UN CALCIO ALLA VORAGINE – PER RISOLVERE UNA GRANA DA 605 MILIONI L’ANNO, IL COSTO DEI DIRITTI TV PER LA CHAMPIONS LEAGUE, MEDIASET PREMIUM HA DOVUTO FAR ENTRARE GLI SPAGNOLI DI TELEFONICA

Ettore Livini per Affari e Finanza - La Repubblica”

 

Meno Spagna, più Italia. E un partner (o più di uno) per dividere gli oneri dei diritti tv del calcio e con cui affrontare la grande sfida della pay-tv europea. Mediaset, dopo vent’anni vissuti orgogliosamente da single, si prepara all’addio al celibato.

mediaset premiummediaset premium

 

La campagna - vittoriosa, per carità - per conquistare la Champions League e le partite degli otto big di Serie A nel triennio 2015-2018 è stata un salasso. E farà decollare del 50% (da 400 a 605 milioni l’anno) i costi per trasmettere il meglio del pallone continentale. Troppo per continuare a ballare da soli.

 

Non a caso il Biscione sta vagliando in queste settimane le offerte di matrimonio arrivate a Cologno per scegliere lo sposo (Al Jazeera, Vivendi e Telefonica sarebbero in corsa) con cui dividere, nella gioia e nel dolore, le opportunità e i rischi del futuro della tv a pagamento.

 

I FIORI D’ARANCIO

mediaset   presentazione palinsesti   piersilvio berlusconi e maria volpemediaset presentazione palinsesti piersilvio berlusconi e maria volpe

Mediaset arriva al giorno dei fiori d’arancio dopo qualche anno vissuto pericolosamente. E al termine di un percorso nel quale il presunto brutto anatroccolo dei suoi business - i canali pay di Premium - potrebbe trasformarsi nel cigno in grado di rilanciare le quotazioni delle reti di casa Berlusconi.

 

L’avventura delle tv a pagamento era partita qualche anno fa come mossa difensiva per provare a contenere l’arrembaggio di Rupert Murdoch e di Sky in Italia. Un modo costosissimo - dicevano gli analisti commentando gli 1,5 miliardi spesi per il varo di questa attività - per difendere le proprie quote di mercato.

 

I numeri, fino a poco tempo fa, sembravano dare ragione alla Cassandre. Premium, malgrado le promesse del management, ha sempre viaggiato in rosso. Perdendo 200 milioni tra il 2006 e il 2009, sfiorando il pareggio nel 2010 per poi tornare a bruciare quattrini (68 milioni) nel 2011, anno in cui a Cologno, per risolvere il problema, hanno sospeso la comunicazione dei risultati operativi delle attività nelle pay tv.

 

Le difficoltà di questa area di business, sommata alla svalutazione dei diritti per 308 milioni del 2012, hanno pesato per anni come macigni sulla redditività di Mediaset, obbligando il Biscione a chiudere il rubinetto dei dividendi che pompavano liquidità verso le casseforti di Arcore.

 

telefonica telefonica

Ora il vento sembra essere girato. I grandi network mondiali e i big delle tlc hanno deciso che il futuro della tv si gioca nella vendita di contenuti privilegiati, lo sport su tutti, su piattaforme a pagamento. E in tutta Europa è scattata la caccia ai player che avevano merce in vendita.

 

LA RISCOSSA DI PREMIUM

Le valutazioni di Premium, in questo scenario, sono salite vertiginosamente in pochi mesi. Poco tempo fa lo scetticismo degli analisti valutava la società di Cologno tra i 200 e i 500 milioni. Mediobanca ha alzato l’asticella in queste ore dopo l’affare Digital+ a 900 milioni-1,2 miliardi. E gli stessi 365 milioni che potrebbero arrivare per l'addio al network iberico sono una cifra molto superiore a quella che anche i più ottimisti in Mediaset speravano di incassare fino a poche settimane fa.

 

Un’offerta cui a questo punto non potevano dire di no. Avanti tutta allora. Ma non da soli. Perché la rivoluzione non è mai una passeggiata gratuita. E quella delle pay-tv non fa eccezione. I numeri, al riguardo, sono pietre. La campagna vittoriosa per strappare a Sky le partite di Champions dal 2015 al 2018 costerà a Mediaset qualcosa come 230 milioni all’anno, più del doppio di quanto pagava negli scorsi anni per il “contentino” dell’Europa League.

 

ALIERTA ALIERTA

L’inciucio sull’asse Lega-Sky-Mediaset per la Serie A vale qualcosa come 379 milioni ogni dodici mesi per 70 partite in meno di quelle per cui fino ad oggi pagava una cifra di molto inferiore. Risultato: i costi per i diritti - un bene preziosissimo, ovvio - decolleranno del 50% dal 2015. E Premium, secondo i calcoli della banca d’affari Bernstein, dovrà far lievitare almeno del 18% le entrate della pay-tv per riuscire a tenere a galla i suoi conti. L’operazione non è semplice.

 

Oggi il Biscione ha 1,9 milioni di abbonati contro il 3,5 del satellite di News Corp. E da ognuno di loro incassa in media qualcosa come 22 euro al mese. Gli analisti, su questo fronte, sono concordi: il netto miglioramento dell’offerta consentirà a Cologno di alzare le tariffe. Gli studi degli analisti calcolano che la revisione del listino potrebbe portare nelle casse del gruppo una cifra intorno a 60 milioni l’anno.

 

E’ già qualcosa, ma meno dei 205 milioni in più che costeranno i diritti del calcio ogni dodici mesi a partire dal 2015. Il resto, è la speranza del management, dovrebbe arrivare “rubando” parte degli abbonati a Sky, costretti a migrare sulla piattaforma di casa Berlusconi per poter vedere la Champions.

 

LA CACCIA AL SOCIO

Miss Deng con il marito Rupert Murdoch Miss Deng con il marito Rupert Murdoch

Si vedrà. Di sicuro però il rischio di fare un buco nell’acqua resta alto. E proprio per questo Mediaset ha messo le mani avanti da tempo per portare un po’ di fieno in cascina. Il collocamento sul mercato del 25% di Ei Towers (la società di antenne di cui tiene ancora saldamente in mano il controllo) ha generato 283 milioni di entrate. L’addio a Digital+ ha portato un altro tesoretto in cassa.

 

Meno del valore assoluto dell’operazione, a dire il vero, visto che a vendere la quota è Mediaset Espana, di cui Cologno ha in portafoglio solo il 41%. Cifre che però non bastano da sole a fronteggiare i massicci esborsi previsti nei prossimi anni. Anche su questo fronte, non a caso, Pier Silvio Berlusconi ha cercato di giocare d’anticipo. Annunciando la ricerca di un partner per Premium. All’inizio il progetto era quello di far confluire Digital+ e le attività tricolori sotto il cappello di una nuova azienda in cui far entrare nuovi soci.

 

Ora il disegno, ovviamente, è cambiato. La Spagna non c’è più, ma sullo scaffale c’è un business italiano ricco. Che non a caso non ha fatto venir meno l’interesse di Al Jazeera e Canal+, entrate in data room da tempo per verificare la fattibilità dell’investimento. Un tandem cui si è aggiunta Telefonica.

 

Urbano Cairo con Roberto e Signora Amodei Urbano Cairo con Roberto e Signora Amodei

Per ora in posizione defilata. Ma pronta forse a muoversi con più decisione (anche in tempi brevi) se e quando capirà che fine farà la sua partecipazione in Telecom Italia. Una decisione comunque dovrebbe arrivare nelle prossime settimane. E delineare con chiarezza il quadro strategico di alleanze su cui Mediaset costruirà il suo futuro.

 

Le fondamenta sembrano comunque già gettate: con il solito zoccolo duro della televisione generalista in Italia, un forte impulso all’autoproduzione di programmi da vendere anche sul mercato e con la scommessa della pay-tv da portare finalmente in attivo.

 

GLI SPOT IN RIPRESA

La speranza è che gli anni più duri siano alle spalle. Specie per quello che riguarda la raccolta pubblicitaria, il vero polmone dei conti del gruppo. Il primo semestre del 2014 si è chiuso ancora con un segno meno davanti. Ma i segnali sono positivi. Lorenzo Sassoli De Bianchi, il presidente di Upa (Utenti pubblicità associati), prevede che l’intero anno «si chiuda in pareggio ma con le televisioni in decisa ripresa».

 

E lo scenario del piccolo schermo italiano sembra continuare a garantire ampi margini al Biscione per difendere le sue posizioni. La7 è stata risanata da Cairo ed è in campagna acquisti di star tv (ultima Giovanni Floris) ma fatica ancora a scalare la classifica dell’audience. La Rai è alle prese con una spending review (e il passaggio delicatissimo del rinnovo della concessione) che sembra destinato a limitarne i margini di manovra nel futuro prossimo venturo.

SCAZZO RENZI FLORIS SCAZZO RENZI FLORIS

 

E anche Sky, dopo il mezzo smacco della Champions, ha da affrontare un delicato passaggio societario se - come sembra - i Murdoch lanceranno una sorta di Sky Europe sotto cui far convergere tutte le loro pay-tv nel continente. La partita è apertissima e Mediaset è in campo. Piazza Affari se ne è accorta già da tempo. Fino a inizio 2012 il titolo viaggiava attorno a quota 1,2 euro.

 

Da allora ha preso l’ascensore, arrivando a sfondare quota 4 euro prima di assestarsi ora a quota 3,7 euro, con un ultimo colpo di reni all’insù garantito dalla chiusura con una buonuscita d’oro dell’avventura in Digital+. E con una dote del genere non sarà difficile per il Biscione trovare il partner giusto con cui convolare, finalmente, a giuste nozze.

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