
IL CINEMA DEI GIUSTI - I SOLITI DARDENNE CON LA SOLITA COTILLARD PIAGNENS E I SOLITI MOVIMENTI DI MACCHINA: AI CRITICI DI CANNES ERA PIACIUTO MOLTO, ALLA GIURIA MENO
DUE GIORNI UNA NOTTE DI JEAN-PIERRE E LUC DARDENNE
Marco Giusti per Dagospia
Marion Cotillard Deux jours une nuit
La lotta di classe non abita più qui. Salvereste un collega se questa significa rischiare parte del vostro stipendio? Si sa, sono brutti tempi, e non tutte le colleghe sono carine come Marion Cotillard. Ma nell’era di Renzi e di Salvini la domanda è più che legittima. Presentato lo scorso maggio a Cannes “Due giorni, una notte” di Jean-Pierre e Luc Dardenne con la bella Marion Cotillard come eroina proletaria sempre ripresa di spalle con la spallina abbassata piacque a tutti i critici internazionali, ma non convinse troppo la giuria.
E perfino la Cotillard si vide preferire Julianne Moore come migliore attrice protagonista. Magari qualche appunto al film, però, si potrebbe fare. Anche perché l'accoppiata Cotillard+Dardenne sviluppa da subito, già sulla carta, lacrime e camera a mano attaccata fin troppo alle spalle della protagonista.
E il film è esattamente così. Prevedibile fino al minimo movimento di macchina, alla battuta telefonata dieci secondi prima. Certo, è giusto e necessario per questi tempi, pensando alla crisi e ai tanti che hanno perso o stanno perdendo il lavoro, spesso venduti per un piatto di lenticchie dai loro stessi simpatici colleghi pezzidimerda che non conoscono non diciamo la lotta di classe, ma nemmeno un sano principio di solidarietà.
Marion Cotillard Deux jours une nuit due giorni una notte
Sappiamo tutti di cosa stiamo parlando e la forza del film è proprio quella di raccontarcelo per tutti noi, con Marion Cotillard nei panni di Sandra, madre e operaia di una piccola fabbrica, che si ritrova cacciata per una votazione maligna dei suoi stessi compagni di lavoro, magari indirizzati un po' dal padrone. Preferite Sandra o un bonus di mille euro? Mica male, mille euro, altro che le 80 euro di Renzi...
Così i sedici operai votano per i mille euro, capisci, ne abbiamo bisogno?, ma c'è una possibilità. Una nuova votazione il lunedì mattina e Sandra, assieme al marito, Fabrizio Rongione, ha due giorni e una notte, il weekend, per convincere almeno nove dei suoi compagni. Il film la segue nel suo complesso viaggio di convincimento personale di operai che non se la passano tanto meglio di lei. E attraverso la sua fragilità, è appena uscita da una brutta depressione e si bomba di xanax, e lo sfogo continuo con il marito.
Marion Cotillard Deux jours une nuit due giorni una notte
"Sono sola", "Sono stanca", "Non mi ami più", "Io non sono più nulla". Frasi che sentiamo davvero nelle famiglie tutti i giorni. E non ci salveranno né Renzi né Grillo. Perfetto nello sviluppo del dramma e nella costruzione della storia, con tanto di scomparsa di un sindacato, di un partito comunista, di un vero appoggio morale della comunità, il film dei Dardenne è esattamente quello che i tempi richiedono, un sano studio sul lavoro, sulla depressione della sua perdita, sulla possibilità di un risarcimento umano nella ritrovata solidarietà.
Porta al festival un po' di realtà dell'Europa delle classi più popolari (alla faccia di Grace di Monaco), anche se, certo, vedere l'attrice più pagata di Francia nei panni dell'eroina sofferente, in giro con la spallina del reggiseno a vista, la maglietta rossa, il jeans sdrucito e lo stivaletto, ci convince un po' meno. La Cotillard inizia a piangere dopo dieci secondi di film. Mentre tira fuori dal forno una torta e sente l'amica Juliette al telefono.
Marion Cotillard Deux jours une nuit due giorni una notte
Piange quando arriva il marito. Piange quando si fa di xanax e sente le canzoni tristi alla radio. Piange quando si sente un verme a rompere i coglioni a gente che se la passa pure peggio di lei e non sa cosa dirle. A mariti e mogli di suoi compagni un po' stronzi.
E i Dardenne non si inventano mai, ma proprio mai, un movimento di macchina che non sia dardenniano e ultraprevedibile, fissando alla perfezione il neo in alto, sulla spallina, di Marion, che è bravissima, per carità, e magari stavolta se lo meritava pure il suo premio che riesce a non vincere mai, ma ai critici più cinici e senza cuore, magari a quelli che non hanno ancora perso il posto di lavoro, può dare anche parecchia noia.
Certo, si piange tutti, quando Marion grida al marito e a noi tutti "Sono felice", perché ha alzato la testa, e la macchina da presa dei Dardenne finalmente si ferma. Na fatica a seguirla. In sala dal 13 novembre.