BUM! BUM! “NON VOGLIO VIVERE IN UNA SOCIETÀ TOLLERANTE. VOGLIO VIVERE IN UNA SOCIETÀ MOLTO INTOLLERANTE” - MICHAEL WINNER, IL REGISTA DI “IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE” (1974), UNO DEI FILM PIÙ CONTROVERSI E CRITICATI LEGATI AI CITTADINI CHE SI INCAZZANO E SI FANNO GIUSTIZIA DA SÉ PERCHÉ LA POLIZIA HA LE MANI LEGATE, SE NE VA A 77 ANNI - ORA È PROBABILE CHE MOLTI DEI SUOI FILM POTREBBERO ESSERE TRANQUILLAMENTE RIVALUTATI….

Marco Giusti per Dagospia

"Non voglio vivere in una società tollerante. Voglio vivere in una società molto intollerante". Bum! Bum! Michael Winner, il regista di "Il giustiziere della notte" ("Death Wish", 1974), uno dei film più controversi e criticati legati ai cittadini che si incazzano e si fanno giustizia da sé perché la polizia ha le mani legate e non può sterminare i cattivi per le strade, se ne va a 77 anni. La critica, specialmente quella più snob e politicizzata, non ha mai amato l'inglese Michael Winner, regista a suo modo rozzo e popolare, violento e conservatore, ma dalle grandi intuizioni, che riuscì a passare dalla Swinging London anni '60 a una Hollywood ancora piene di star.

Oltre tutto scrivendosi e montandosi da solo i suoi film, spesso discutibili ma estremamente personali. Un percorso simile a quello di un altro regista inglese criticato, ma di gran peso, come Ken Russell. Mentre i nostri maestri dello spaghetti western sfornavano capolavori esportabili ma non erano loro stessi esportabili, i registi inglesi potevano sbarcare a Hollywood con gran tranquillità negli anni '70 e vedersi proporre progetti di grande interesse.

Lo stesso Winner rifiutò la regia di "Il braccio violento della legge", poi passato a William Friedkin, e di "King Kong", poi realizzato da John Guillermin. Va detto che molto abbiamo invidiato a Winner che potesse girare western, noir, perfino commedie con i nostri idoli giovanili. In "Io sono la legge" (1971), western finto americano girato in Spagna, si ritrova con Burt Lancaster sceriffo, Robert Ryan, Lee J. Cobb, Robert Duvall. Un cast stellare. In "Improvvisamente un uomo nella notte" (1972) mette in piedi il prequel di "Giro di vite" di Henry James con un Marlon Brando ancora bello e dannato oltre che poco costoso. Brando diventerà anche uno dei suoi migliori amici, assieme a Oliver Reed.

In "Chato" (1972) incontra per la prima volta uno dei suoi attori feticcio, Charles Bronson, che fa l'indiano e lotta contro il cattivo Jack Palance nel mondo del western europeo. Tra i suoi primi noir girati in America troviamo "Professione assassino" (1972) con Charles Bronson e Keenamn Wynn, il notevole "Scorpio" (1973) con Burt Lancaster e Alain Delon e "L'assassino di pietra" (1973), con Charles Bronson.

Sarà proprio il successo di questo film e il faccione di pietra di Charles Bronson, attore perfetto per i film di quegli anni, che lo porteranno a dirigere il suo più grande successo, "Il giustiziere della notte", tratto dal romanzo di Brian Garfield e sceneggiato da Wendell Mayes. In un primo tempo il produttore, il nostro Dino De Laurentiis, aveva cercato di montare il film con Clint Eastwood protagonista, ancora fresco del primo Ispettore Callaghan. Poi ci aveva provato, senza fortuna, con Steve McQueen e Frank Sinatra.

Aveva anche provato a farlo dirigere a Sidney Lumet che voleva Jack Lemmon protagonista, ma Lumet aveva preferito la regia di "Serpico", un progetto più intrigante. Quando Michael Winner spiegò a Charles Bronson che nel film il suo personaggio, il tranquillo architetto Paul Kersey, uccideva i violentatori che avevano stuprato la moglie e la figlia e l'avevano fatta franca, Bronson rispose. "Mi piace". "Cosa... il film?; gli chiese Winner, "No, uccidere i violentatori".

Con tre milioni di dollari di budget, "Il giustiziere della notte" ne incassò ben 22, diventando non solo un grande successo per De Laurentiis, Winner e Bronson, ma lanciando una moda che scatenerà mille polemiche e darà vita al poliziesco violento di casa nostra negli anni '70. Franco Franchi girò pure la parodia sicula con "Il giustiziere di mezzogiorno" di Mario Amendola. Anche se i due sequel che Winner e Bronson girarono una decina d'anni dopo del "Giustiziere di mezzanotte" non ebbero lo stesso successo del primo episodio, tra gli anni'70 e '80 il regista si ritrovò le porte di Hollywood aperte a progetti molto diversi che sono anche tra i suoi film più stimolanti.

Pensiamo agli horror, "Sentinel" (1977) con Christina Raines e John Carradine, quasi polanskiano, o "La casa in Hell Street" (1984). Al buffo "Won Ton Ton, il cane che salvò Hollywood" (1976), dove Winner ha la fortuna di dirigere miti del cinema come Dorothy Lamour, Victor Mature, Johnny Weissmuller, Virginia Mayo, Cyd Charisse, Jackie Coogan, i fratelli Ritz. Ritorna al noir con una versione del "Grande sonno" di Raymond Chandler, "Marlowe indaga", con Robert Mitchum nei panni del celebre detective e un cast che va da Sarah Miles a James Stewart.

Poi dirige Sophia Loren e James Coburn in un lontano "Bocca da fuoco" (1979). Ritornato in Inghilterra, dirige film con grandi star fino alla fine del 900, ma non troverà mai lo stesso successo di prima. Lo vediamo alle prese con Agatha Christie in "Appuntamento con la morte", con Peter Ustinov come Poirot e un megacast che va da Laureen Bacall a Carrie Fisher, poi dirige Jeremy Ironso e Anthony Hopkins in "L'opera del seduttore", Michael Caine e Roger Moore in "Bullseye!", Chris Rea e John Cleese in "Parting Shots" (1998), il suo ultimo film.

Diventato un opinionista e supporter conservatore nei suoi ultimi anni, ha scritto anche per "The Sunday Times", ha diretto e interpretato molti spot, ad esempio per il caffè Kenko. Avvelenato da un'ostrica nel 2006 in vacanza alle Barbados, si ritrovò colpito da un virus che gli distrusse il tendine d'Achille obbligandolo a zoppicare con il bastone fino agli ultimi giorni della sua vita. Ora che se ne è andato, è probabile che la sua filmografia vada riletta in maniera più distesa e molti dei suoi film potrebbero essere tranquillamente rivalutati.

 

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