BIANCO ROSSO E VERDONE - MEGA INTERVISTA DI TRAVAGLIO&PAGANI AL REGISTA ROMANO - UNA CHICCA FRA MILLE: “ROSSELLINI, A CUI DEVO TANTO, SENZA CAPIRE CHE IL CLIMA ERA CAMBIATO PER SEMPRE, AVEVA MESSO IN PIEDI UN CICLO DI LEZIONI. I MILITANTI AMMETTEVANO SOLO CINEMA POLITICO E UN GIORNO, UNO DI LOTTA CONTINUA, TRADITO DALLA NOIA, SI ALZÒ, SI GIRÒ DI SPALLE E FECE UN PETO. NON RISE NESSUNO. ROSSELLINI FECE CADERE LENTAMENTE LA CHESTERFIELD, DISSE SOLTANTO “LA LEZIONE È FINITA” E ANDÒ VIA. NON L’ABBIAMO PIÙ RIVISTO. IL PADRE DEL NEOREALISMO DISTRUTTO DA UN PETO”…

Malcom Pagani e Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Casco in mano, occhiali appannati, telefono incollato all'orecchio. Osservando i gesti esausti di Carlo Verdone sembra una conversazione sofferta. È affranto. Chiude il colloquio perentoriamente: "Ti ringrazio per aver pensato a me, ma non ho più tempo per nulla. Cerca di capire, di comprendere". Attacca e si libera: "E che cazzo! Basta". Problemi Verdone? "Ogni giorno ricevo dalle tre alle cinque richieste. Non c'è più nessuno che mi chiami per sapere come sto, per chiedermi se sono felice, oppure offrirmi di mangiare una pizza. C'è sempre la pretesa di un favore".

Carlo Verdone è planato a 61 anni con la goffa leggerezza della verità. Non ha finto, ma ha sognato. Ha dipinto la storia di un italiano come e più di Sordi. È stato se stesso e moltissimi altri senza perdere le coordinate. Dice raramente di no e i confini di un'educazione ben oltre l'anacronismo, lo fottono di frequente. "Ho una disponibilità proverbiale, ma se constato che servo solo a qualcosa mi deprimo. È arrivato il momento di ritagliarmi degli spazi, altrimenti divento pazzo. (Esasperato, scaglia il telefono contro il muro. Poi si blocca, scorge la preda, sorride. Una scatola di cioccolatini sul tavolo. Passaporto svizzero. Ne mangerà tre, uno dietro l'altro).

Il Verdone serio che per più di mezzo secolo ha giocato di sponda, eclisse e disvelamento con l'altro Carlo, è soprattutto una persona. La mezz'ora si dilata nel fumo delle sue Parisienne. Inganna gli impegni e la minaccia del Natale. Accoglie il pomeriggio e lo trasforma in sera. Fuori, nel dicembre sahariano di Roma, rumori di macchine e lavori in corso. Dentro, il ritmo di un ragazzo che suonava la batteria: "E che è violenza questa Ruggè?" e ha trovato la sua musica. Per sé. Per noi. Per chi ogni volta che sente parlare di Aci ricorda sempre certe perturbazioni, "circa all'altezza di Parma".

Le piace ancora Roma?
Anche se non le vogliamo più bene, moltissimo. Non la curiamo come si dovrebbe. Oggi qui sembra tutto livellato. Però esistono le individualità. Certi ragazzi molto intelligenti che fanno domande chiare, precise. Un segno sul muro che stupisce. Gente che è troppo comodo incasellare nelle statistiche dei vandali del sabato sera.

Il passato è importante?
Non sono un passatista e racconto l'oggi, ma non c'è giorno in cui non torni con la memoria a ieri, che dedichi un pensiero ai miei genitori o cerchi nella cinepresa interiore un frammento di ciò che ero a 25 anni.

Perché?
Perché era bello. Vivevamo in un'utopia. C'era creatività e sperimentazione. I nostri sono tempi cupi. Siamo sprofondati nell'intrattenimento. Ieri avevamo Jimi Hendrix. Oggi Lady Gaga. Non condanno. Osservo.

Da dove partiamo?
Dagli inizi, così non sbagliamo. Le cantine umide, l'animazione dei burattini, i pezzi di pellicola che mio padre portava a casa e con i quali avevo un rapporto quasi fisico. Li passavo tra le dita, li squadravo. I miei, a 10 anni, mi regalarono una 8 millimetri e una bobina.

Una bobina vuota?
Dentro c'era un filmino. "La vendetta dei visi pallidi". Quattro stronzi che ammazzavano 7 indiani. Dopo qualche anno, riuscii ad acquistare una cinepresa.

A quanto?
A 80.000 lire. Nel 1970. Un sacco di soldi per quei tempi, raccolti con la questua tra gli zii. Me la vendette Isabella Rossellini, la più bella ragazza di Roma. Aveva un profilo in linea con nostri sogni, dalla Birkin, a Françoise Hardy.

Eravate amici?
La conobbi quando si fidanzò con Christian De Sica. Lui divenne il bersaglio delle nostre invidie. Lei rimase irraggiungibile, cambiò compagno e frullò la videocamera per pagare un salatissimo conto telefonico.

Lei seppe cosa farci.
Girai tre cortometraggi. Tre "poemetti visivi" sperimentali. Uno fu premiato a Tokyo. Un serissimo dirigente di Rai3, Enzo Marchetti me li chiese in prestito per un programma. Dopo qualche tempo, timidamente, chiesi lumi: "Me li ridate?". Silenzio.

Persi?
Per sempre. So' trent'anni che li cerco. Riappariranno alla mia morte. Sicuro, garantito.

Lei è capace di arrabbiarsi?
(Lunga pausa) Ci vuole veramente tanto, ma se sbrocco divento terribile. Quella volta rinunciai. E con chi me dovevo arrabbia'? Con chi te la prendi? Quello è un ministero caotico.

Non c'è genere che le sia mancato.
Nel '74 mi ero diplomato al Centro Sperimentale. Consapevole di dover affrontare la gavetta, ma pieno di speranze. Bussavo a tutte le produzioni: "Mi chiamo Carlo Verdone, mi proporrei come assistente volontario".

Assistente volontario?
In una parola mi offrivo gratis.

Risposte?
"Sì, sì, ripassa tra un mese che forse una collocazione la troviamo...", "adesso abbiamo problemi con le diarie". Nessuno mi diede lavoro.

Proprio nessuno?
L'unico fu il Dottor Mammucari della Presidenza del Consiglio. Mi affidò documentari per gli istituti italiani di cultura in giro per l'Europa.

Temi?
Il Castello nel Paesaggio Laziale, l'Accademia Musicale Chigiana. Finché Franco Rossetti, un vecchio amico senese di mio padre, si mosse a pietà e mi convocò come assistente su "Quel movimento che mi piace tanto". Settantamila lire a settimana. Si era precari anche allora.

Il filone erotico.
Martine Brochard e poi Enzo Cannavale, Renzo Montagnani, Lando Buzzanca. Un film di cassetta che si rivelò utilissimo.

Perché?
Scoprii di avere una predisposizione per la direzione nei movimenti dei generici nelle scene di massa, recitai da barista e imparai molto della grammatica del set. Le nevrosi, il gergo degli elettricisti, la sacra pausa dei macchinisti. Cestini, caffè, adrenalina. Il mazzo che te devi fa'. Mi liberai di una certa depressione iniziale.

Con il suo amato Serpax 15?
Quello c'è sempre! Ma no, era soltanto un avvilimento pseudointellettuale. Rossellini mi aveva predetto un futuro da giovane Antonioni. Io mi guardavo intorno e riflettevo ad alta voce: "Ma che c'è in comune tra me e Antonioni?".

Perché tanti dubbi?
Il film doveva arare vari mercati e per quello giapponese, più spinto, si giravano pose extra. Magari mi trovavo con la patacca della protagonista a 15 centimetri dal viso e io sotto, a suggerire le battute. Era un lavoro miserabile.

E poi?
E poi culi, qualche fessura in primo piano. In realtà il clima era garbato. Un giorno incontrai persino una principessa, Elizabeth Esterhazy.

Non ci dica.
Era ungherese. Decaduta, faceva la comparsa. Mi chiese il cognome, sorrise: "Grazie signor Verdone. Lei ci ha trattato con rispetto. Se continua così farà carriera". Mi fece piacere.

L'alto e il basso. Sempre.
Mi ha sempre affascinato il terra-terra creativo che è l'essenza del cinema italiano. La filosofia del "Se pò ffa', non se po ‘ffa'". I grandi artigiani che non avevano nulla dei mezzi americani, ma riuscivano a fare tutto mantenendo l'anima del Tuscolano. Io li avevo già visti.

Dove?
Sui set di Fellini. Mio padre Mario mi portava a Cinecittà e io rubavo con gli occhi. Parlavano con Federico: "A dotto', je va bene così? Je damo n'artra botta de luce?".

Cosa ricorda del Centro Sperimentale?
Tante cose. Essere giovani è un vantaggio, ma la grande differenza tra le generazioni di ieri e di oggi risiede nella condivisione. Di una passione, di un cineclub, di un'idea. L'underground americano, Carmelo Bene al Beat '72, Giancarlo Nanni, Manuela Kustermann. Alla fine degli anni 60, Roma era tutta un esperimento e il Filmstudio fece un'immensa operazione culturale. Senza quel cinemino non sarei cresciuto.

Andava da solo?
Ma che siete matti? Minimo in cinque. Poi si usciva e al freddo o in pieno agosto, discutevamo per ore come intellettuali.

Sempre?
Pure se il film era una stronzata. Ho rivisto certe cose di Markopoulos. Un incubo.

L'abiura di Verdone?
Ma di che stiamo a parlà? Per raccontare la squallida civiltà globalizzata e l'alienazione, il regista ci massacrava. Vi racconto la trama base. Ci sono giostre che girano. Uno che sta a letto e non sa se alzarsi, ma poi decide di farlo. Un altro che si fa la barba e ci pensa e ci ripensa. Poi un'altra volta la giostra che gira e quello si rimette a letto depresso. Andy Warhol e Yoko Ono erano geni. Markopoulos molto meno.

L'ambigua Yoko Ono? La sfasciafamiglie?
L'ho conosciuta. È una bravissima persona, un'artista superba. Ma che ha distrutto? Non ha distrutto un cazzo. "Imagine" e "Jealous Guy" furono dichiarazioni d'amore di Lennon a lei.

La politica?
Nel Politburo del Centro Sperimentale dominavano Potere Operaio e Lotta Continua con il Pci in minoranza.

Lei con chi stava?
Con il Pci. Così me illudevo di sta' con la Dc. Scherzooooo! (Ride).

Professori?
Rossellini, a cui devo tanto, senza capire che il clima era cambiato per sempre, aveva messo in piedi un ciclo di lezioni su una speciale cinepresa appena prodotta dalla Nasa. I militanti ammettevano solo cinema politico e un giorno, uno di Lotta Continua, tradito dalla noia, si alzò, si girò di spalle e fece un peto.

Non è possibile.
È possibile, è possibile. Comunque non rise nessuno. Rossellini fece cadere lentamente la Chesterfield, disse soltanto "La lezione è finita" e andò via. Non l'abbiamo più rivisto. Il padre del Neorealismo distrutto da un peto.

Lo studente?
Si uccise. Come molti ragazzi in un decennio folle e inquieto, anche per il cinema. Se non fosse stato per una nuova comicità a cui contribuimmo io, Troisi, Nuti e pochi altri, avremmo avuto solo sale a luci rosse.

La fine dei '70 aveva avuto disfide anche cine-file. Moretti e Monicelli.
Non mi sentivo rappresentato da nessuno dei due. Però Nanni che in Ecce Bombo urla "ve lo meritate Alberto Sordi" mi ha sempre fatto ridere. Diceva qualcosa di rivoluzionario.

Nel '77 Bertolucci le offrì una parte.
Ne La Luna. Bernardo era attento agli attori nati nelle cantine teatrali. Mi diede il ruolo di un aiuto regista gay di Caracalla, c'era anche Benigni che faceva il tappezziere. Ero felice. Ma in realtà ero poco più di una comparsa. Due mesi dopo Trapani e il dirigente Voglino mi chiamarono per Non-Stop su Rai Uno.

Con i personaggi di "Tali e Quali",
Lo spettacolo era finito, ma affittai a mie spese il Teatro del Leopardo per farlo vedere a Trapani. Accadde anche quando si trattò di esordire al cinema nel 1980.

Nel '79 Festa Campanile l'aveva scartata.
Per forza. Cercavano un camionista bruto per "Il Corpo della Ragassa" con Lilly Carati. Provino tragico, mi sentivo fuori parte e infatti non la ottenni. Ma posso dire una cosa? Meno male.

Dopo l'esordio venne la seconda prova.
Bianco Rosso e Verdone andò bene, ma non benissimo. I produttori, Leone compreso, si spaventarono. "Questo s'è sparato le cartucce con due film... Che pò fa'?". Passai tre mesi d'inferno. Se ne andarono tutti.

Tutti?
Ma tutti tutti. Gianna, la mia ex moglie ogni tanto si avvicinava: "Ma il prossimo?". Io studiavo Religione del Vicino Oriente Antico. Il telefono taceva. I tre mesi successivi a Bianco, Rosso e Verdone furono difficili. Pensai di ritornare a studiare e chiedere lavoro all'Università. "Gianna, io busso al professor Brelich". Senza sapere che s'era tolto la vita pure lui. Aridaje...

Ma "Bianco, Rosso e Verdone è uno dei suoi film più importanti.
Eh sì, adesso lo dite. All'epoca mi trattò umanamente solo Valerio Caprara.

Come ne uscì?
Mi chiamò Mario Cecchi Gori e mi salvò la vita: "Mi è piaciuto il film, l'emigrante era molto poetico. Ma non voglio i personaggi. Quelli li hai fatti." L'avrei voluto baciare! Lavorammo per un anno a Borotalco che rimane uno dei film che amo di più. E non per i 5 David o per gli incassi che furono notevoli.

Manuel Fantoni, Angelo Infanti, i carghi battenti bandiera liberiana.
Il mio personaggio è un cialtrone mitomane innamorato di Eleonora Giorgi: "Devo andare a Parigi per lavoro, c'è il Louvre, lì si mangia molto bene". Il film convinse anche
mio padre: "C'è un po' di Frank Capra, ma non montarti la testa. Il rapporto è 100 a uno".

Colonna sonora di Dalla.
Partimmo male. Mi chiamò il giorno della prima: "Carlo, mi spieghi perché sul manifesto il mio nome è più grosso del tuo? Sembro io il regista! Ma siete impazziti? Volete che blocchi il film? Sono incazzato nero". Io ero stravolto. riuscii a balbettare: "Almeno vallo a vedere".

Come finì?
Lucio lo vide a Bologna e si dovette sedere per terra. Uscì persuaso che Borotalco fosse anche un grande tributo a lui. Facemmo pace.

Un desiderio?
Ho fatto un viaggio in treno con Servillo. Ci stimiamo. Un giorno lavoreremo insieme.

È affezionato a "Io, loro e Lara?"
Ero depresso per l'autunno e per la morte di papà . E un pomeriggio lo sognai. Entrava con i giornali in camera, arrotando il toscano: "Madonna Carlo, sò tutte bone le recensioni, Madonna ragazzi...". Mi svegliai e piansi perché quel sogno sembrava realtà.

La principessa ungherese, il sogno, lei crede in un sovradestino?
Sì. E vi racconto una cosa. Ai tempi di Non stop viaggiavo in treno tra Roma e Torino. Un giorno, incontro una bella ragazza dal viso tormentato. Mi fece quasi un interrogatorio: "Chi ero? Cosa facevo? Con chi mi ero laureato". La salutai con affetto: "Avrei voluto chiederti qualcosa anche io" e lei si schermì: "Sono sempre molto curiosa degli altri... ma vedrai che il tuo programma andrà benissimo". Tre mesi dopo, in prima pagina, sotto il titolo "Scontro a fuoco tra Br e Polizia" la riconobbi. A terra, in una pozza di sangue, ferita gravemente.

Storia strana.
Pazzesca. Anni dopo incontrai Adriana Faranda. Già conoscevo Gerald Bruneau, il suo compagno fotografo. Un giorno passano sul set di Gallo Cedrone a due passi dal Colosseo. Lui sembra un pazzo e implora: "Carlo, Carlo, mi devi assolutamente aiutare! Dammi 5 minuti, andiamo ai Fori, due scatti per Sette e ti lascio in pace". Sul set erano pronti a girare. Incazzatissimi.

Lei che fa?
E che faccio? Quello insiste: "Carlo, Carlo, 5 minuti". Lo assecondo. Monto al volo sul mio scooter. Li vedo entrambi precedermi a razzo, ma alla seconda curva sento un botto terrificante. Giro e li vedo a terra, col motorino. Immobili per una manciata di secondi (Qui Verdone supera se stesso ndr.) confesso, mi è venuto un po' da ridere. Ho detto "Oddio so andati!". Invece si rialzarono.

È vero che fotografa anche lei?
La mia drammatica ricerca della solitudine e della poesia smarrita è in una collezione di nuvole.

Di chi sono le foto?
Sono mie. Migliaia di scatti, alcuni veramente belli. Fulmini, tramonti, albe. Inseguo le nuvole e la luce da anni.

Non riesce a stare da solo diceva.
C'è sempre uno che ti accerchia: "Te posso fa ‘una 'na foto Cà?", "Je fai un saluto a mi' sorella?" e te rompe la poesia. L'altro giorno vado a prendere il caffè al bar. Mi ferma un signore: "Carlo, le ho offerto la colazione". Io ringrazio e lui mi passa il fratello. " A Ca', parlaci, parlaci, lo ha appena lasciato la moglie". Prendo il telefono: "Ciao sono Verdone".

Lo ha consolato?
Mi ha mandato a fare in culo perché pensava a uno scherzo. Poi ha capito dopo mezz'ora. E ha pianto per tre quarti d'ora raccontandomi la tragedia sentimentale.

Da regista la fece esordire Sergio Leone.
Attraverso mio fratello Luca che lo conosceva bene , mi chiese un appuntamento. "Ti cerca da un'ora, dice se lo chiami". "Porca troia, ma davero?". Non faccio in tempo a finire e squilla l'apparecchio. "Sono Sergio Leone". "Maestro". "Chiamame Sergio. Puoi venì domani pomeriggio alle sei che parlamo n'attimo?". "Volentieri, sono molto emozionato". Si udì solo un mugolio. L'indomani ero nervoso, mi fermai due volte a fare pipì, poi suonai prendendo subito la scossa.

Le aprono?
Un cameriere giamaicano simile a Bob Marley. Macchiato ovunque di sugo. Poi cani ovunque, oggetti, fotografie, copioni. E una voce: "Carlo so' qua". Un minuto di silenzio, sudavo. (Qui Verdone imita Leone, lo riporta in vita, ndr.).

Lui si manifesta?
Eccome: "Io devo ancora capì perché me fai ride, bisogna che te tieni libero, c'ho una mezza idea di fa' qualcosa insieme". Azzardo una risposta: "Intanto avrei portato due, tre soggetti". Lui mi congeda e torno l'indomani. Neanche entro e sento la sua voce: "Ma che stronzata m'hai portato? ‘Sta roba fa piagne. Bisogna coinvolgere qualcuno che ti esalti". Così fu. 350 milioni, 5 settimane di riprese.

Il film era figlio di un viaggio?
Venivamo da un bel '68, ma i costumi erano morigerati. Così si puntava a Est, con una serie di regalini che si pensava, avrebbero facilitato i contatti. Una cosa miserabile. Però i racconti dei nostri coetanei erano incredibili.

Partiste?
In quattro con una 127. Arrivammo a Bolzano e sbagliammo frontiera finendo a Gera nell'ex Ddr. Ci perquisiscono. Trovano un'agendina: "Questo Cracovia cosa essere?".

Vi liberarono?
Dopo due giorni. Fuori dall'ostello polacco le targhe erano eloquenti: Genova, Treviso, Caltanissetta. Ci guardammo: "Oh, ma gli italiani tutti qua stanno?". Sentimmo un rombo. Una Dino Fiat che rimetterò poi identica in "Un sacco bello". Scende un coatto, si bacia con una ragazza, ci rivolge la parola in viterbese stretto: "Nun ve preoccupate, dopo a un paio di indirizzi ce penzo io". La fanciulla aveva un apparecchio terrificante, una ferramenta in bocca.

A lui non importava?
"Oh, a me certi boccagli me li può fa pure mia nonna... Ma che me frega?". Così ci disse. In quel momento arriva una 500 targata Enna. Si affaccia un guitto sulla cinquantina coi capelli tinti. Fa domande, sembra sicuro: "Come è messa qui la situazione?", aggiungendo un gesto volgare. Poi scende. Era assolutamente sciancato. Lì capii di essere in un quadro di Bosch e un po' mi vergognai dell'idea che davamo dell'Italia.

Vi fidanzaste in quel viaggio?
Tutti. Io con una pallavolista, tale Anna Skupien. ‘Na stangona, era molto più alta di me.

La morale?
Ho accumulato ovunque migliaia di frammenti per riproporli. Ho guardato il mondo per potermelo tenere dentro e raccontarlo spesso nelle sue miserie. Ancora oggi quel che mi è successo mi sembra un miracolo.

Non sia modesto.
E come lo vuoi chiamà? (Qui Verdone è elegiacamente sincero, ndr). Il destino è stato molto generoso. Ma chi rimane in piedi per 34 anni?

La satira politica?
Mai venuta voglia di impegnarmi. C'è chi la fa bene, c'è chi la fa male e c'è chi ha rotto li coglioni. Bisogna stare attenti all'overdose.

Il nuovo cinema italiano?
I nuovi autori tentano di andare oltre la realtà attraverso le favole, come ne "La peggiore settimana della mia vita".

E i soliti idioti?
Mi indigno con chi si indigna. Ve rode che hanno fatto i soldi con "dai cazzo"? È normale. A me bruciava quando Bombolo e Tomas Milian incassavano i miliardi ed erano molto più volgari. L'indignazione è inaccettabile. Ma che te vuoi indigna'? Te dovevi indigna' già anni fa. Ho visto scenette in Parlamento molto più triviali.

Qualcuno ha fatto dei paralleli.
Impropri. Le mie maschere avevano un'anima. Un'agenda con scritto alla "S" Stadio Olimpico e alla "O" Olimpico Stadio. I miei personaggi hanno una solitudine devastante alla fine.

Lei ha due figli.
Giulia e Paolo. Sarà banale, ma sono un padre orgogliosissimo. Sono tosti, seri.
Paolo sarà nel suo prossimo film, "Posti in piedi in paradiso". Uscirà il 24 febbraio. È un film ironico sul dramma di tre padri separati, costretti a condividere un appartamento e sull'importanza dei figli nella loro vita. Io, Favino, Giallini e Micaela Ramazzotti. Ormai preferisco la coralità. Non solo Carlo, ma Verdone più tanti altri. Ci si completa. Si evolve. Il "sondaggio" di De Laurentiis ha avuto un ottimo esito.

Quale sondaggio?
Aurelio fornisce ai suoi dipendenti un questionario da compilare anonimamente. Quelli vedono il film, valutano e poi De Laurentiis scrutina e viene da me: "C'è una scena che non convince". "Scusa Aurelio, ma non convince chi? Le schede sono anonime". In ogni caso fumata bianchissima, pare. Ha ragione Eduardo: gli esami non finiscono mai. Ma va bene così. Alla fine, viviamo sempre in una perenne commedia.

 

MALCOM PAGANI CARLO VERDONE AURELIO DE LAURENTIS MARCO TRAVAGLIO MONICA BELLUCCI E CARLO VERDONE Verdone in Manuale-d-amore-3CARLO VERDONE IN IO LORO E LARACARLO VERDONE E MASSIMO MARINO ETTORE SCOLA E CARLO VERDONE VERDONE TROISI BY SETTANNI FRANCESCO NUTInanni morettiIngrid Bergman con Roberto Rossellini sul set del film Viaggio in Italia Dal PIacere alla Dolce Vita Mondadori ANGELO INFANTIfecin29 lucio dallatoNY SERVILLOCHRISTIAN DE SICA SILVIA VERDONE Sergio LeoneCARLO E LUCA VERDONE BERNERDO BERTOLUCCI deru08 mario monicelliil monnezza e bomboloI SOLITI IDIOTI Carlo Verdone e figlia Giulia Carlo Verdone e figlio Paolo - Copyright Pizzi

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