IL CINEMA DEI GIUSTI - ESCE IL BELLISSIMO DOCUMENTARIO DI DANIELE VICARI SULL’INCREDIBILE STORIA DELLA NAVE ALBANESE VLORA, CHE L’8 AGOSTO DEL 1991 SBARCO’ A BARI CON 20.000 PROFUGHI, MA L’“ACCOGLIENZA” FU DA “CROCE ROTTA” CON RIMPATRIO COATTO DEI CLANDESTINI - GODARD: “COSSIGA INVECE DI DIRE CHE È STATA UNA PAGINA BIBLICA AVREBBE FATTO MEGLIO A SPIEGARE AGLI ALBANESI: NON VENITE QUI PERCHÉ NON SIAMO LIBERI”….

Marco Giusti per Dagospia

Ci salveranno i documentari? Chissà... Se il nostro cinema di finzione è un totale disastro i nostri documentari dimostrano una incredibile vitalità e ci raccontano molto di noi e del nostro Belpaese, come dimostra "La nave dolce" di Daniel Vicari, il regista di "Diaz", presentato con grande successo alla Settimana della Critica di Venezia pochi mesi fa che si segnala come uno dei film più importanti e riusciti di questa stagione.

Dell'incredibile storia della nave mercantile albanese Vlora, dolce perché trasportava zucchero, che l'8 agosto del 1991 con ventimila profughi in cerca di libertà sbarcò nel porto di Bari e della successiva azione politico-repressiva che portò al rimpatrio dei clandestini (a parte 1500 che sembra sia riusciti a sfuggire alla polizia e a rimanere in Italia), il documentario di Vicari, fornisce un dettagliato e serrato racconto grazie anche ai testimoni italiani e albanesi della vicenda.

E tante sono le cose che non ricordavamo, da quale fosse il quadro politico italiano in quell'agosto del 1991, a che fine avesse fatto il sindaco di Bari che si oppose all'ordine di Cossiga e del ministro degli i terni (credo Scotti) di chiudere i clandestini nel vecchio stadio di Bari, ma anche come e quando fosse poi riuscito il ballerino Kledi, allora uno dei ragazzini della nave, a tornare in Italia. Vicari fa delle scelte autoriali, che in gran parte funzionano, perché il film funziona perfettamente come narrazione dell'esodo biblico e di quel che dopo avvenne, tutte cose che molti di noi avevano scordato.

Da parte sua Vicari non inserisce una delle più belle trovate pubblicitarie che riguardano la nave, forse un mito della tv degli anni 90, il fatto cioè che gli albanesi, pazzi della nostra televisione, come ci fece vedere anche Gianni Amelio in "Lamerica", cantassero il jingle della Pasta Barilla (quella di "Dove c'è Barilla c'è casa") durante la traversata. E, non essendo un vecchio cinefilo, non può ricordare quanto disse sulla vicenda Jean-Luc Godard, presente pochi giorni dopo a Venezia col formidabile "Allemagne Neuf Zero", altro film sulla fine del muro di Berlino e sul futuro della vecchia Europa.

"Gli italiani sanno di aver rinunciato alla democrazia: gli albanesi sono stati attirati in Italia dalle immagini della televisione di Berlusconi come tanti pesciolini con briciole di pane e poi sono stati cacciati via. Cossiga invece di dire che è stata una pagina biblica avrebbe fatto meglio a spiegare agli albanesi: non venite qui perché non siamo liberi". Sono peccati veniali di fronte a un'opera documentaristica importante che ha il pregio di non cercare giustificazioni storiche o politiche ma di raccontare senza tragedie dei fatti e delle singole storie dei clandestini che avevano sognato la libertà in Italia dopo anni di dittatura in patria e la fine del Muro.

Vicari, grazie al materiale girato allora dalla Rai e da Tele Norba, ha la possibilità di documentare alla perfezione la storia, che è particolarmente istruttiva per capire quello che accadde da lì ai prossimi vent'anni come invasione extra-comunitaria nel nostro paese. Ancora oggi, però, le immagini della Vlora che si muove nel Mediterraneo e che arriva al porto di Bari sono qualcosa di incredibile e di biblico, come disse Cossiga, e rappresentano il primo grande terremoto dei popoli poveri verso quello che sembrava il paese del Bengodi.

Quello sì, e qui non lo si capisce, frutto della propaganda berlusconiana sulle reti Mediaset. L'idea di questa massa sterminata di maschi affamati e assetatati che vedono libertà, sesso e lavoro dall'altra parte del mare è difficile da dimenticare. Come lo è l'immagine della nave attraccata al porto, ancora più conturbante di quella della Costa Crociera capovolta al Giglio. Comunque ci par di capire dal documentario di Vicari, che vanta una grande musica di Teho Teardo e un notevole lavoro sul suono, che chi riuscì a sfuggire al respingimento poliziesco voluto da Cossiga riuscì davvero a realizzare il suo sogno di libertà. Magari la storia, quella vera, poteva essere scritta in un altro modo. In sala dall'8 novembre.

 

LA NAVE DOLCE DI VICARILA NAVE DOLCE DI VICARILA NAVE DOLCE DI VICARIDaniele Vicari GODARDCOSSIGA

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