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LA CADUTA DI BURUMA – “GIUSTIFICA UN MOLESTATORE”, LO SCRITTORE FUORI DALLA “NEW YORK  REVIEW OF BOOKS” PER AVER OSPITATO UN SAGGIO CONTRO IL 'METOO' - IL DIRETTORE DELLA BIBBIA DEI "RADICAL CHIC" AVEVA OSPITATO UN ARTICOLO DI UN MUSICISTA DENUNCIATO PER VIOLENZA SESSUALE…

Anna Lombardi per la Repubblica

 

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La caduta degli uomini: mai titolo fu più profetico. Perché a determinare l' uscita dello scrittore di origine olandese Ian Buruma dalla direzione della più prestigiosa rivista letteraria d' America, quella New York Review of Books che il padre del New Journalism Tom Wolfe definì «lo strumento teorico dei radical chic», è stata proprio la scelta di dedicare il numero che approderà in edicola il prossimo 11 ottobre alla condizione maschile nell' era del MeToo.

 

Una copertina costruita con tre saggi. Uno dei quali firmato dal musicista anglo-iraniano Jian Ghomeshi, a lungo popolare conduttore radiofonico per la canadese Cbc, poi caduto in disgrazia dopo le accuse di violenze sessuali e fisiche rivoltegli da almeno venti donne, che hanno denunciato percosse e tentativi di soffocamento durante i rapporti.

 

Accuse che hanno portato nel 2015 al suo arresto ma dalle quali è stato poi assolto perché - secondo i giudici - le tre principali accusatrici avevano dato versioni discordanti e confuse.

 

Nell' articolo Ghomeshi si descrive come un «paria» che oggi è «costantemente alle prese con la versione malvagia di me stesso cristallizzata online». Non solo: lamenta la sua condizione di ex celebrity un tempo amatissimo dai fan che ora al massimo può «aspirare a esibirsi nei karaoke di periferia di New York».

 

Un' auto-lamentazione sotto il titolo anche qui indicativo di "Riflessi di un hashtag" - con chiaro riferimento al movimento MeToo - che ha fatto gridare allo scandalo prima di essere stampata: costringendo la rivista a pubblicare - seppure non proprio in evidenza - l' articolo sul sito venerdì dopo che le prime indiscrezioni e i primi commenti sono apparsi sui social.

 

(...)

 

Buruma, a capo della New York Review of Books da appena un anno, subentrato alla direzione di Robert Silvers che fondò la rivista con Barbara Epstein nel 1963, ha spiegato le sue ragioni parlando con Isaac Chotiner di Slate. Ma incalzato sulle accuse di violenza rivolte a Ghomeshi ha detto: «Non ho elementi per giudicare».

 

la caduta degli uomini

Sottolineando però che l' uomo è stato comunque assolto dalla giustizia visto che le violenze sono sempre avvenute in contesti di rapporti consensuali: «Non conosco l' esatta natura dei suoi comportamenti. Né è qualcosa che mi riguarda o preoccupa particolarmente. Mi interessava pubblicare il punto di vista di qualcuno lapidato dall' opinione pubblica: come ci si sente quando accade. Non era un modo per giustificarlo o sminuire la natura dei suoi comportamenti».

 

Lo scrittore è un osservatore acuto e spesso controcorrente del mondo contemporaneo, autore fra gli altri saggi e romanzi da Assassinio ad Amsterdam, un reportage sull' omicidio del regista di destra Theo Van Gogh da parte di un fondamentalista islamico. E proprio a Repubblica aveva confessato, prendendo la direzione, di voler aprire la nobile rivista alle voci più diverse - compresi commentatori di destra: «Se è la persona giusta per il tema giusto - perché no?» Ma è proprio questo che gli viene ora rimproverato: insieme al fatto che i comportamenti di Ghomeshi non lo "preoccupavano". Dimissioni o licenziamento? Il suo caso già divide il mondo intellettuale. «Mi dispiace ma penso che sia ingiusto licenziarlo per questo» scrive su Twitter l' editorialista del Financial Times Simon Kuper. E le sue difese prende anche una firma della sinistra intellettuale Usa come James Walcott, che tra l' altro è tra gli autori chiamati da Buruma a scrivere su questo numero dedicato a The Fall of Men. Vittime del politicamente corretto?

 

Commenta il prof di giornalismo della New York University Jay Rosen: «Se vuoi rompere un silenzio che tu pensi sia ingiusto, prima assicurati che l' articolo sia davvero ben scritto, onesto... E che dica la verità».

Ian Buruma

 

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