CONTORSIONI DA LETTO-NI - COME IL PADRE DELLA RIVOLUZIONE SESSUALE RUSSA, PRIMO SOSTENITORE DEI DIRITTI LGBT NEL 1990, E’ DIVENTATO IL CAPO DELLA CROCIATA ANTI-GAY IN SINTONIA CON PUTIN
Nel 1990 uscì il primo numero di “MORE”, rivista lettone erotica che mise in prima pagina i diritti della comunità LGBT. L’idea era di liberarsi dell’Unione Sovietica e di superare l’articolo 124, che criminalizzava l’omosessualità, per intraprendere un cammino verso l’Europa.
“MORE” fece scalpore. Non si era mai vista prima una pubblicazione che parlasse così apertamente di sesso. A crearla fu il giornalista Vladimir Linderman, che fece subito molti soldi e attirò boss mafiosi che vollero unirsi all’impresa. Linderman vendette il giornale a metà degli anni Novanta ed entrò in politica. Trasferitosi a Mosca, divenne uno dei capi del movimento anti-Putin, per sei anni sfuggì alla polizia e alla fine fu rimandato in Lettonia.
L’ironia è che Linderman, 56 anni, lo scorso dicembre ha lanciato una raccolta di firme a sostegno del referendum anti-gay. Si è trasformato in moralista che combatte l’omosessualità, in un uomo del Cremlino. Nelle due ore e passa di intervista in un hotel della capitale lettone, racconta: «Disprezzo qualsiasi ideologia che mostri segni di totalitarismo. “MORE” era la risposta alla repressione sovietica e la legge anti-gay è la risposta al nuovo totalitarismo portato avanti dalle forze liberali dell’Occidente. Talvolta la mia biografia confonde anche me. Sono stato padre della rivoluzione sessuale e ora sono il padre della controrivoluzione sessuale. Il sistema comunista era sgradevole e non artistico. Credevo che il nuovo sistema capitalistico permettesse maggiore creatività, ma a vent’anni dall’indipendenza lettone, non vedo segni di miglioramento».
“MORE” era un misto di pornografia e di satira. Apriva dibattiti sul sesso come “Playboy” fece nell’America anni Cinquanta. Ma il suo significato era più profondo. Era il dito medio alzato contro le strutture sociali comuniste, era il vibratore agitato sulla faccia di Lenin. Infatti sul primo numero misero un fallo accanto a un estratto della biografia di Lenin.
In quegli anni ’90 Linderman finì a capo del Partito Nazional-Bolscevico, branca lettone, che aveva per simbolo la falce e il martello dentro un cerchio bianco su sfondo rosso, molto simile allo stemma nazista. Il leader dei “Nazbols” era Eduard Limonov, che considerava il movimento come un’estensione della sua vita letteraria, una specie di progetto artistico concettuale. Come Linderman, Limonov si fece un nome scioccando con il sesso le sensibilità sovietiche. Anzi, andò molto oltre, scrivendo il romanzo autobiografico “Io, Édichka”, pubblicato nel 1979, dove raccontava anche di aver scopato uno sconosciuto di colore nel suo appartamento a New York.
Linderman scriveva per la rivista di Limonov chiamata “Limonka”. Nel tempo i
“Nazbols” lettoni divennero sempre più militanti, passarono guai giudiziari e furono accusati di terrorismo. Nel 1999 arrivò Putin, il nuovo nemico, che per restaurare il vecchio ordine fece subito arrestare gli oppositori politici. In quegli anni i gay non erano il suo primo obiettivo. Lo divennero nel 2012, dopo le proteste che gli fecero temere di perdere il potere. Dichiarandosi difensore dei valori nazionali, li definì pederasti e pervertiti.
I “Nazbols” invece furono nel mirino di Putin sin dal primo giorno. Nel 2007 fu dichiarato gruppo fuorilegge, ma già nel 2001 Limonov fu mandato ai lavori forzati per aver tramato l’invasione del Kazakistan e nel 2003 Linderman fu arrestato, accusato di detenzione di esplosivi al fine di sovvertire il sistema politico.
Tornato in Lettonia si sta dedicando a bandire la “gay propaganda”: «Non sono stato mandato da Putin. Non sono io che vado incontro al Cremlino, è il Cremlino che viene incontro a me». Sostiene che la sua crociata LGBT sia il genuino tentativo di riunire russi e lettoni contro i valori stranieri.