MORALES DELLA FAVOLA - IL PRESIDENTE BOLIVIANO HA LASCIATO CATTURARE CESARE BATTISTI ANCHE PERCHE' CON IL BRASILE DEL "FASCISTA" BOLSONARO BALLA UN SUPER AFFARE: UN GASDOTTO DI OLTRE 3000 CHILOMETRI – LA SCELTA DI MORALES GLI HA ATTIRATO ADDOSSO LE CRITICHE DI “TRADIMENTO” DI MOLTI DEL SUO STESSO SCHIERAMENTO…
LA REALPOLITIK DI MORALES: BATTISTI IN CAMBIO DEL GAS
A. Sp. per “il Messaggero”
EVO MORALES CON LA MEDAGLIA E LA FASCIA PRESIDENZIALE PRIMA CHE FOSSERO RUBATE
Il 1° gennaio, quando il presidente boliviano Evo Morales si congratula con Jair Bolsonaro per il suo insediamento, circolano già le voci su una possibile fuga di Cesare Battisti in Bolivia. Il destino dell' ex Pac è politicamente segnato: per lui non ci saranno possibilità di rifugiarsi all' ombra del socialismo di La Paz. In due settimane, il paese, che prima era dipinto come l' ultimo buen retiro della sinistra dura e pura, si è trasformato in un modello di pragmatismo.
Era evidente che Evo Morales, pur con la sua fama da presidente indigeno di sinistra, non avesse alcuna voglia di immischiarsi nella vicenda di Battisti per fare un dispetto ai governi non allineati di Lega-M5S e a quello di estrema destra di Bolsonaro. In meno di una settimana, Evo Morales è passato dal giuramento di Bolsonaro a quello di Nicolas Maduro, l' alleato della sinistra chavista e protagonista di una deriva dittatoriale ormai condannata da quasi tutta la comunità internazionale.
La nuova versione di Morales - che senza troppi fronzoli ha consegnato un ex terrorista comunista a un governo populista di destra - è molto più diplomatica di quella precedente, tanto che i giornalisti brasiliani si sono chiesti ironicamente: «Come si dice Realpolitik in lingua quéchua?». La Bolivia ha troppi affari in ballo per farsi travolgere dalle beghe di un latitante alle strette. Nell' agenda boliviana c' è l' annosa questione di uno sbocco sul mare rivendicato contro il Cile e il Gasbol, il gasdotto Bolivia-Brasile di oltre 3000 chilometri.
Temi troppo importanti per fare a meno di un partner decisivo come il Brasile. Lo stesso Bolsonaro non ha mai precluso la via a buoni rapporti con governi di segno opposto, ribadendo di voler privilegiare «un bilateralismo senza condizionamenti ideologici». Ieri, il Ministro degli Esteri brasiliano e quello della Giustizia hanno invitato l' ambasciatore italiano e quello boliviano per un pranzo di lavoro a Brasilia.
FINE DI UN COMUNISTA
La Bolivia, che doveva essere l' ultimo paradiso del comunismo, è diventata una trappola fatale per Battisti. Con le dovute proporzioni storiche e sociali, si può affermare che la storia dell' ex Pac si è conclusa come quella di un altro celebre comunista: Ernesto Che Guevara, ucciso nel villaggio boliviano di La Higuera più di 50 anni fa. La morte del Che, ricostruita grazie all' opera del giornalista statunitense John Lee Anderson, fu però sommaria e misteriosa. La parabola di Battisti, invece, si è conclusa alla luce del sole e nel perimetro della giustizia.
2. BOLIVIA, LE ACCUSE A MORALES
Lucia Capuzzi per “Avvenire”
Il nodo è la Bolivia. Cesare Battisti aveva in testa da tempo il Paese vicino. Nell' ottobre 2017, l' ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo (Pac) era stato individuato a Corumbá, lungo la frontiera tra le due nazioni, con in tasca l' equivalente di quasi 8mila euro. Denaro non dichiarato alla dogana brasiliana. Da qui l' accusa di traffico di valuta e l' arresto.
Un fermo-lampo: meno di 24 ore. Eppure l' incidente aveva riattirato l' attenzione del governo Michel Temer sulla spinosa vicenda. L' allora presidente revocò a Battisti lo status di rifugiato. L' ordine di arresto è arrivato 14 mesi dopo, per mano del giudice della Corte Suprema Luiz Fux, il 14 dicembre scorso. Nelle stesse ore, l' ex presidente ha sottoscritto il via libera all' estradizione, battendo sul tempo il successore eletto, Jair Bolsonaro, il cui mandato sarebbe cominciato due settimane dopo.
ARRESTO DI CESARE BATTISTI IN BOLIVIA
Allora, però, Battisti si era già dileguato. Dal 16 novembre, la ricostruzione del sostituto procuratore Antonio Lamanna lo dà in Bolivia, precisamente a Santa Cruz de la Sierra. Vi resta fino al 5 dicembre, come ha confermato il proprietario dell' hotel dove alloggiava. Poi un inspiegabile - almeno per il momento - rientro in Brasile, proprio quando il cerchio su di lui sembrava essersi chiuso. L' eterno profugo sarebbe stato segnalato a San Paolo il 15 dicembre, il giorno dopo la decisione di Temer di rispedirlo in Italia. Non vi sarebbe, comunque, rimasto a lungo.
Giusto il tempo di prendere un volo per Sinop, nel Mato Grosso, e ripercorrere il cammino verso la Bolivia, via Lucas do Rio Verde, Caceres e, infine, San Matias. In quest' ultima cittadina, a ridosso del confine brasiliano, sarebbe giunto il 17 dicembre. A questo punto, gli agenti ne perdono le tracce, fino al 5 gennaio, quando viene avvistato ancora una volta a Santa Cruz.
I giorni di sparizione dai "radar" investigativi sono, comunque, frenetici per Battisti e i suoi legali. Il 21 dicembre - come confermato dal ministro dell' Interno, Carlos Romero -, il fuggiasco ha inoltrato richiesta d' asilo alla Commissione nazionale per i rifugiati. Istanza respinta cinque giorni dopo. Proprio tale rifiuto - ha spiegato Romero - ha consentito alle autorità di La Paz di coordinare con Roma l' uscita "fast-track" di Battisti.
Al di là dei risvolti giuridici, la decisione boliviana ha un evidente contenuto politico. Il ritorno in Italia dell' ex esponente dei Pac è stato voluto da Evo Morales in persona, tra i pochi leader della "sinistra dura" rimasti al potere in America Latina.
Com' era prevedibile, tale scelta gli ha attirato addosso le critiche di molti del suo stesso schieramento. Non solo i gruppuscoli radicali l' hanno accusato di «tradimento » sui social. A scagliarsi contro l' estradizione - parlando di «tradimento della morale rivoluzionaria» - sono stati perfino Raúl García Linera, fratello del vicepresidente, l' ex ministro dell' Interno, Hugo Moldiz e il difensore del popolo, David Tezanos. Un ulteriore gatta da pelare per un Morales in calo di popolarità, alla prese con una quarta candidatura controversa.
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Perché l' avrebbe fatto? Il leader di La Paz poteva "passare la palla" al brasiliano Bolsonaro, quantomai ansioso di accoglierlo. Invece Morales ha preso in contropiede il vicino, che s' è visto di nuovo battuto sul tempo. Con Brasilia, La Paz si muove sul filo del rasoio. Gli interessi economici uniscono i due Paesi, a dispetto della politica: il mercato brasiliano assorbe quasi la metà del gas boliviano.
Da qui la criticatissima partecipazione di Morales all' insediamento del nuovo governo del Gigante del sud. Alla carota, stavolta, il presidente boliviano ha abbinato il "bastone", per quanto elegante. Con l' asse La Paz-Roma, il leader ha voluto mostrare i muscoli in via preventiva, in caso la nazione «sorella», come la chiama, decidesse di pestargli i piedi. Morales sa bene che la retorica va mescolata a una cospicua dose di realpolitik per ottenere il record di presidente più longevo del Continente a cui aspira.
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