
“TSE, TSE, E ANCHE OGGI, PER GUADAGNARE ‘STI DU’ QUATRINI, ME SÒ PRESO QUATTRO PIZZE ‘N FACCIA” – BOMBOLO FOR EVER! ALESSANDRO LECHNER, 56 ANNI, TECNICO DEL GAS, È UNO DEI TRE FIGLI DI FRANCO, IL MITOLOGICO BOMBOLO DEI POLIZIOTTESCHI E DELLE COMMEDIE SEXY ’70-‘80: “FU NOTATO DA PINGITORE IN TRATTORIA. LASCIÒ LA SCUOLA A 8 ANNI, NON SAPEVA LEGGERE, LO AIUTAVO IO CON I COPIONI. MIA MAMMA ERA GELOSA PER LE COMMEDIE SEXY - L'AFFETTO DI TOMAS MILIAN, GLI SCHERZI DI PIPPO FRANCO E LA RIVELAZIONE: “L’AVEVANO CHIAMATO PER FARE RICCIOTTO NE 'IL MARCHESE DEL GRILLO' MA NON FU PRESO PERCHÉ…” – VIDEO
Giovanna Cavalli per il Corriere della Sera - Estratti
«Gita scolastica di seconda media all’istituto dei Fratelli Lasalliani. Prima tappa le Fosse Ardeatine, quindi il santuario del Divino Amore. Fratel Giovanni si era raccomandato: “Restate in fila dietro le altre auto, così non vi perdete”.
Arrivati a un incrocio, tutti svoltarono a sinistra. Papà invece prese sparato a destra, per i Castelli. E ci portò dritti a Rocca di Papa, da “Le Gallinelle”, trattoria di un amico suo, a mangiare un piattone di carbonara con un bel fiasco di vino della casa. Io e i miei tre amichetti, tredicenni, ci divertimmo tantissimo, poi ci toccò sorbirci la ramanzina del direttore».
Alessandro Lechner, 56 anni, tecnico del gas, è uno dei tre figli di Franco, l’inconfondibile Bombolo dei poliziotteschi e delle commedie sexy anni Settanta-Ottanta: occhi blu, faccia di gomma, riportino scarruffato e lieve zeppola con cui sibilava il celebre « Tse-Tse ». Meglio conosciuto come lo sfigato ladruncolo Venticello che prendeva schiaffoni a raffica dall’ispettore Nico Giraldi (da non confondere col trucidissimo Er Monnezza , sempre Tomas Milian), scomparso nel 1987 «alla mia stessa età».
Lechner non è proprio un cognome romano.
«Papà diceva che era un residuato di guerra, ricordo di un soldato austriaco».
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Lasciò la scuola a 8 anni.
«Fece fino alla seconda elementare, nella classe differenziata: gli altri andavano di mattina, i poveri di pomeriggio. Il grembiule, le penne e i quaderni costavano troppo».
Ambulante pure lui.
«Col carretto a pedali. Usciva alle sette, girava per i vicoli dietro Campo de’ Fiori. Piatti, bicchieri, ombrelli, tovaglie.
“Tre padelle mille lire!”. Vasi cinesi. Era bravo, i soldi ce li faceva. Ci mandò tutti e tre alle scuole private, ci teneva, per lui era una rivincita».
Si tuffava dal ponte di Castel Sant’Angelo.
«C’era il barcone sul Tevere, quello di Luigi Rodolfo Benedetti detto Er Ciriola , dove girarono il film Poveri ma Belli, una zattera con il baretto. D’estate con gli amici facevano le gare di coraggio, per mettersi in mostra con le ragazze».
bombolo e il figlio alessandro
Perché lo chiamavano Bombolo?
«Da piccolo era cicciotto, camminava a balzelloni. C’era pure la canzoncina: “ Era alto così, era grosso così, lo chiamavan Bombolo ”. E quel soprannome poi se l’è portato dietro, anche se da ragazzo era magro».
Ci sformava?
«No. Tutti avevano un soprannome. Mio zio, che aggiustava frigoriferi, era Er Cocacola , il cugino macellaio Er Fettina. Verso l’una finiva il giro e si fermava a mangiare alla taverna di Picchiottino. Tra un bicchiere e una pietanza, con gli amici del rione, improvvisava delle scenette. Uno scherzo tirava l’altro. Doveva venire a prenderci a scuola alle quattro, si presentava non prima delle sei».
Ed è lì che fu scoperto.
«Castellacci e Pingitore un giorno capitarono in quella osteria. Lo notarono e gli lasciarono un numero di telefono su un foglietto. “Ci chiami, ha la faccia giusta per il cinema, un talento naturale”. Papà se lo dimenticò nella tasca dei calzoni, lo trovò mamma. Lui non voleva richiamare, lo fece lei al posto suo».
Lo presero per due film.
«Il primo fu Remo e Romolo, doveva guidare la biga, si fece anche crescere la barba».
In «Nerone» invece fu Roscio, antico romano sempre affamato di «pasta e facioli».
«Giravano in campagna, a Cesano. Credeva che sarebbe finita lì. Invece lo scritturarono pure per il Salone Margherita e dovettero convincerlo».
Aveva qualche difficoltà
«All’inizio faceva fatica a studiare i copioni, anche semplici. Perché non sapeva leggere, non bene. A casa dovevamo aiutarlo. Con gli anni diventò più bravo, riusciva ad imparare a memoria anche dialoghi lunghissimi, non sa quanto ne andava orgoglioso. E in locandina il suo nome compariva in alto, accanto a quello di Oreste Lionello».
Teneva i piedi per terra.
«La mattina continuava a fare l’ambulante, almeno i primi anni. “Male che va riprendo il carretto, di fame nun me moro , dalla strada vengo e alla strada ritorno”».
Bruno Corbucci lo lanciò con la serie cult di polizieschi-comici, in cui (per finta) prendeva sempre ceffoni.
«Qualcuno lo beccava sul serio. La gente si divertiva. Tornato a casa diceva: “E anche oggi, per guadagnare ‘sti du’ quatrini, me sò preso quattro pizze ‘n faccia ”. Tomas Milian gli voleva bene».
Le giornate più belle.
«Quando mi portava a Passoscuro, a prendere le telline. Grande nuotatore. “Ricordati che il mare è traditore”».
Una sua botta da matto.
«Giocavo a calcio, mi accompagnò per una trasferta a Latina. Quando il pullman si fermò a un autogrill sulla Pontina, scese anche lui con il presidente e l’accompagnatore. Tornarono soltanto loro, lui no. Si era fermato a un matrimonio lì vicino, al ritorno lo trovai a tavola che brindava con gli sposi e la torta». Una ancora. «In Grecia, mentre girava un film, mise in scena un finto matrimonio. Lui era lo sposo, la sposa era Jimmy il Fenomeno con la parrucca».
Gli scherzi goliardici di Pippo Franco
«Era un continuo. Cinque minuti prima di entrare in scena, al Bagaglino, gli metteva il sapone nelle scarpe. O gli cambiava le scene senza avvisarlo. Papà si appuntava qualche battuta sulla parete dietro le quinte, gliele cancellava».
Girava pellicole considerate di serie B (anche se le vedevano tutti), ci soffriva?
«No, in quegli anni la commedia italiana era così, gli incassi c’erano. L’avevano chiamato per interpretare Ricciotto ne Il Marchese del Grillo , poi però non fu preso, forse era troppo riconoscibile». Quei filmetti scollacciati con Lory Del Santo, Nadia Cassini, Annamaria Rizzoli.
Sua madre era gelosa?
«Un po’ sì, però non c’era motivo. Papà guardava, sì, ma non toccava. E dopo tornava a casa, amava moltissimo la famiglia, perché da piccolo non l’aveva avuta».
Guadagnava bene?
«Non ha fatto in tempo. Nel 1987 il Bagaglino arrivò in tv, su Canale 5, lì sì che pagavano bei soldi, purtroppo lui è morto proprio sul più bello».
(..) L’ultimo ricordo.
tomas milian bombolo delitto sull’autostrada
«Era uscito dall’ospedale il giorno del mio compleanno, il 12 agosto. Stavamo a tavola, era provato. “Guarda che festa brutta che hai avuto”. “No, papà, per me è la più bella, perché sei a casa con me”. Ci mettemmo a piangere tutti e due. Nove giorni dopo è morto».
Non è stato dimenticato
«Ho creato un gruppo su Facebook: “Bombolo core de Roma”, come sta scritto sulla sua lapide. Ha 16 mila iscritti. Ogni anno ci si incontra per un raduno di appassionati».
E che fate?
«Si canta e si ride e si va tutti a mangiare in trattoria».
BOMBOLO
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w la foca bombolo
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