IL CINEMA DEI GIUSTI - IL GIOVANE LEOPARDI DI MARTONE: È DIFFICILE NON FINIRE NELL’ACCADEMICO E NEL BANALE - POESIA DELL’800, UN FILM GIRATO COME NEL ‘900. FORSE IL 2000 È UN’ALTRA COSA...
Marco Giusti per Dagospia
Il giovane favoloso di Mario Martone
elio germanO giacomo leopardi UN GIOVANE FAVOLOSO
Adesso ci tocca riprendere i libri di letteratura italiana e rileggere qualcosa di Giacomo Leopardi se non vogliamo fare pessime figure con amici e parenti. Almeno le poesie fondamentali, su. Perché poi il manifesto de “Il giovane favoloso", fin troppo serio e sentito ritratto di Leopardi ideato e diretto da Mario Martone, che lo ha scritto con Isabella de Majo, mostri il protagonista a testa in giù come fosse un quadro di Georg Baselitz ci rimane un po’ oscuro.
E, francamente, a questa domanda non sapremmo cosa rispondere. Ma in generale il film di Martone è piuttosto chiaro come impostazione generale. In qualche modo derivativo del più complesso e strutturato, ma non meno ambizioso "Noi credevamo", che aveva scritto con Giacomo de Cataldo, è un altro viaggio nella nostra identità culturale dell'800, e scava sia nei nostri buoni studi liceali che nella memoria collettiva di un paese che, almeno fino agli anni ’70, conosceva a mente e amava profondamente i versi di Leopardi. Oggi no, perché siamo tutti un po’ più ignoranti.
elio germanO giacomo leopardi UN GIOVANE FAVOLOSO
O, forse, conosciamo altre cose. Al cinema, se dobbiamo riandare con la memoria al giovane favoloso, non possiamo certo scordare il libretto delle sue poesie che il "professore" Georges Wilson si porta dietro nel suo viaggio con Ugo Tognazzi ne "Il federale" di Luciano Salce. Libretto che verrà utilizzato pagina dopo pagina per comporre le sigarette del camerata Tognazzi. Ma non possiamo nemmeno scordare le citazioni della luna leopardesca nel personaggio del poeta Roberto Benigni in "La voce della luna", che è forse una delle immagini che ci tornano più alla memoria riguardo a Leopardi.
Per non parlare di Carlo Verdone, che da giurato a Venezia ha dovuto giudicare il film di Martone, e che all’inizio del suo delizioso “Acqua e sapone” insegnava "A Silvia" a carabinieri e a extracomunitari. Mi ha ricordato Elio Germano, perfino un Leopardi televisivo sperimentale di un’ora che non conoscevo, ahi!, “Idillio” di Nelo Risi, girato nel 1980 e interpretato da Mattia Sbragia, già Antonio Gramsci, che fa giustamente una parte anche nel film di Martone. Resta il fatto però che è difficile mettere in piedi una vita di Leopardi che non sfiori l'accademico, il banale, il già visto, e rendere credibile il suo personaggio nella deformità.
Credo che Martone, e il suo meraviglioso direttore della fotografia, Renato Berta, abbiano fatto il possibile per una ricostruzione attendibile, civile, commossa della vita di Leopardi, anche se non è facile far scivolare questa storia in una macchina di cinema oggi, così lontani dal cinema letterario di un Poggioli o da quello epico e garibaldino di Blasetti. Anche perché i tentativi di renderlo moderno di Martone, con la musica del pur notevolissimo dj tedesco Apparat, Sascha Ring, a volte stridono con le immagini di Berta e l'arrivo del sempiterno Rossini sembrano più che provvidenziali e giuste.
Per non dire dei sogni e delle situazioni oniriche e fantastiche, la statua di sabbia della Natura Matrigna e l'apparizione dell'ermafrodita napoletano, con tette e pisello, che non aiutano granché il film. E invece proprio la narrazione piana, la gran costruzione della casa paterna a Recanati, la presenza di attori come Massimo Popolizio come padre, il conte Monaldo, e di Isabella Ragonese come sorella, la dolente Paolina, sviluppano quello che tutti noi spettatori vecchiotti cerchiamo, cioè una vita di Leopardi da studi liceali che ce lo riporti in vita. E capiamo nella sua lotta contro la mediocrità della vita di provincia quanto la rivoluzione di Leopardi abbia toccato la prima Nouvelle Vague italiana, "Prima della rivoluzione", "I pugni in tasca".
Elio Germano ha il peso di costruire un personaggio difficile, di rendere la sua malinconia e la sua fisicità via via sempre più terribile, all'interno della costruzione visiva di Martone e Berta. Magnifico quando recita senza eccessi teatrali le poesie più celebri, si cala in un corpo a corpo col personaggio e con l'italia dell'800 molto faticoso che fa apparire l’Iron Man di Robert Downey Jr una passeggiata.
Giustamente Martone lo circonda dei migliori attori teatrali del momento, da Valerio Binasco a Massimo Popolizio, da Michele Riondino, ottimo come l'amico Ramieri, mentre la bellissima Anna Mouglalis è l'amica Fanny, che non gli darà speranze. Compare anche, nel suo ultimo film, Veronica Lazar, volto storico del cinema di Bernardo Bertolucci e Michelangelo Antonioni. L'800 poetico e artistico e il 900 del cinema sembrano oggi così vicini. Forse il 2000 è un’altra cosa. In sala dal 16 ottobre.