IL CINEMA DEI GIUSTI – COCKTAIL DI FARMACI E INTRIGHI NEL PSYCO-THRILLER DI SODERBERGH

Marco Giusti per Dagospia
"Perché è venuto a lavorare proprio qui in America, dottor Banks?", chiede la polizia di New York al Dottor Banks, un Jude Law un po' invecchiato ma bravissimo, psichiatra che si è trasferito dall'Inghilterra e si ritrova una sua paziente, la meravigliosa Rooney Mara, che ha appena piantato tre coltellate mortali al marito, il bisteccone Channing Tatum.

"Perché in Inghilterra i depressi sono considerati dei malati. In America no. Sono delle persone normali che vogliono solo stare meglio". In questo complesso, anche faticoso, ma elegantissimo thriller psicanalitico tra Hitchock e Clouzot, "Effetti collaterali" ("Side Effects"), diretto da Steven Soderbergh con estrema intelligenza e un po' di freddezza, e scritto dallo Scott Z. Burns di "Contagion", nonché produttore di un film importante come "An Inconvenient Truth" sul pericolo del riscaldamento del globo, la depressione, malattia del secolo non solo in America, è soprattutto un pretesto.

Nella prima parte, quasi un'ora di film, per una pesante serie di accuse alle grandi ditte farmaceutiche che dominano il mercato americano. Non c'è un personaggio che non si faccia prescrivere quella o quell'altra medicina per i motivi più diversi. "Li prendono tutti, medici, avvocati", dice Jude Law alla moglie, Vinessa Shaw, una stangona bionda un po' inutile che deve affrontare un colloquio di lavoro e chiede un sostegno chimico.

Se i depressi, come la fragile Emily Taylor di Rooney Mara, si fanno aiutare da cocktail di farmaci per superare voglie di suicidio, sonnambulismo, perfino la voglia di scopare con un marito aitante come Channing Tatum che si è fatto quattro anni al gabbio per speculazioni finanziarie, i medici conducono, molto ben pagati, dei veri esperimenti sulle reazioni che certi nuovi antidepressivi possono produrre sui loro pazienti.

Il tutto, ovviamente, è controllato da grandi società e quotato in borsa. Al punto che il caso della povera Emily, che uccide in una crisi di sonnambulismo il marito, si traduce immediatamente in scoop e in miracolo economico per la ditta rivale del nuovo farmaco usato dalla ragazza, l'Ablexia.

Per Emily, che non aveva intenzione di uccidere, tutto questo porterà all'assoluzione, visto che non aveva intenzione di uccidere, anche se dovrà essere tenuta sotto controllo dal suo medico, ma al povero Jude Law questo processo porterà alla rovina. Abbandonato dai suoi pazienti, dai suoi soci, dalla ditta che gli pagava la sperimentazione dei farmaci e perfino dalla odiosa moglie bionda.

Lo salverà la mano felice di Soderbergh che nella seconda parte del film punterà tutto sul thriller. Perché le cose non stanno proprio come gli sembravano, perché qualcuno può averci molto guadagnato dal teatrino omicida, perché la dottoressa Victoria Siebert, interpretata da una grande Catherine Zeta Jones, che aveva in cura Emily prima di lui, è un'esperta di sonnambulismo...

Soderbergh, che ha dichiarato che questo sarà il suo ultimo film, ma non ci crediamo, usa quindi la depressione sia per un pesante attacco a Big Pharma e agli eccessi dei medici che prescrivono troppi antidepressivi, sia per una raffinata lezione sul thriller hitchcokiano o depalmiano riletto per i nostri giorni. Ne viene fuori un film che veramente in pochissimi oggi sarebbero in grado di dirigere con tanta cura e tanta intelligenza. Già in sala.

 

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