira il mondo. Procuravo i bomber Moncler rubati ai paninari di piazza San Babila. Ero amico dei gestori dei locali della "Milano da bere": Divina, Prima donna, Amnesia, Plastic, Hollywood. A Riccione divenni socio del Makkaroni e del Diabolik. Fondai un'agenzia di modelle, rifornivo di gogò l'Italia».

Sarebbero?
«Le attuali cubiste. Vendevo anche i primi striptease maschili. Francesco Lombardi, alias Ghibli, l'ho cresciuto io. Adesso è ispettore all'Asl di Rozzano».

cocaina

Preoccupa che i Vip si rivolgessero a un malvivente per la loro sicurezza.
«Qualcuno non sapeva, qualcun altro faceva finta di niente. Johnny Depp, che conobbi nel 1997 a Miami, in Ocean Drive, ci ricavò un film. L'ha visto Blow?».

No.
«Racconta di George Jung, che organizzò il mercato americano della coca diventando il braccio destro di Pablo Escobar. Bè, quella è la storia della mia vita. E poi il malavitoso piace alle donne. A Ibiza ho pure avuto un flirt con l'attrice Emmanuelle Seigner, moglie di Roman Polanski. Però l'abbiamo fatto una sola volta, nella spiaggetta sotto la loro villa a picco sul mare. Per una donna ho rischiato di finire stecchito dagli scagnozzi di John Gotti junior, il figlio del capo storico della famiglia Gambino. Avevo offerto da bere a una bionda in un locale di Miami. È arrivato questo ragazzino fra due gorilla. "Lasciala perdere", mi ha intimato. Perché, chi cazzo sei, Batman?, ho risposto io, strappandogli una risata. Siamo diventati amici».

SAVIANO SULLA COPERTINA DELL ESPRESSO INCHIESTA COCAINA

Mai stato dedito allo sfruttamento della prostituzione?
«I macrò non li sopporto. E mai andato con una prostituta. Sono mamme, prima che donne. Quindi sacre. Purtroppo non sono riuscito ad amarne veramente neppure una. Non so che cosa significhi amare. Se qualcuno me lo spiega... Appena uscito per scadenza dei termini di custodia cautelare, ho messo incinta la mia compagna. Dopo tre mesi mi hanno rimesso dentro. Mi ritenevano pericoloso. Non mi perdonerò mai d'essermi perso tutta l'infanzia di mio figlio, che oggi ha 10 anni. Veniva a trovarmi in galera con la mamma. Gli avevo fatto credere che ero un imprenditore che costruiva prigioni. Mi sarebbe piaciuto espiare donando il midollo osseo a un piccolo leucemico, ma ero detenuto in regime di 41 bis e il giudice non me l'ha permesso. Il bambino è morto».

ELLE MACPHERSON

È stato tentato uccidere qualcuno?
«Sì. Mi ha trattenuto il senso degli affari. Sono stato processato per tutti i reati possibili: furto, ricettazione, traffico di stupefacenti, detenzione di armi ed esplosivi, estorsione, banda armata. Ma ci tengo a sottolineare che dalle accuse di tentato omicidio e associazione di stampo mafioso sono sempre stato assolto».

Ha trovato il modo di riparare a tutto il male che ha commesso?
«Quale male? La droga? E come facevo? Andavo appresso a tutti quelli che pippano per salvarli? Guardi, voglio tenermi basso: a Milano, la capitale della coca, il 60 per cento dei professionisti sniffa».

E come si procurano la neve?
«Non lo chieda a me. Io ero solo il primo anello della catena. La compravo in Colombia a 6.000 dollari il chilo e la rivendevo a 25.000 dollari. Che cosa accadeva dopo, non volevo saperlo. La cocaina non rientra fra i miei vizi e non tolleravo che neppure i miei collaboratori la assumessero. Il tossicomane è inaffidabile».

COCAINA SEQUESTRATA

Però la vendeva.
«Una merce come un'altra. Lo Stato non traffica forse in alcol e tabacco?».

LINDA EVANGELISTA

Strana etica, la sua. Ammesso che si possa parlare di etica.
«È l'etica della strada, che mette al primo posto l'autorità degli anziani. Per che cosa crede che a Napoli ci siano tutti quei morti ammazzati? Un tossicomane di 15 anni si alza dal letto la mattina e fa di testa sua, rapina, spara, uccide. Non prende ordini da nessuno, vuol comandare subito. Invece a Palermo o a Reggio Calabria mafia e 'ndrangheta impongono il rispetto delle gerarchie».

C'è un modo per vincere la piaga della droga?
«La vera droga è il guadagno che procura. Una sete che non si placa, perché il denaro non basta mai. Più ne fai e più ne vuoi».

Ha letto Zero Zero Zero, il romanzo-inchiesta di Roberto Saviano sul traffico di cocaina?
«Io racconto ciò che ho vissuto. Saviano trascrive gli atti che gli mettono in mano i magistrati. Mi fa ridere. Non sa niente della coca, niente. È solo uno scribacchino che gioca con la vita degli agenti della sua scorta, costretti a proteggerlo per 1.200 euro al mese mentre lui incassa fiumi di diritti d'autore».

Non ha mai chiesto scusa a nessuno per tutto il male che ha commesso?
«A Dio. In galera l'unico rifugio è la fede. E poi a mio padre Ciro. Era conducente di bus all'Atm. L'ho fatto disperare. Veniva a trovarmi in tutti i penitenziari. Malato di tumore, ha resistito due mesi, fino a quando non sono uscito. Voleva vedermi libero. Sento che entrambi, Dio e mio padre, mi hanno perdonato».

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATOR ALMASRI È LA PROVA CHE LA LIBIA USA I MIGRANTI A MO' DI PISTOLA PUNTATA SULL'ITALIA - CHE POI PALAZZO CHIGI NON SAPPIA GESTIRE LE SITUAZIONI DI CRISI E' LAMPANTE: SAREBBE BASTATO METTERE IL SEGRETO DI STATO, INVECE CHE MANDARE PIANTEDOSI A CIANCIARE DI " ALMASRI, PERICOLO PER LA SICUREZZA", E NESSUNO SI SAREBBE FATTO MALE - L'ATTO GIUDIZIARIO DELLA PROCURA DI ROMA NON C'ENTRA NIENTE CON IL CASO SANTANCHÈ - LO STRETTO RAPPORTO DI LI GOTTI CON I MAGISTRATI - LE VOCI DI VOTO ANTICIPATO PER CAPITALIZZARE ''GIORGIA MARTIRE DELLA MAGISTRATURA''. CHE NON È SUL TAVOLO: SOLO MATTARELLA DECIDE QUANDO SCIOGLIERE LE CAMERE (E SERVIREBBE CHE O LEGA O FORZA ITALIA STACCASSERO LA SPINA AL GOVERNO...)

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

DAGOREPORT - AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO SARANNO DOLORI PER LA MELONI INEBRIATA DAL TRUMPISMO - IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ LA RATIFICA, UNICA MANCANTE DEI 27 PAESI, ALLA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), A GARANZIA DI UNA CRISI BANCARIA SISTEMICA. LA DUCETTA AVEVA GIA' PROMESSO DI RATIFICARLO DOPO LA FIRMA DEL PATTO DI STABILITÀ. MA ORA NON POTRÀ INVENTARSI SUPERCAZZOLE DAVANTI A MACRON, SCHOLZ, TUSK, SANCHEZ, LEADER CHE NON NASCONDONO DIFFIDENZA E OSTILITÀ NEI CONFRONTI DELL'UNDERDOG CHE SI È MESSA IN TESTA DI ESSERE IL CAVALLO DI TROIA DELLA TECNODESTRA AMERICANA IN EUROPA - MA IL ROSPO PIÙ GROSSO DA INGOIARE ARRIVERÀ DALL’ESTABLISHMENT DI BRUXELLES CHE LE FARÀ PRESENTE: CARA GIORGIA, QUANDO VAI A BACIARE LA PANTOFOLA DI TRUMP NON RAPPRESENTI LE ISTANZE EUROPEE. ANZI, PER DIRLA TUTTA, NON RAPPRESENTI NEMMENO L’ITALIA, MEMBRO DELLA UE QUINDI SOGGETTA ALLE REGOLE COMUNITARIE (CHE HANNO TENUTO A GALLA IL PIL ITALIANO CON I 209 MILIARDI DI PNRR), MA RAPPRESENTI UNICAMENTE TE STESSA…

donald trump elon musk

DAGOREPORT – SIC TRANSIT GLORIA MUSK: A TRUMP SONO BASTATI MENO DI DIECI GIORNI DA PRESIDENTE PER SCAZZARE CON IL MILIARDARIO KETAMINICO – LA VENDITA DI TIKTOK A MICROSOFT È UN CAZZOTTO IN UN OCCHIO PER MR. TESLA (BILL GATES È UN SUO ACERRIMO NEMICO). POI C’È LA DIVERSITÀ DI VEDUTE SUL REGNO UNITO: MUSK VUOLE ABBATTERE IL GOVERNO DI STARMER, CHE VUOLE REGOLAMENTARE “X”. E TRUMPONE CHE FA? DICE CHE IL LABURISTA STA FACENDO UN “GOOD JOB” – L’INSOFFERENZA DEL VECCHIO MONDO “MAGA”, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I DAZI ALL’EUROPA: IL TYCOON ASPETTA PERCHÉ VUOLE DISCUTERE CON LONDRA…

stefano boeri cino zucchi beppe sala

DAGOREPORT! LA "POLITECNICO CONNECTION" MILANESE, CHE HA PORTATO AI DOMICILIARI STEFANO BOERI E CINO ZUCCHI ERA STATA RACCONTATA SUL “FATTO” DA EMILIO BATTISTI NELL’AGOSTO DEL 2022 – L’ARCHITETTO SQUADERNAVA LA RETE DI RELAZIONI PROFESSIONALI TRA I VINCITORI DEL CONCORSO E I COMMISSARI BOERI E ZUCCHI LA “RIGENERAZIONE URBANA” A COLPI DI GRATTACIELI, SULLA QUALE IL SINDACO SALA TRABALLA, NASCE SEMPRE NELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO, DOVE IMPAZZA DA DECENNI UNA LOTTA INTESTINA TRA DOCENTI, QUASI TUTTI DI SINISTRA - L’INUTILITÀ DEI CONCORSI, OBBLIGATORI, PERÒ, PER LEGGE, QUANDO SAREBBE PIÙ ONESTO CHE...

nicola gratteri giorgia meloni magistrati magistratura toghe

DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E ORA CHE IL CENTROSINISTRA È FRAMMENTATO, INCONCLUDENTE E LITIGIOSO, CHI SI PRENDE LA BRIGA DI FARE OPPOSIZIONE AL GOVERNO NEO-TRUMPIANO DI MELONI? MA È OVVIO: LA MAGISTRATURA! - LA CLAMOROSA PROTESTA DELLE TOGHE CONTRO NORDIO ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO, LE INDAGINI SU SANTANCHE' E LA RUSSA, I DOCUMENTI DEI SERVIZI SEGRETI SU GAETANO CAPUTI, PASSATI “ACCIDENTALMENTE” DALLA PROCURA DI ROMA AL “DOMANI”: TUTTI “INDIZI” CHE LA GUERRA È COMINCIATA – VIDEO: GRATTERI CONTRO NORDIO A “OTTO E MEZZO”

giorgia meloni ignazio la russa daniela santanche

QUESTA VOLTA LA “PITONESSA” L’HA FATTA FUORI DAL VASO: IL “CHISSENEFREGA” LANCIATO A GIORNALI UNIFICATI POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO DELLE SUE DIMISSIONI - LA MINISTRA DEL TURISMO, CON ARROGANZA MAI VISTA, DICHIARA URBI ET ORBI CHE SE NE FOTTE DEL PARTITO E DELLA MELONI (“L’IMPATTO SUL MIO LAVORO LO VALUTO IO”). INFINE LANCIA UN AVVERTIMENTO ALL’AMICO-GARANTE LA RUSSA (“NON MI ABBANDONERÀ MAI”) – ALT! LA "SANTADECHÈ" SMENTISCE TUTTO: "SE GIORGIA MELONI MI CHIEDESSE DI DIMETTERMI NON AVREI DUBBI. NON HO MAI DETTO 'CHISSENEFREGA". QUINDI NON UNO, MA QUATTRO GIORNALISTI HANNO CAPITO MALE E HANNO FATTO "RICOSTRUZIONI FANTASIOSE"?