LA CANNES DEI GIUSTI - I GIOCHI SI FANNO PIÙ DEFINITI CON LA GIAPPONESE NAOMI KAWASE: “È IL MIO CAPOLAVORO, E NON C’È NULLA CHE DESIDERI PIÙ DELLA PALMA D’ORO” (E POTREBBE FARCELA)

Marco Giusti per Dagospia

Cannes settimo giorno. Non manca tanto. Coraggio. Con l'entrata in campo di Naomi Kawase, seconda e lanciatissima regista in concorso, e del suo "Futatsume no Mado" (Still The Water"), una toccante storia d'amore fra due ragazzi nell'isola di Amami in mezzo alla furia della natura, i giochi si stanno facendo più definiti. La stessa Kawase, al sesto film, ha dichiarato, poco umilmente, che questo è il suo capolavoro e ha fatto sapere che "Non c'è nulla che desideri al mondo più della Palma d'Oro".

Più che possibile che lo vinca, però. Il suo film è stato molto amato e applaudito dai critici internazionali, anche se i più cinici lo hanno trovato un po' lento, con troppa macchina a mano, troppe pedalate in bicicletta, troppe canzoni locali, alla seconda qualche critico si è sicuramente addormentato, troppe capre sgozzate in primo piano. Ma va detto che, parte qualche lunghezza, la natura, il vento, il mare, gli alberi che dominano i personaggi e il posto sono qualcosa che la Kawase sa trattare con grande sensibilità e i due ragazzi protagonisti, Kyoko e Kaito, interpretati da Jun Yoshinaga e Nijiro Murakami sono meravigliosi e perfetti per la storia.

Come dice il padre di Kaito, "La cosa fondamentale è rimanere umili nei confronti della natura. Non cercare di contrastarla." E' un po' questo il senso di una storia dove i due ragazzi innamorati sono messi a dura prova dalla forza della natura e dalla morte che li circonda. La mamma di Kyoko, sciamana, sta morendo e passa i suoi ultimi giorni vicino all'albero che racchiude il suo personale dio. Non ha paura, dice, perché vede nella figlia la continuità della sua vita. La mamma di Kaito, invece, è separata dal marito, un tatuatore, che vive a Tokyo.

Kaito, all'inizio del film, ha visto un suo amante morto in mezzo alle onde e non riesce a perdonarla. I due ragazzi, insomma, per diventare adulti e amarsi, dovranno accettare gli eventi che li circondano, i tifoni, gli alberi che nascondono gli dei, il dolore. Costruito con grande eleganza visiva e con un linguaggio del tutto personale, è un film che ti può prendere davvero, con un rapporto uomo-natura totalmente diverso da "Le meraviglie" di Alice Rohwacher, dove senti quasi il rifiuto della natura a farsi vincere dalla famiglia post-sessantottina e la mancanza di qualsiasi religione e sentimentalismo tra i personaggi.

Curioso il fatto che le due registe in concorso si presentino non con storie analoghe, ma con delle storie dove la natura e gli animali avvolgono i loro personaggi e dove la crescita degli adolescenti è data dalla accettazione della complessità e delle regole della natura. Siano queste viste come parte di un piano generale, mistico, o del tutto indifferenti alla nostra vita e ai nostri dolori.

 

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