IL CASO FERRANTE E L’IPOCRISIA DEGLI INTELLO’ DE’ SINISTRA - DALLA MURGIA A SERRA, TUTTI I SALICI PIANGENTI RADICAL PER LA ‘VIOLATA PRIVACY’ DI ANITA RAJA. MA SE IN GRAN BRETAGNA SI TENTA DA ANNI DI SVELARE CHI SIA L'ARTISTA BANKSY! - 'LA VERITA'': 'REPUBBLICA' HA ROVINATO LA VITA DI DECINE DI (ANONIME) OLGETTINE E ORA SI STRACCIA LE VESTI PER LA SCRITTRICE
Gemma Gaetani per “La Verità - www.laverita.info"
Volete mettere in pratica nella realtà quel che faceva Corrado Guzzanti quando interpretava un esponente del centrodestra e gridava, facendo pipì dalla finestra: «Siamo nella Casa delle Libertà e facciamo un po' come ca..o ci pare?».
Volete possedere un' immunità in confronto alla quale l' immunità parlamentare risulti una barzelletta? Un' immunità che vi renderà intoccabili e ingiudicabili dagli uomini, dalla legge e pure da Dio? Bene, non vi resta che diventare intellettuali radical chic, preferibilmente scrittori. E in confronto a voi la Casa delle Libertà sembrerà una Casa dei Divieti.
Chela tendenza fosse: «L' intellettuale radical chic può fare sul serio il cavolo che vuole, ma se quella stessa cosa la fa un intellettuale o un politico di centro-destra allora ogni principio decade miseramente», lo si era capito da un pezzo. A questo punto, sarebbe soltanto carino che i fautori di questo pensiero lo dicessero chiaro e tondo. Per gli intellettuali radical chic non valgono le regole che invece essi stessi scaraventano addosso a tutti gli altri con saccenza insopportabile.
Il «caso Ferrante» attualmente in corso è solo la ciliegina sulla torta dell' intoccabilità sacrale che viene tributata all' intellettuale radical chic. Vediamo di riepilogare: inchieste del Sole 24 Ore e della New York Review of Books hanno rivelato l' identità della scrittrice bestseller Elena Ferrante, finora rimasta nell' ombra. Si tratterebbe della traduttrice Anita Raja. Bene, per difendere la privacy della Ferrante, si sono scomodate tutte le firme dell' intellighenzia «illuminata» e ha preso imperiosamente posizione anche Repubblica. Cioè lo stesso giornale che di Silvio Berlusconi rivoltò anche le mutande.
Rivoltando pure le vite private di persone che non avevano incarichi pubblici né responsabilità politiche. La vera identità che si cela dietro lo pseudonimo artistico di Elena Ferrante, a quanto pare, è un segreto di Stato. Gli audio delle telefonate personali di Silvio, invece, erano affare collettivo. «Lasciate a Elena Ferrante il diritto all' assenza», ha gridato Michele Serra sempre su Repubblica, perché i diritti - qualsiasi diritto - spettano solo a chipa rea loro.
Gli altri hanno solo il dovere di subire la loro sensibilità a senso unico. Sul Fatto Quotidiano Vauro si permette di disegnare una vignetta - in occasione dell' ottantesimo compleanno di Silvio Berlusconi - che raffigura una torta di cacca con su una candelina.
Immaginate se fosse successo il contrario. Immaginate che Silvio si fosse presentato da Michele Santoro e da Marco Travaglio (nel gennaio del 2013, quando fu loro «ospite» a Servizio Pubblico), non con una lettera e il fazzoletto col quale ironicamente pulì la sedia prima di accomodarsi, ma con un vassoio con una bella torta di cacca. Sarebbe stato ucciso di botte in diretta. Invece disegnare una torta a forma di cacca è bene, è bello, è, soprattutto, è possibile, anzi un diritto.
Ma nel barcone degli intoccabili radical chic non ci sono solo la Ferrante e Vauro. Corrado Augias, per dire, può copiare libri altrui e continuare tranquillamente a pontificare in tv e sui giornali. Sempre Augias fu accusato da Giuliano Soria, ex patron del Grinzane, di aver preso un sacco di soldi in nero.
Ma anche quella polemica non l' ha minimamente scalfito. Roberto Saviano idem. Anche lui può bellamente «prendere spunto» da giornali, riviste e colleghi meno famosi, può ricamare sugli episodi di cronaca a suo piacimento e nessuno può mettere in dubbio il suo status di profeta, altrimenti è macchina del fango e tentativo mafioso di boicottaggio della voce del Signore.
Erri De Luca è un altro che può tranquillamente istigare a boicottare la Tav, ma tutti, nella parrocchietta radical chic, si inginocchiano a difenderlo: è un loro scrittore, quindi è intoccabile. Ora esco in strada, do una sberla ad un passante e quando mi chiameranno in Tribunale per processarmi per percosse sosterrò di essere una scrittrice. Ma nel mio caso la scusa non varrà, perché in un titolo di un mio libro presi in prestito un verso di Silvia Plath che nominava la parola «fascista». È solo per l' intellettuale radical chic le regole non devono valere mai.
Con infinite, estenuanti, ridicole supercazzole teoriche queste molli, derelitte vestali dell' imperialismo ideologico tentano di dimostrarci che sia giusto che al mondo esistano due umanità. Quella intoccabile, qualunque cosa faccia. E poi quell' altra.
Vorrei ricordare a tutti i salici piangenti per la «violata privacy» della Ferrante, da Michela Murgia a Michele Serra, che in Gran Bretagna un giorno sì e l' altro pure si tenta di svelare chi sia l' artista Banksy. Il giornalismo è anche questo. La questione della «illiceità morale» delle indagini giornalistiche sull' identità di Elena Ferrante è, semplicemente, ridicola. Perché scoprire chi si cela dietro uno pseudonimo artistico non influenza in alcun modo la percezione pubblica dell' autore.
Non mi sembra che conosciamo la vera faccia di Shakespeare, ma questo non ci impedisce di continuare a leggerlo. Lo stesso accadrà per Elena Ferrante. La quale, tra l' altro, avrà goduto di un bel po' di pubblicità gratuita. Prima come «scrittrice invisibile», poi come autrice «svelata» contro la sua volontà.
È invece anormale, morboso e manipolatorio fare la TAC all' attività sessuale e privata di un uomo delle istituzioni. Non a caso chi si lamenta del presunto sacrilegio delle ricerche sulla Ferrante è anche appassionato difensore dello sputtanamento a mezzo media dei politici. Di centro destra, s' intende.