COME AMMETTERE UN CALO DELL’8% DEGLI INCASSI E FINGERE DI ESSERE FELICI: IL PRIMO BILANCIO DELLA MOSTRA DI VENEZIA BY EGO-BARATTA & CIPRESSO BARBERA E’ UN INNO AL VORREI MA NON POSSO - TRA UN “MI ASPETTAVO PEGGIO”, UN “NON SAREMO MAI COME CANNES E BERLINO” E UN “ABBIAMO AVUTO POCO TEMPO” SI GIOCA IN DIFESA - L’ANNO SCORSO NELLE SALE ITALIANE STACCATI 111 MILIONI DI BIGLIETTI (LA META’ DI QUELLI VENDUTI IN FRANCIA…)

1 - BARATTA S'ACCONTENTA DI AVER PERSO L'OTTO PER CENTO DI INCASSI...
Nanni Delbecchi per il "Fatto quotidiano"

La crisi è come il Natale: quando arriva, arriva. E questa è la mostra della crisi. Lo ammette il presidente della Biennale Paolo Baratta, lo rivendica il direttore del festival Alberto Barbera, lo denuncia Ken Loach, sbarcato al Lido per ricevere il Premio Bresson. Un rapporto dell'Osservatorio dell'Audiovisivo, presentato al convegno promosso dal Mibac sulle strategie europee, parla anche più chiaro.

L'anno scorso nelle sale italiane sono stati staccati 111 milioni di biglietti, poco più della metà di quelli venduti in Francia e quasi il 30 per cento in meno della Gran Bretagna. Confronto che si fa ancora più impietoso se si prendono in esame gli investimenti nella produzione: 423 milioni di euro in Italia contro i 1389 della Francia e i 1466 della Gran Bretagna.

Se questi sono i dati, si può capire che Paolo Baratta resti abbottonatissimo quando gli si chiede un bilancio provvisorio, e perfino che si dichiari soddisfatto dell'unico numero che concede, un 8 per cento in meno negli incassi. "Mi aspettavo peggio", dice il presidente, "se consideriamo che, pur essendo rimasto identico il numero delle proiezioni, quello dei film è sceso del 20 per cento".

Alberto Barbera rivendica la cura dimagrante, peraltro evidente anche a occhio nudo. Il tappeto rosso sotto il cielo grigio, nella cappa brodosa dello scirocco, non se lo fila quasi nessuno, e questo potrebbe anche essere un bene, considerata la quantità di paccottiglia vista negli anni passati.

"Punto a riempire le sale piuttosto che le transenne, a differenza di Cannes preferisco puntare sui film che sulle star"; e il neodirettore punta soprattutto a far tornare i compratori, quest'anno ne sono arrivati quasi 200, sebbene la metà a spese della Mostra.

Sempre meglio che ospitare Ezio Greggio, non c'è dubbio, anche perché gli unici a far finta che la crisi non ci sia sono albergatori e affittacamere. Il Lido è ben lontano dal tutto esaurito, eppure resta quasi impossibile trovare una camera sotto i 200 euro a notte. Non proprio un incentivo per il vero assente della Mostra, il pubblico dei comuni mortali e in particolare dei giovani, che una volta campeggiavano nei giardinetti adiacenti al casinò, là dove ora pietosi teli plastificati coprono un buco all'amianto da 370 milioni.

La crisi quando arriva, arriva; ma non tutte le crisi vengono per nuocere. Può capitare che il pontificio Ente dello spettacolo premi Ken Loach, "l'ultimo dei registi rossi", e il patriarca di Venezia monsignor Moraglia, dopo avere ricordato Carlo Maria Martini, lo elogi "per la sua capacità di posare lo sguardo sugli ultimi".

Il minuto ma infrangibile sir Ken ringrazia, dà tutta la sua solidarietà al popolo palestinese, lancia una frecciata a un collega americano ("Quando sento cosa dice Clint Eastwood, mi rallegro che il cinema non abbia il potere") e chiude con una parola, se non di fede, almeno di speranza: "La crisi è dura, ma le cose cambieranno. Devono cambiare, altrimenti non avremo più un pianeta su cui lavorare". Anche nel cinema gli ultimi signori rimasti sono i comunisti.

2 - IL PUBBLICO CALA MA BARATTA È CONTENTO...
Maurizio Caverzan per "il Giornale"


Red carpet sbiadito e poco pubblico al Lido, anche se le sale sono piene. Parafrasando il celebre detto, Alberto Barbera e Paolo Baratta hanno coniato un nuovo sillogismo: «Preferiamo avere le sale piene e il Lido sobrio». È questa la sintesi delle risposte dei vertici della Biennale a chi sottolinea il vento di crisi che ha investito la 69esima edizione della Mostra del cinema. «Quest'anno abbiamo gettato tanti semi», ha proseguito il direttore artisitico. «Speriamo che nelle prossime annate questi semi germoglino».

Tornando al presente, il totale degli incassi dai biglietti è calato, rispetto allo scorso anno, dell'otto per cento. «Una cifra che, data la crisi», ha detto il presidente Baratta «è soddisfacente, considerando anche che tra concorso e fuori concorso i film sono il 20 per cento in meno rispetto allo scorso anno. Ci aspettavamo sinceramente un calo maggiore».

Per i dati sulle presenze bisognerà aspettare la fine della manifestazione, ha spiegato il direttore Barbera. Comunque, non si nascondono dietro il dito della crisi, i vertici della Biennale nel bilancio a metà Mostra, la prima del dopo Muller. Semmai battono il tasto del poco tempo a disposizione per allestire questa edizione, da gennaio a luglio. E poi sui limiti strutturali del Lido («non sapete quanto ci manca il Des Bains»).Tanto che nei prossimi anni si lavorerà per la creazione di un centro congressi e per aumentare il numero di posti nelle sale fino a portarli a 5500 dagli attuali 4640.

Barbera si è detto soddisfatto anche del bilancio del primo Venice Film Market. «Non saremo mai come Cannes e Berlino che hanno migliaia di metri quadrati a disposizione e alle spalle la ricettività delle due città. Tuttavia, abbiamo creato un mercato nel quale c'è tutto, portando al Lido 200 compratori», ha sottolineato Barbera rivelando che «almeno per quest'anno un centinaio hanno avuto l'ospitalità della Biennale. Nei primi cinque giorni le proiezioni sono state 800».

In conclusione, le difficoltà ci sono, visti i tempi che corrono e la decisione di realizzare una Mostra con parecchie novità. E davanti a chi maligna che Venezia rischia di diventare Locarno e Roma di prendere il posto di Venezia, Barbera non fa una piega: «Vedremo».

 

 

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