IL CINEMA DEI GIUSTI - “STILL LIFE”, UN PICCOLO FILM BELLO, RIGOROSO, CIVILE, ASSOLUTAMENTE PERFETTO. DI UN ITALIANO CHE VIVE E LAVORA IN INGHILTERRA
Marco Giusti per Dagospia
Bello, rigoroso, civile, assolutamente perfetto. Incredibile che sia diretto da un regista italiano. E invece è così, anche se l'Uberto Pasolini regista, ma anche sceneggiatore e produttore di questo strepitoso "Still Life", che ha già fatto bella mostra di sé a Venezia, dove avrebbe potuto benissimo essere in concorso, vive da oltre trent'anni in Inghilterra e si è fatto un nome soprattutto come produttore di piccoli film intelligenti.
Ricordiamo che solo pochi mesi fa una vera ovazione aveva accolto in Sala Grande a Venezia la proiezione del film e il suo straordinario protagonista sul quale poggia l'intera costruzione registica, Eddie Marsan, minuscolo, buffo e straordinario caratterista che abbiamo già visto in molti fantasy hollywoodiani e che proprio Pasolini aveva scoperto anni fa in "I vestiti dell'imperatore", dove faceva il cameriere di Napoleone.
Qualcosa accomuna "Still Life", soprattutto per la sua struttura narrativa, la sua coerenza registica, la recitazione assolutamente contenuta e minimale a nuovi film inglesi come "Locke" o "Philomena", che sono stati il fiore all'occhiello dell'ultima Venezia. E ovviamente ti domandi perché questi film inglesi da festival siano perfetti e i nostri siano invece così spesso spampanati nelle storie, non strutturati e messi in scena con quello che c'è, ormai obbligati, per ottenere gli aiuti dalle film commission, a inserire vino, miele, mele del Trentino e del Friuli.
In "Still Life", che in Italia sarebbe finito finanziato da qualche società di pompe funebri e interpretato da un Enrico Brignano o da un Antonio Albanese per esigenze (...de che?) di mercato, seguiamo le giornate di John May, cioè Eddie Marson, piccolo funzionario londinese incaricato di rintracciare i parenti delle persone morte in solitudine e organizzare per loro dei funerali decenti. Lo fa col massimo scrupolo.
Scegliendo brani musicali, bare, fotografia, frasi sulle lapidi. Orgoglioso del proprio compito di essere l'ultimo accompagnatore di persone che non ha mai conosciuto da vive, ma delle quali sembra così intimo amico. Fino a quando, è la crisi, il suo capo decide che il suo lavoro è inutile e costoso e John May riversa così sul suo ultimo caso, quello di un ubriacone, tutta la sua meticolosità e la sua passione. Ma rivelando in questo quanto la sua stessa vita sia cosi simile a quella dei cari estinti da lui accompagnati per l'ultimo viaggio.
Grande film natalizio per il pubblico colto delle grandi città ci farà molto soffrire perché racconta anche la nostra più recente storia, con una borghesia divisa fra l'amore per il proprio lavoro e la crisi economica e politica che non ci permette, sempre più spesso, di farlo fino in fondo come avremmo voluto. Nello sguardo di Eddie Marson c'è tutto questo, la scomparsa di una classe media e tutto il suo orgoglio.
Ovvio che Uberto Pasolini da noi non sarebbe mai riuscito a montare un'operazione simile. Inoltre con un cast simile. Non c'è un produttore che non si sarebbe toccato scaramanticamente solo a sentire il soggetto. In sala dal 12 dicembre. Se la vedrà contro "Lo Hobbit". Che paura!






